Rigenerazione urbana a Roma: articolo 6 L.R. Lazio 7/2017 e Carta per la qualità.

Un recente parere della Regione Lazio affronta il tema dei rapporti tra articolo 6 L.R. Lazio 7/2017 (sulla rigenerazione urbana) e Carta per la qualità, in particolare avuto riguardo alla necessità, ex art. 16, co. 10, NTA PRG, di acquisire il parere favorevole della Sovrintendenza Capitolina.

In particolare, la norma di Piano in questione prevede che:

“Se gli elementi inseriti nella Carta per la qualità non sono tutelati per legge, l’approvazione dei relativi progetti o di quelli soggetti alle prescrizioni di cui al comma 5, è subordinata al parere favorevole della Sovrintendenza comunale, che si esprime entro 60 giorni dalla richiesta formulata dal responsabile del procedimento di abilitazione; nei casi di progetti da abilitarsi tramite DIA, il parere della Sovrintendenza comunale è acquisito dal soggetto attuatore preventivamente alla presentazione della DIA e ne correda gli elaborati”.

Il Dipartimento PAU di Roma Capitale, nel dettaglio, ha chiesto alla Regione se, ai fini dei cambi d’uso ammessi dal co. 2 dell’art. 6 della L.R. 7/2017, sia possibile prescindere (ai fini della formazione del silenzio assenso sulla domanda di PdC) dal parere della Sovrintendenza ex art. 16, co. 10, NTA PRG. La soluzione al quesito, peraltro, ha importanti ricadute, indirette, anche su un altro potenziale e più radicale dubbio: occorre o no il parere sovrintendentizio in questione per i cambi d’uso ex art. 6, co. 2, L.R. 7/2017?

La Regione, a partire dal rilievo che la disposizione in esame consente il cambio d’uso “indipendentemente dalle modalità di attuazione dirette o indirette e da altre prescrizioni previste” dal PRG individua come questione preliminare da dirimere la possibilità di qualificare il parere della Sovrintendenza come “modalità di attuazione” ovvero come “prescrizione“.

Condivisibilmente, il parere esclude che il parere integri una modalità di attuazione (riferendosi la norma, infatti, alla necessità, o meno, di uno strumento attuativo).

La Regione, quindi, passa a valutare se la previsione ex art. 16, co. 10, NTA possa essere considerata come una delle altre “prescrizioni previste” dal PRG.

Il parere, sul punto, rileva innanzi tutto che per “prescrizione” si dovrebbe intendere un “limite e/o contingente concreto alla realizzazione di un intervento, ossia una previsione che incide, in senso limitativo, sull’attuazione dell’intervento“.

Ebbene, secondo la Regione “la necessità di un parere endoprocedimentale (…) non può considerarsi alla stregua di una prescrizione in quanto tale“, potendo lo stesso essere considerato come “un requisito, un adempimento” e non già un “limite diretto e immediato alla realizzabilità di un certo intervento“.

Da ciò la conclusione cui perviene la Regione: il parere ex art. 16 NTA oltre a non costituire una modalità attuativa non rappresenta nemmeno una prescrizione ex art. 6 co. 2 L.R. 7/2017.

Sicché il parere stesso deve essere “comunque richiesto anche per gli interventi realizzati in forza della normativa sulla rigenerazione urbana” ex art. 6, co. 2, L.R. citata.

Tale conclusione della Regione non convince. 

Infatti, la circostanza che il parere della Sovrintendenza ex art. 16, co. 10, NTA sia da considerare come una vera e propria prescrizione sembra discendere dalla stessa norma di PRG laddove ivi si dispone che l’intervento è “subordinato al parere favorevole“.

Ora, in disparte gli effetti della mancata espressione del parere nel termine previsto dal PRG (secondo TAR Lazio n. 710/2018 al decorso dei 60 gg. consegue che lo stesso è da intendersi favorevolmente reso ex artt. 19 e ss. L. n. 241/90), il passaggio che appare non condivisibile rispetto all’atto di indirizzo regionale è il non considerare il meccanismo endoprocedimentale in questione come una “prescrizione” (con obbligo, quindi, di acquisire il parere in parola).

Ed infatti, considerato che per poter realizzare l’intervento occorre il parere favorevole della Sovrintendenza (espresso o silente, poco cambia nella sostanza), nel caso in cui questo sia negativo, si determina inevitabilmente una limitazione all’attuazione dell’intervento.

Inoltre, a monte, l’acquisizione del parere in questione è sicuramente “prescritta” dal PRG e. non a caso, infatti, sempre TAR Lazio n. 710/2018, nell’esaminare l’art. 16, co. 10, NTA PRG parla espressamente di “prescrizione“.

D’altra parte, posto che la giurisprudenza amministrativa riconosce alla Carta per la qualità la natura di vero e proprio vincolo urbanistico (TAR Lazio n. 2744/2014), appare a maggior ragione discutibile disconoscere che il “meccanismo procedimentale” collegato a detto vincolo non abbia carattere di “prescrizione”.

La conclusione della Regione, inoltre, appare non condivisibile anche in un’ottica di interpretazione complessiva dell’art. 6 co. 2 L.R. 7/2017, la cui ratio sembra essere quella di consentire, nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia e demoricostruzione, tutti i cambi d’uso ammessi “in astratto” dal PRG (oltre che i cambi d’uso urbanisticamente non rilevanti ex art. 23-ter D.P.R. 380/2001), a prescindere dalle regole in via ordinaria previste per i mutamenti d’uso stessi.

D’altra parte, allargando il campo al comma 1 dell’art. 6 L.R. 7/2017, dove si abilitano (sempre e, quindi, in deroga al PRG) le ristrutturazioni edilizie e le demoricostruzioni con ampliamento fino al 20%, risulterebbe singolare, invece, la necessità del parere ex art. 16, co. 10, NTA PRG (da intendersi derogato in base al comma 1) limitatamente al mero cambio d’uso (e magari relativamente ad un immobile oggetto di ristrutturazione edilizia “pesante” se non addirittura di demoricostruzione).