Compravendita Immobiliare: l’identificazione del bene
Uno degli aspetti sicuramente più rilevanti nella compravendita immobiliare riguarda l’esatta identificazione dell’immobile oggetto di trasferimento, anche in relazione alle sue pertinenze e alle servitù attive e passive. L’esperienza ci insegna come siano numerosi i contenziosi che riguardano tali aspetti: contenziosi che i finiscono per coinvolgere non solo acquirenti e venditori, ma anche gli acquirenti ed eventuali terzi come, ad esempio, i vicini.
Ai fini dell’identificazione dell’immobile compravenduto, il criterio per eccellenza è costituito ancora dalla descrizione dello stesso e, in particolare, dall’indicazione dei suoi confini nel contratto: a tal fine, è necessario specificare con la massima precisione detti confini e comunque l’estensione dell’immobile.
In questo contesto, il dato catastale così come la superficie dell’immobile e la sua consistenza rimangono criteri suppletivi per identificare l’immobile. La giurisprudenza è in tal senso concorde nell’affermare che “in tema di compravendita immobiliare, ai fini dell’individuazione dell’immobile oggetto del contratto, i dati catastali non hanno valore determinante rispetto al contenuto descrittivo del titolo ed ai confini indicati nell’atto, ad eccezione solamente del caso in cui le parti agli stessi abbiano fatto esclusivo riferimento per individuare l’immobile e manchi un qualsiasi contrasto tra gli stessi ed i confini del bene” (Cass. Civile sez. II, 15.2. 2017, n.3996)
Il contratto deve indicare con precisione anche le pertinenze e le aree pertinenziali a servizio dell’immobile compravenduto, sia al fine di renderle conoscibili e opponibili, sia al fine di evitare equivoci collegate al particolare regime cui le stesse rimangono soggette .
Infatti, l’art. 818 c.c. prevede che le pertinenze seguano nel trasferimento l’immobile principale anche se non espressamente menzionate nel contratto. Tuttavia, per poter godere di tale particolare regime giuridico, deve essere accertata e dimostrata la natura pertinenziale di tali beni e dunque la sussistenza del citato rapporto pertinenziale.
La giurisprudenza ha in tal senso chiarito che “Per potersi ravvisare il vincolo pertinenziale tra due beni, tra loro distinti ed autonomi, è necessario che il proprietario della cosa principale abbia la piena disponibilità anche della cosa accessoria e che la destinazione pertinenziale risulti nella sua attualità ed effettività e possa essere fatta risalire ad un comportamento oggettivamente valutabile che destini l’una cosa al servizio o all’ornamento dell’altra, postulando peraltro il vincolo anche la esclusività della funzione accessoria dell’un bene rispetto all’altro.” (Cass. Civ. sez. II, 30.7.2004 n. 14559).
Anche in questo caso, il dato catastale non può considerarsi dirimente, posto che l’accertamento del rapporto pertinenziale presuppone una effettiva quanto oggettiva “destinazione di un bene a servizio dell’altro”.
Infine, per quanto riguarda la sussistenza di servitù attive o passive a favore dell’immobile compravenduto, esse devono essere espressamente indicate e descritte nel contratto di compravendita, sia per comprenderne con precisione il loro ambito e la loro ampiezza, sia per poterle opporre a soggetti terzi.
A tal fine, la formula contenuta negli atti di vendita per cui l’immobile viene “acquistato nello stato di fatto e di diritto, con servitù attive e passive” costituisce, stante la sua assoluta genericità, una mera formula di stile non sufficiente né ai fini dell’accertamento e della costituzione della servitù né ai fini della sua opponibilità.
Analogamente, devono essere indicate con precisione le parti comuni o in comunione di cui l’acquirente diviene proprietario nel momento in cui acquista l’immobile principale: oltre i beni condominiali – rispetto ai quali può essere sufficiente un rinvio al regolamento condominiale – è importante indicare eventuali diritti di comproprietà su beni “collegati” e a servizio dell’immobile acquistato. E ciò anche al fine di comprendere se, rispetto a beni accessori dell’immobile principale, l’acquirente abbia acquistato un diritto di comproprietà o una semplice servitù. Tipico caso può essere quello relativo alle stradine private di accesso all’appartamento acquistato, rispetto alle quali l’acquirente può divenire – in base a ciò che gli viene trasferito – titolare di un diritto di comproprietà o di una servitù: in base a ciò cambiano i suoi diritti e i suoi obblighi di partecipazione alle spese.
Sulla scorta di quanto esposto, emerge evidente come in sede di rogito, l’indicazione del bene oggetto di compravendita debba avvenire in modo preciso e puntuale, sia con riferimento alla sua identificazione, sia con riferimento alle sue pertinenze e alle sue servitù. Il tutto al fine di comprendere con precisione il bene o i beni di cui l’acquirente diventerà proprietario.
Tali principi valgono anche riguardo ai contratti preliminari di compravendita, al fine di evitare difformità rispetto al contratto definitivo nonché al fine di agevolare una sua esecuzione in forma specifica ai sensi dell’art. 2932 c.c. e ottenere un provvedimento giudiziario sostitutivo del titolo edilizio stesso.