Tempi lunghi nel procedimento dell’AGCM. Quali garanzie?

La vicenda in esame trae origine dal provvedimento n .26686 dell AGCM, con cui l’Autorità garante della concorrenza e del Mercato ha ritenuto sussistere un’intesa restrittiva della concorrenza.

L’intesa è consistita in un’attività di coordinamento delle politiche commerciali finalizzata a limitare il confronto concorrenziale tra le parti sui prezzi del tondo in cemento armato e della rete elettrosaldata. Sostanzialmente, le strategie commerciali delle imprese erano volte ad assicurarsi ricavi migliorativi rispetto a quelli conseguibili in un contesto concorrenziale di vendita.

Pertanto, l’AGCM ha ordinato alle parti di astenersi in futuro dal porre in essere comportamenti aventi oggetto o effetti analoghi a quelli accertati dall’infrazione irrogando al contempo una sanzione pecuniaria.

Le società coinvolte hanno poi proposto ricorso innanzi al TAR Lazio avverso tale provvedimento, chiedendo l’annullamento previa sospensione degli effetti del provvedimento.

Il TAR accoglieva il ricorso e annullava il provvedimento impugnato per l’eccessivo ritardo nell’avvio dell’istruttoria da parte dell’Autorità nonché per la carenza della stessa poiché non consentiva di ricostruire la fattispecie con congruenza narrativa.

Avverso tale sentenza l’Autorità proponeva appello che il Consiglio di Stato rigettava tout court.

L’AGCM attribuiva la causa dell’estesa scansione temporale della fase preistruttoria al ritardo delle risposte pervenute da alcuni rivenditori di prodotti. Inoltre, sempre a dire dell’Autorità, il caso, di cartello a livello comunitario, che aveva interessato molte imprese italiane – parti del procedimento in esame- comportava la necessità di cautela.

Il Collegio rigetta l’appello considerando gli elementi invocati dall’Autorità generici e privi di concreta rilevanza rispetto alle censure accolte dal TAR.

Un periodo di oltre quattro anni di attività c.d. preistruttoria è in sé eccessivo. Irrilevante ed immotivata è la necessità di cautela rispetto all’iter europeo concernete un periodo risalente nel tempo (1989-2000) e quindi ben difficilmente collegabile alla fattispecie in gioco.

In particolare, il Consiglio di Stato ha ritenuto che il compimento di un’attività preistruttoria che si dilunghi oltre un lasso di tempo ingiustificatamente prolungato, viola i principi generali di cui alla legge 241/1990 sulla certezza ed efficienza dell’agire amministrativo, nell’interesse sia della Pubblica Amministrazione che del privato sottoposto al procedimento.

L’evidente superamento dei termini consentiti ai fini della contestazione è stato dirimente per il rigetto dell’appello, oltre alla carenza dell’istruttoria e della motivazione nella parte in cui sono state respinte le prospettazioni alternative fornite dalle società.

(Cons. St., Sez. VI, 21/1/2020, n. 512)