Turismo in lockdown: il caso dei rimborsi per le disdette

Il prolungarsi delle misure di lockdown adottate dal Governo italiano per fronteggiare l’emergenza da Covid-19 pone in maniera ancora più rilevante il tema dei rimborsi delle prenotazioni relative al periodo di emergenza.

Per effetto del decreto del Dpcm del 1° aprile 2020, le restrizioni introdotte a causa della pandemia sono state infatti prolungate oltre il periodo pasquale e pertanto sono tantissime le strutture ricettive che saranno costrette a far fronte alle prenotazioni già programmate per le festività.

Sul tema, in seguito alle disposizioni di cui all’art. 28 D.l. n. 9 del 2 marzo 2020 e all’art. 88 D.l. n. 18 del 17 marzo 2020, si è sviluppato un ampio dibattito tra le associazioni di categoria e quelle dei consumatori in merito alle modalità di rimborso dei soggiorni prenotati e impossibili da eseguire. Per fare chiarezza è necessario, però, analizzare il codice civile e le norme di settore e capire la portata innovativa delle misure emergenziali.

Nell’ambito del settore turistico, trovano infatti applicazione numerose disposizioni speciali tra le quali richiamiamo la normativa speciale prevista dal D.lgs. n. 79 del 23 maggio 2011 (c.d. Codice del Turismo) nonché quella stabilita dal D.lgs n. 206 del 6 settembre 2005 (Codice del Consumo), oltre che la disciplina generale prevista dal Codice Civile.

Come già analizzato in altre occasioni, la pandemia è una tipica causa di forza maggiore che rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 1256 c.c. e dell’art. 1463 c.c.. Infatti se la prima disposizione prevede che “l’obbligazione si estingue quando, per causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile”, la seconda stabilisce che in caso di impossibilità sopravvenuta la parte che non può eseguire la prestazione deve restituire la prestazione già ricevuta.

Con specifico riferimento ai pacchetti turistici, ossia quei prodotti che consistono in una combinazione di almeno due tipi diversi di servizi turistici ai fini dello stesso viaggio, l’art. 41 del Codice del Turismo prevede che in caso di situazioni straordinarie e imprevedibili il viaggiatore ha diritto di recedere dal contratto senza corrispondere le spese di recesso. In tal caso il venditore del pacchetto può offrire un voucher in alternativa al rimborso, ma il viaggiatore può chiedere in alternativa il rimborso integrale dei pagamenti effettuati. Per i contratti di soggiorno, invece, trova applicazione la disciplina ordinaria prevista dal Codice del Consumo, e, per i casi di forza maggiore, delle citate norme previste dal codice civile.

Nell’ambito di tale quadro normativo la decretazione di urgenza emessa al fine di limitare la diffusione della epidemia da Covid-19 ha introdotto una disciplina speciale per la risoluzione dei contratti di soggiorno, e per il rimborso dei titoli di viaggio e dei pacchetti turistici.

In particolare ai sensi del combinato disposto di cui all’art. 28 del D.l. n. 9 del 2 marzo 2020 e all’art. 88 D.l. n. 18 del 17 marzo 2020 per i titoli di viaggio, per i pacchetti turistici, nonché per i contratti di soggiorno, dei quali si è verificata impossibilità sopravvenuta della prestazione a causa dei provvedimenti previsti nella decretazione di urgenza, l’operatore “ […] procede al rimborso del corrispettivo versato ovvero all’emissione di un voucher di pari importo da utilizzare entro un anno dall’emissione”.

Tale disposizione ha carattere speciale ed innovativo rispetto alla disciplina generale richiamata che, come visto, avrebbe in gran parte obbligato gli operatori economici a restituire ai viaggiatori gli importi già percepiti. Diversamente, il precetto normativo introduce la possibilità di effettuare il rimborso in questione mediante l’emissione di un voucher da utilizzare entro l’anno.

Al riguardo, sebbene l’infelice formulazione della disposizione normativa abbia sollevato qualche dubbio circa il suo coordinamento con le diverse discipline di settore, alla luce del tenore letterale del precetto, nonché del principio di successione delle leggi e del principio di specialità, sembra pacificamente attribuire all’erogatore del servizio la facoltà di scelta delle modalità di rimborso.