L'”autocertificazione” ai tempi del Coronavirus. Le novità del D.L. 19/2020
Nel periodo di emergenza sanitaria che stiamo vivendo, uno dei termini che ricorre più di frequente è senz’altro quello di “autocertificazione”.
Per definizione, quest’ultima consiste in una dichiarazione sottoscritta dal cittadino, che può essere prodotta in sostituzione delle normali certificazioni ordinariamente di competenza della pubblica amministrazione, per attestare fatti, stati o qualità che la P.A. deve già conoscere e può agevolmente verificare.
L’autocertificazione è disciplinata dagli artt. 46 e 47 del d.P.R. n. 445/2000, e rientra nel novero dei documenti di tipo amministrativo.
Proprio per la natura pubblica che questo documento riveste, vi possono essere conseguenze che si riverberano sul piano del diritto penale; difatti, in via generale, allorquando colui che produce le suddette dichiarazioni sostitutive dichiari il falso, sarà considerato responsabile penalmente.
Fatta questa dovuta premessa, veniamo ai giorni nostri.
Sappiamo che quando usciamo di casa e presumibilmente, fino a quando sarà disposta dal Governo la cessazione dell’emergenza, abbiamo il dovere di attestare sotto la nostra responsabilità, sul modello appositamente predisposto dal Ministero dell’Interno :
a) le nostre generalità, consapevoli che in caso di dichiarazioni mendaci a pubblico ufficiale, incorriamo nella fattispecie criminosa di cui all’art. 495 c.p. (Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri);
b) di essere a conoscenza delle misure di contenimento del contagio e delle limitazioni riguardanti lo spostamento delle persone fisiche all’interno del territorio nazionale, di non essere sottoposto alla misura della quarantena e di non essere risultato positivo al Covid-19, di essere a conoscenza delle sanzioni penali in caso di inottemperanza delle predette misure di contenimento.
c) che lo spostamento è determinato da :
– comprovate esigenze lavorative;
– situazioni di necessità, come recarsi a fare la spesa o in farmacia;
– motivi di salute.
Analizziamo più dettagliatamente le conseguenze penali scaturenti dalle mancate o false dichiarazioni sottoscritte in sede di autocertificazione.
Sul punto a), l’applicazione dell’art. 495 del codice penale è chiara e calzante; il primo comma recita: ” Chiunque dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale l’identità, lo stato o altre qualità della propria o dell’atrui persona, è punito con la reclusione da uno a sei anni“.
Sul punto b), in una prima fase (sino al 25.3.2020), si è previsto che, ai sensi dell’art. 3, comma 4 del D.L. n. 6/2020, e dell’art. 4, comma 2 del DCPM 8.3.2020, il mancato rispetto delle prescrizioni in tema di quarantena, di circolazione in caso di positività a Covid-19, e di spostamenti ingiustificati o comunque non rientranti nei motivi elencati al punto c), vieine punito a norma della contravvenzione disciplinata all’art. 650 c.p., la cui applicazione comporta l’arresto fino a tre mesi o l’ammenda fino a 206 euro, salvo il fatto non costituisca più grave reato.
In altre parole, salvo che vengano ravvisati reati più gravi, come il delitto di epidemia (438 c.p.) e i delitti colposi contro la salute pubblica (452 c.p.), i quali puniscono rispettivamente a titolo di dolo e colpa chi attenta alla salute pubblica, cagionando un’epidemia, come il delitto di morte o lesioni come conseguenze di altro delitto (586 c.p.) e di lesioni colpose (590 c.p.), il soggetto contravventore diventa imputato in un processo penale, al quale, nei casi in cui si rendeva protagonista delle suddette violazioni con il proprio veicolo, veniva notificato il relativo fermo amministrativo.
Con il Decreto Legge n. 19 del 25.3.2020 entrato in vigore il giorno successivo, data la mole di denunce occorse e pervenute alle Procure competenti territorialmente, e alla luce del dibattito in corso circa la concreta applicazione della contravvenzione, il Governo ha varato una vera e propria depenalizzazione, trasformando la sanzione penale del 650 c.p., in sanzione amministrativa.
Secondo il disposto di cui all’art. 4, comma 1, del suddetto D.L., “Salvo che il fatto costituisca reato, il mancato rispetto delle misure di contenimento di cui all’articolo 1, comma 2, individuate e applicate con i provvedimenti adottati ai sensi dell’articolo 2, comma 1, ovvero dell’articolo 3, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 400 a euro 3.000 e non si applicano le sanzioni contravvenzionali previste dall’articolo 650 del codice penale o da ogni altra disposizione di legge attributiva di poteri per ragioni di sanità, di cui all’articolo 3, comma 3“.
In altri termini, il D.L. 19/2020:
- ha comportato la depenalizzazione delle sanzioni penali di cui all’art. 650 c.p. in sanzioni amministrative;
- ha fatto salva la clausola in caso di sussistenza di fattispecie criminose più gravi, così come elencate sopra;
- in luogo del fermo amministratio, ha optato per un aumento della sanzione amministrativa di un terzo rispetto a quella già comminata;
- ha previsto un trattamento sanzionatorio diverso per chi si allontana dalla propria abitazione o dimora per le persone sottoposte alla misura della quarantena perché risultate positive al virus.
In particolare, quest’ultimo divieto, previsto dal decreto legge in esame all’art. 1,comma 2, lett. e), nell’ambito delle misure adottabili dalle singole Regioni, nell’ottica di rafforzare le misure di contenimento del contagio in base ad una discrezionale valutazione di una più aggravata emergenza sanitaria, continua a essere punito sul piano del diritto penale, con una contravvenzione, già prevista dall’articolo 260 del regio n. 1265/1934, Testo unico delle leggi sanitarie, salvo che il fatto non costituisca più grave reato.
Difatti, ai sensi dell’art. 4, commi 6 e 7, del D.L. n. 19/2020 chi non ottempera a tale divieto viene punito “con l’arresto da 3 mesi a 18 mesi e con l’ammenda da euro 500 ad euro 5.000“.
Ma non è tutto. Il Governo fa un ulteriore passaggio, disponendo che la depenalizzazione in questione, vale anche per le violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto, ma in tali casi le sanzioni amministrative sono applicate nella misura minima ridotta alla metà. Si tratta di una retroattività giunta ad alleviare il peso procurato dalle numerose denunce che stavano investendo in questi giorni le Procure, le quali provvederanno, sin da subito, ad emettere altrettanti provvedimenti di archiviazione, perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato.
Così operando, il Governo si prefigge l’obiettivo di contenere il contagio con una serie di prescrizioni, la cui violazione fa insorgere in capo al cittadino una serie di sanzioni, sia amministrative che penali; e all’occorrenza, come occorso con la trasformazione delle sanzioni penali in quelle amministrative, tenta un più efficace bilanciamento tra il diritto alla salute pubblica, sicuramente prevalente in questa fase storica, e la libertà personale di ogni singolo soggetto, oltremodo ristretta.