Congiunti & co.: una definizione tanto discussa
Con il DCPM del 26 Aprile 2020, il Governo nell’ottica di contrastare il diffondersi del virus Covid-19, ha ampliato il novero delle situazioni di necessità, che giustificano gli spostamenti di ogni singolo soggetto.
Difatti, all’art. 1, comma 1, lett. a) del decreto, dal 4 Maggio 2020 “sono consentiti solo gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute e si considerano necessari gli spostamenti per incontrare congiunti purché venga rispettato il divieto di assembramento e il distanziamento interpersonale di almeno un metro e vengano utilizzate protezioni delle vie respiratorie”.
Rispetto a quanto previsto dai precedenti decreti, e per la prima volta dopo circa due mesi dall’inizio dell’emergenza sanitaria, si ritiene necessario muoversi dalla propria residenza o domicilio, per andare a trovare un congiunto, pur con le dovute precauzioni riguardo l’utilizzo della mascherina e il distanziamento sociale di almeno un metro. Il che lascia presumere come il Governo cominci pian piano ad allentare le misure che hanno ristretto fortemente le libertà dell’individuo a favore della tutela preminente della salute pubblica, valorizzando quelli che sono i bisogni di tipo personale e sociale, tra cui, quello di incontrare un proprio caro.
Tuttavia, forse per una mera svista, forse per una leggerezza di tipo concettuale, di cui lo Stato non può rendersi artefice seppur inconsapevolmente, sono sorti forti dubbi sulla nozione di “congiunto”.
Chi è il congiunto per la legge italiana?
Soltanto il codice penale riesce ad offrirci una definizione, sebbene ampia; in particolare, all’art. 307 codice penale, s’intendono congiunti “gli ascendenti, i discendenti, il coniuge, la parte di un’unione civile tra persone dello stesso sesso, i fratelli, le sorelle, gli affini nello stesso grado, gli zii e i nipoti”.
Da un’analisi attenta di quanto in elenco, sembra che il congiunto faccia parte esclusivamente della famiglia, intesa come nucleo sociale costituito da una serie di soggetti legati tra di loro da rapporti di parentela e affinità.
E proprio alla luce di tale interpretazione limitativa, la critica mossa al Legislatore nell’immediatezza dell’annuncio del decreto, muove dall’assunto, secondo il quale non si è tenuto conto dell’esistenza di aggregazioni sociali come le convivenze di fatto, ossia quelle convivenze non riconosciute giuridicamente, o semplicemente dei fidanzati.
A distanza di qualche ora dall’annuncio del decreto, al fine di porre fine alle polemiche, nella giornata del 27 Aprile 2020 Palazzo Chigi è dovuto intervenire per chiarire l’esatta interpretazione da dare al termine “congiunto”, in attesa della relativa pubblicazione nelle Faq sul sito del Governo; perciò, per congiunti si intendono “parenti e affini, coniuge, conviventi, fidanzati stabili, affetti stabili“.
Una precisazione sicuramente apprezzabile e tempestiva quella offerta, ma che genera nuovi dubbi interpretativi sul concetto di “stabilità”, in particolare tra i fidanzati, e negli affetti, con conseguenti problemi di verifica da parte delle forze di Polizia, al momento del controllo di quanto dichiarato sull’autocertificazione.
Quando due fidanzati sono stabili? Gli affetti stabili possono essere considerati anche quelli tra amici?
Nella giornata di sabato 2 Maggio, è stato pubblicato il tanto atteso chiarimento nelle Faq sul sito del Governo, ma i dubbi permangono.
Si legge che “deve ritenersi che i “congiunti” cui fa riferimento il DPCM ricomprendano: i coniugi, i partner conviventi, i partner delle unioni civili, le persone che sono legate da uno stabile legame affettivo, nonché i parenti fino al sesto grado (come, per esempio, i figli dei cugini tra loro) e gli affini fino al quarto grado (come, per esempio, i cugini del coniuge)”.
In pratica, ad eccezione delle specificazioni riguardanti i parenti e gli affini, chi volesse comprendere quando un legame affettivo sia stabile, lo dovrà ricavare dalla giurisprudenza in tema di responsabilità civile. Quindi, basterà un click su Google per ottenere una rassegna di sentenze, che il cittadino medio dovrà studiare, assumendo le vesti del giurista!
Soltanto con una circolare del Ministero dell’Interno, emanata nello stesso giorno, ci viene offerta una interpretazione più precisa di “congiunti”, secondo la quale “deve ritenersi che la definizione ricomprenda i coniugi, i rapporti di parentela, affinità e di unione civile, nonché le relazioni connotate da <<duratura e significativa comunanza di vita e di affetti>>”. In particolare, tale espressione è di origine giurisprudenziale e rinvia espressamente alla sentenza della Corte di Cassazione, sez. IV, n. 46351/2014.
Siamo nell’ambito della richiesta di risarcimento del danno morale, a causa del fatto illecito altrui, da parte di una donna, che perde il suo fidanzato in un sinistro stradale; quest’ultima sarà legittimata ad agire iure proprio contro il responsabile.
Più in dettaglio, nel corpo della motivazione, si legge che non è necessaria la convivenza tra i due fidanzati per far sorgere il diritto al risarcimento, in quanto “la convivenza non deve intendersi necessariamente come coabitazione, quanto piuttosto come “stabile legame tra due persone”, connotato da duratura e significativa comunanza di vita e di affetti”.
Sul piano probatorio, il soggetto legittimato dovrà dimostrare che la stabilità del rapporto è data dalla non occasionalità e dalla continuità nel tempo dello stesso, a prescindere dall’esistenza di rapporti di parentela o affinità giuridicamente rilevanti come tali, e nell’ottica del riconoscimento, a livello Costituzionale, all’art. 2, della sfera relazionale della persona.
I dubbi persistono anche per ciò che concerne la verifica dell’operatore di polizia, il quale si limiterà a raccogliere l’autocertificazione compilata dal cittadino, che dovrà indicare tra le situazioni di necessità la visita al congiunto; a tal proposito, non è obbligatoria l’indicazione del nominativo del soggetto a cui si fa visita, né dell’eventuale residenza o domicilio, a tutela della sua privacy.
Esaurita la discussione circa il ricongiungimento legittimo tra i fidanzati nella Fase 2, rimane scoperta la questione degli amici.
L’intento del Governo, con la circolare del Ministero dell’Interno, sembra escluderli dal novero dei congiunti, ma se seguissimo l’iter logico-giuridico percorso dagli ermellini per i fidanzati, ci accorgeremmo che il rapporto di amicizia è allo stesso modo saldato nella costanza e nel tempo, e alla luce del dettato costituzionale, funzionale allo sviluppo della personalità di ognuno di noi, e nella sfera pubblica e in quella privata.
E quindi, perché non ricomprendere espressamente anche gli amici tra i congiunti?
Il Legislatore, probabilmente, ha soltanto nemici.