Militari: è possibile richiedere il ricongiungimento familiare per convivenza di fatto
Il ricongiungimento familiare ai sensi dell’art. 398 del Regolamento Generale dell’Arma dei Carabinieri trova applicazione anche ai rapporti di convivenza. Così si è pronunciato il Tar di Reggio Calabria con sentenza del 10 maggio 2019 n. 321 che ha disposto l’annullamento del provvedimento dell’Arma che aveva negato la richiesta di trasferimento “poiché non sussiste rapporto di coniugo”.
Nel caso in questione, un carabiniere aveva presentato domanda di trasferimento ex art. 398 del regolamento citato per ricongiungersi con la propria compagna, con la quale aveva convissuto per molti anni senza contrarre matrimonio, anche in ragione di alcune patologie di cui soffre la signora.
A seguito del diniego dell’Arma, il carabiniere aveva adito il Tar – Calabria per richiederne l’annullamento contestando la legittimità della declaratoria di inammissibilità della domanda di trasferimento in discorso e sottolineando come qualsiasi forma di discriminazione giuridica della convivenza rispetto al matrimonio civile si porrebbe in grave violazione dell’articolo 2 della Costituzione.
Contrariamente, costituitasi l’Amministrazione intimata, questa aveva argomentato che la convivenza di fatto non legittimerebbe, diversamente dal rapporto di coniugio, o dall’unione civile, la proposizione della domanda di ricongiungimento.
Il Tar Calabria ha ritenuto infondate le argomentazioni dell’Amministrazione.
Nel motivare la sentenza in commento, il Tar si è prima soffermato sull’evoluzione del concetto di famiglia nell’ordinamento giuridico e sulla tutela della famiglia di fatto.
Osserva il Collegio che, sebbene la Corte Costituzionale abbia ripetutamente chiarito che nessuna norma costituzionale o principio fondamentale possa cancellare le ontologiche differenze tra la famiglia di fatto e quella fondata sul matrimonio, legate ad una scelta delle stesse parti interessate, la stessa Consulta ha evidenziato la necessità di tutelare i diritti individuali dell’uomo in tutte le formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, specificando che “per formazione sociale deve intendersi ogni forma di comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione (Corte Costituzionale, 15 aprile 2010, n. 138). Tale orientamento, anche alla luce della Carta di Nizza e della CEDU che affermano il principio di libertà individuale nella scelta del modello familiare, ha posto le basi per il riconoscimento della rilevanza giuridica della famiglia di fatto come evoluzione del concetto di famiglia comprensivo anche delle unioni di fatto tra individui (anche dello stesso sesso) e della progressiva e conseguente valorizzazione della convivenza stabile quale fonte di effetti giuridici rilevanti.
A livello normativo l’evoluzione descritta è culminata nella legge 20 maggio 2016 n. 76 che ha introdotto la disciplina delle unioni civili e della convivenza di fatto con il risultato di equiparare il convivente more uxorio al coniuge sotto molteplici profili.
Chiarito tale aspetto, il Tar ha esaminato l’istituto del ricongiungimento familiare e della tutela dell’unità della famiglia.
Sul punto, la sentenza in commento richiama la sentenza della Corte Cosituzionale n. 183 del 30 maggio 2008 la quale ha statuito che “il ricongiungimento è un istituto diretto a rendere effettivo il diritto all’unità della famiglia, che, come questa Corte ha riconosciuto, si esprime nella garanzia della convivenza del nucleo familiare e costituisce espressione di un diritto fondamentale della persona umana (sentenze n. 113 del 1998 e n. 28 del 1995). Tale valore costituzionale può giustificare una parziale compressione delle esigenze di alcune amministrazioni (nella specie, quelle di volta in volta tenute a concedere il comando o distacco di propri dipendenti per consentirne il ricongiungimento con il coniuge), purché nell’ambito di un ragionevole bilanciamento dei diversi valori contrapposti, operato dal legislatore.”
Alla luce delle suddette considerazioni, il Tar ha dunque ritenuto che, nonostante la citata L. 76/2016 non faccia espressamente riferimento all’istituto del ricongiungimento familiare, solo una interpretazione estensiva che consenta l’applicazione dello stesso anche ai conviventi di fatto sia conforme ai principi costituzionali.
E’ utile richiamare ancora una volta la recente pronuncia della Corte Costituzionale che con sentenza n. 213 del 23.09.2016 ha ribadito che la distinta considerazione costituzionale della convivenza e del rapporto coniugale, non esclude la comparabilità delle discipline riguardanti aspetti particolari dell’una e dell’altro che possano presentare analogie, ai fini del controllo di ragionevolezza a norma dell’art. 3 della Costituzione.
Osserva il Tar, che, con riferimento all’applicabilità dell’istituto del ricongiungimento familiare alle convivenze di fatto, “l’elemento unificante tra le due situazioni – quella della famiglia fondata sul matrimonio ovvero sulla convivenza di fatto – è dato proprio dall’esigenza di tutelare il diritto all’unità familiare, nella sua accezione più ampia, collocabile, come si disse, tra i diritti inviolabili dell’uomo ai sensi dell’art. 2 della Costituzione. Di talché, l’esclusione della convivenza more uxorio – stabile ed accertata a mente della ripetuta legge 20 maggio 2016, n. 76 – dal novero delle situazioni che legittimano il ricongiungimento familiare, appare irragionevole”.