La motivazione dei provvedimenti di riclassamento catastale alla luce degli ultimi pronunciamenti della Cassazione

In vista del convegno del 17 febbraio 2020 in materia di Catasto e Fisco, approfondiamo  la recentissima ordinanza del 6.2.2020 n. 2842 con la quale, la Corte di Cassazione è nuovamente intervenuta in materia di riclassamento catastale:  seguendo il solco fissato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 249 del 1° dicembre 2017, ribadisce l’importanza della motivazione ai fini della legittimità del provvedimento di riclassamento catastale.

In via generale, detta ordinanza ci ricorda che, ai sensi dell’art. 8, commi 2 e 3, del D.P.R. 23 marzo 1938 n. 138, la categoria catastale viene assegnata sulla base della normale destinazione funzionale dell’unità immobiliare, tenuto conto dei caratteri tipologici e costruttivi specifici e delle consuetudini locali, mentre la classe, rappresentativa del livello reddituale ordinario deducibile nell’ambito del mercato edilizia, dipende dalla qualità urbana ed ambientale della microzona in cui l’unità è ubicata, nonché dalle caratteristiche edilizie dell’unità medesima e del fabbricato che la comprende.

Il classamento di un immobile richiede dunque  all’amministrazione procedente un attento esame delle caratteristiche intrinseche ed estrinseche dell’immobile al fine di determinare il suo valore e dunque la sua rilevanza ai fini fiscali: tali norme impongono un’adeguata disamina dello stato e delle caratteristiche edilizie dell’immobile, anche considerando elementi come il tessuto urbano di inserimento, il piano di ubicazione ed i servizi strutturati in godimento (cfr. Cass. Sez. Trib. 6.6.2012, n. 9113).

In questo contesto, la motivazione del provvedimento risulta assolutamente imprescindibile  al fine di comprendere le ragioni e le valutazioni compiute dall’amministrazione, anche per consentire al contribuente di comprendere le ragioni alla base del tributo.

La citata ordinanza spiega, in termini generali, come  “L’atto di classamento va necessariamente motivato e l’obbligo motivazionale deve soddisfare il principio di cui all’art. 7 della Legge 27 luglio 2000 n. 212 (c.d. “Statuto del contribuente”), che a sua volta richiama l’art. 3 della Legge 7 agosto 1990 n. 241, secondo cui l’Amministrazione Finanziaria è tenuta ad indicare nei suoi atti << i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione>”.

Con riguardo alle procedure di riclassamento l’obbligo di motivazione è diverso a seconda che detta procedura operi su iniziativa del contribuente o operi d’ufficio.

Nel primo caso,  così come si legge nella citata ordinanza, “qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della c.d. procedura “DOCFA”, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita, quando gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall’Ufficio e l’eventuale differenza tra la rendita proposta e quella attribuita derivi da una diversa valutazione tecnica riguardante il valore economico dei beni, mentre, nel caso in cui vi sia una diversa valutazione degli elementi di fatto, la motivazione deve essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente e sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso (in tal senso: Cass., Sez. 6, 16 giugno 2016, n. 12497; Cass., Sez. 5, 23 maggio 2018, n. 12777; Cass., Sez. 6, 7 dicembre 2018, n. 31809).

Nel caso in cui, invece, il nuovo classamento sia frutto di un’iniziativa avviata d’ufficio da parte dell’amministrazione finanziare, la motivazione deve essere più approfondita e precisa: intervenendo su valutazioni che si presumono già verificate in termini di congruità, l’amministrazione è tenuta mettere in evidenza gli elementi di discontinuità che legittimano la variazione.

A pena di nullità, il provvedimento deve pertanto specificare se il nuovo classamento è dovuto a trasformazioni specifiche subite dall’unità immobiliare , oppure ad una risistemazione dei parametri relativi alla microzona in cui si colloca l’unità immobiliare.  L’amministrazione procedente dovrà pertanto rappresentare, nel primo caso, le trasformazioni edilizie intervenute, e nel secondo caso l’atto con cui si è provveduto alla revisione dei parametri relativi alla microzona, a seguito di significativi e concreti miglioramenti del contesto urbano.

L’ordinanza conclude mettendo in ordine e chiarendo che :

  1. se il nuovo classamento è stato adottato, ai sensi dell’art. 1, comma 335, della Legge 30 dicembre 2004 n. 311, nell’ambito di una revisione dei parametri catastali della microzona in cui l’immobile è situato, giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra valore di mercato e valore catastale in tale microzona rispetto all’analogo rapporto nell’insieme delle microzone comunali, l’atto deve indicare la specifica menzione dei suddetti rapporti e del relativo scostamento”;
  2.  se la variazione è stata effettuata ai sensi dell’art. 1, comma 335, della Legge 30 dicembre 2004 n. 311, in ragione di trasformazioni edilizie subite dall’unita immobiliare, l’atto deve recare l’analitica indicazione di tali trasformazioni;
  3.  nell’ipotesi di riclassificazione avvenuta ai sensi dell’art. 3, comma 58, della Legge 23 dicembre 1996 n. 662, l’atto deve precisare a quale presupposto – il non aggiornamento del classamento ovvero la palese incongruità rispetto a fabbricati similari – la modifica debba essere associata, specificamente individuando, nella seconda ipotesi, i fabbricati, il loro classamento e le caratteristiche analoghe che li renderebbero similari all’unità immobiliare oggetto di riclassamento

L’ordinanza ribadisce infine come la motivazione dell’atto di riclassamento non può essere integrata dall’amministrazione in sede di giudizio, atteso che ciò si tradurrebbe in una grave lesione del diritto di difesa del contribuente.

Emerge dunque evidente l’importanza che assume la motivazione sia ai fini della validità del provvedimento tributario, sia ai fini della verifica della sua legittimità nel merito: la motivazione è funzionale a comprendere le ragioni e l’iter logico alla base della decisione assunta da parte dell’amministrazione tributaria, consentendo di scoprire se vi sono stati errori nelle valutazioni compiute o se le regole di estimo fissate dalla normativa sono state applicata in modo corretto, aprendo così la porta per poter contestare nel merito il provvedimento

(Clicca qui per vedere l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 2842/2020)