Il danno all’immagine per false attestazioni sulla presenza in servizio è incostituzionale
Il danno all’immagine è una categoria particolare di danno erariale che consiste nel pregiudizio subìto dall’amministrazione che, a causa della condotta illecita del proprio dipendente, perde credibilità e fiducia da parte dei cittadini amministrati.
Il danno all’immagine è frutto di un’elaborazione giurisprudenziale della Corte dei Conti ed è stato disciplinato dalla legge per la prima volta nel 2009 (art. 17, co. 30-ter, d.l. n. 78/2009). Lo stratificarsi delle norme sul danno all’immagine derivante da una sentenza passata in giudicato per un reato a danno della pubblica amministrazione ha creato un sistema di rinvii di non facile interpretazione, di cui abbiamo già parlato in altre occasioni.
In aggiunta a tale ipotesi di danno all’immagine, di recente è stata tipizzata anche quella del dipendente che presenti false attestazioni circa la sua presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente. In particolare, si prevedeva che, in tali casi, dopo l’avvio del procedimento disciplinare, venisse effettuata una segnalazione alla competente procura regionale della Corte dei Conti che, al ricorrere dei presupposti, emetteva un invito a dedurre per danno d’immagine entro tre mesi dalla conclusione della procedura di licenziamento.
L’ammontare del danno risarcibile era rimesso alla valutazione equitativa del giudice, anche in relazione alla rilevanza del fatto per i mezzi di informazione, ma prevedendo che comunque l’eventuale condanna non potesse essere inferiore a sei mensilità dell’ultimo stipendio in godimento (art. 55-quater, co. 3-quater, d.lgs. n. 165/2001, introdotto dal d.lgs. n. 116/2016).
Su tale previsione è intervenuta la Corte costituzionale, dichiarandone costituzionalmente illegittimi per eccesso di delega il secondo, terzo e quarto periodo. Infatti, a differenza di quanto avvenuto con la precedente legge n. 15/2009, in cui il legislatore aveva espressamente delegato il Governo a prevedere l’obbligo per il dipendente responsabile del risarcimento tanto del danno patrimoniale quanto del danno all’immagine subìti dall’amministrazione, la legge di delegazione n. 124/2015, in attuazione della quale si è inserita la previsione in questione, prevede unicamente l’introduzione di norme in materia di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti, finalizzate ad accelerare e rendere concreto e certo nei tempi di espletamento e di conclusione l’esercizio dell’azione disciplinare.
La Corte costituzionale ha esaminato anche i lavori parlamentari, rilevando che la questione della responsabilità amministrativa non risulta essere mai stata oggetto di trattazione, a conferma della circostanza che la materia delegata consiste unicamente in quella attinente al procedimento disciplinare, senza che possa ritenersi in essa contenuta l’introduzione di nuove fattispecie sostanziali in materia di responsabilità amministrativa.
Pertanto, sebbene il giudice rimettente si fosse limitato a sollevare la questione con riferimento alla parte della norma che riguarda le modalità di stima e quantificazione del danno all’immagine, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità anche del secondo e del terzo periodo del comma in questione, in quanto funzionalmente inscindibili e costituenti, nel loro complesso, un’autonoma fattispecie di responsabilità amministrativa non consentita dalla legge di delega.