Danno da vacanza rovinata: sufficiente provare l’inadempimento

Cassazione civile, sez. III, sentenza 11/05/2012 n° 7256

In tema di danno non patrimoniale “da vacanza rovinata”, inteso come disagio psicofisico conseguente alla mancata realizzazione in tutto o in parte della vacanza programmata, la raggiunta prova dell’inadempimento esaurisce in sé la prova anche del verificarsi del danno, atteso che gli stati psichici interiori dell’attore, per un verso, non possono formare oggetto di prova diretta e, per altro verso, sono desumibili dalla mancata realizzazione della “finalità turistica” (che qualifica il contratto) e dalla concreta regolamentazione contrattuale delle diverse attività e dei diversi servizi, in ragione della loro essenzialità alla realizzazione dello scopo vacanziero.

E’ questo il principio di diritto in tema di danno da vacanza rovinata, individuato dalla Corte di Cassazione con la sentenza 11 maggio 2012, n. 7256.

Di tale caso rilevano le questioni sollevate in sede di ricorso per cassazione e, in particolare: se nell’ipotesi di inadempimento o inesatta esecuzione del contratto rientrante nella disciplina che regola, in adempimento della direttiva n. 90/314/CEE, i “pacchetti turistici”, il danno non patrimoniale da vacanza rovinata ( inteso quale pregiudizio conseguente alla lesione dell’interesse del turista di godere pienamente del viaggio organizzato come occasione di piacere e di riposo, e quindi, escludendo dunque il caso di lesioni all’integrità psicofisica tutelate dall’art. 32 Cost.), sia risarcibile, ex art. 2059 cod. civ., secondo fonte normativa ordinaria espressa, ovvero secondo i principi costituzionali (con riferimento ai diritti inviolabili della persona ex art. 2, 4, 13, 29, 30 Cost. e al diritto alla salute ex art. 32 Cost.), o in ossequio ad una fonte comunitaria, in ragione della prevalenza del diritto comunitario su quello interno.

Gli Ermellini offrono una risposta positiva.

D’altra parte, in una visione di insieme che faccia riferimento anche al Codice del Turismo, non può dimenticarsi che si prevede espressamente all’art. 47 il danno da vacanza rovinata per il caso di inadempimento o inesatta esecuzione delle prestazioni che formano oggetto del pacchetto turistico. In particolare, si prevede che, qualora l’inadempimento “non sia di scarsa importanza ai sensi dell’art. 1455 del codice civile, il turista può chiedere, oltre e indipendentemente dalla risoluzione del contratto, un risarcimento del danno correlato al tempo di vacanza inutilmente trascorso ed all’irripetibilità dell’occasione perduta”.

Altra questione collegata è se, nel caso di inesatta esecuzione del contratto, la lesione dell’interesse alla vacanza contrattualmente pattuita debba o meno avere il carattere della gravità, nel senso che l’offesa di tale interesse, per essere risarcibile, debba superare una soglia minima di tollerabilità.

I giudici del Palazzaccio ritengono che limiti discendano dall’art. 2 della Costituzione. Infatti – si legge nella sentenza -, in riferimento ai diritti inviolabili della persona, la necessità della gravità della lesione dell’interesse, che per essere risarcibile deve superare una soglia minima di tollerabilità, trova fondamento nel dovere di solidarietà, di cui all’art. 2 Cost.

Per quanto riguarda il diritto alla vacanza contrattualmente pattuita, la necessità della gravità della lesione dell’interesse e il superamento di una soglia minima di tollerabilità, trova fondamento nella sempre più accentuata valorizzazione della regola di correttezza e buona fede oggettiva, cioè della reciproca lealtà di condotta, che accompagna il contratto in ogni sua fase; regola specificativa – nel contesto del rapporto obbligatorio tra soggetti determinati – degli inderogabili doveri di solidarietà, di cui all’art. 2 Cost., e la cui violazione può essere indice rivelatore dell’abuso del diritto.

In mancanza di delimitazioni normative, spetta al giudice del merito individuare il superamento o meno di tale soglia, avuto riguardo alla causa in concreto – costituita dalla “finalità turistica”, che qualifica il contratto “determinando l’essenzialità di tutte le attività e dei servizi strumentali alla realizzazione del preminente scopo vacanziero emergente dal complessivo assetto contrattuale, e considerando l’autonoma valutabilità dell’interesse allo svago e riposo rispetto al danno patrimoniale subito, atteso che il primo, a seconda del peso della prestazione contrattuale non adempiuta, può ben superare il secondo e non può appiattirsi su questo“.

Nella specie, il giudizio sul superamento della soglia minima di lesione è implicito nella sentenza di merito, in considerazione della irripetibilità della vicenda trattata riferendosi ad un viaggio di nozze.