Qualificazione e non frazionabilità dell’intervento edilizio e computo degli oneri concessori

Una recente decisione del TAR Lombardia – Brescia porta all’attenzione alcuni importanti principi in punto di qualificazione (e non frazionabilità) dell’intervento edilizio ai fini del computo degli oneri concessori dovuti.

1. La fattispecie .

Un privato contesta, dinanzi al TAR, scelta del Comune di quantificare gli oneri concessori (ex artt. 16 e 17 DPR 380/01) avendo riguardo all’intervento nel suo complesso, anziché, come denunciato nel ricorso, “scorporando” quanto realizzabile a titolo gratuito da quanto, invece, soggetto a titolo oneroso.

Nello specifico caso, le opere assentite concernevano da un lato interventi qualificabili, se isolatamente considerati, come manutenzione straordinaria e, dall’altro, opere qualificabili come di ristrutturazione edilizia (tali, infatti, da determinare anche un aumento della superficie dell’edificio).

Il Comune, rigettando la tesi della “frazionabilità” degli interventi (da un lato, manutenzione straordinaria, come tale non onerosa e, dall’altro, ristrutturazione edilizia, onerosa), ha computato gli oneri considerando tutte le opere poste in essere nel loro insieme.

2.  La decisione del TAR.

Il Giudice amministrativo, rilevato che “in sostanza, l’intervento è consistito in “un insieme sistematico di opere” che ha portato “ad un organismo edilizio diverso dal precedente”, determinando un risultato assai lontano dalla funzione meramente conservativa propria della manutenzione straordinaria, e rientrante pienamente, per converso, nella definizione di ristrutturazione edilizia di cui all’art. 3 del T.U.E.”, ha rigettato il ricorso.

Infatti, a fronte della pretesa di “frazionare l’intervento” distinguendo la parte di opere qualificabile come manutenzione straordinaria da quella ricadente in ristrutturazione edilizia, il TAR afferma  che tale impostazione  “è contraria a consolidati principi giurisprudenziali, secondo cui “Al fine di valutare l’incidenza sull’assetto del territorio di un intervento edilizio consistente in una pluralità di opere, va compiuto un apprezzamento globale delle opere medesime, atteso che la considerazione “atomistica” dei singoli interventi non consente di comprenderne in modo adeguato l’impatto effettivo; pertanto, i molteplici interventi eseguiti non vanno considerati in maniera “frazionata” e, al contrario, debbono essere vagliati in un quadro di insieme e non segmentato, solo così potendosi comprendere il nesso funzionale che li lega e, in definitiva, l’effettiva portata dell’operazione”.

3.   Alcune brevi osservazioni sulla sentenza.

La pronuncia, fondata sul noto principio di “non frazionabilità” degli interventi edilizi (formatasi perlopiù in tema di qualificazione degli interventi, sia ai fini del rilascio dei titoli abilitativi sia ai fini del regime sanzionatorio applicabile), è di particolare interesse in quanto calata sulla particolare questione del computo dei c.d. oneri concessori ex artt. 16 e 17 DPR 380/2001.

Una simile decisione – a nostro avviso sostanzialmente condivisibile (giacché, a ben vedere, ogni intervento di ristrutturazione edilizia è quasi sempre “frazionabile” in più interventi di manutenzione straordinaria), in ragione dei principi sino ad oggi affermati dalla giurisprudenza amministrativa – pone, all’atto pratico, seri interrogativi laddove, invece, gli interventi vengano posti in essere, magari autonomamente l’uno dall’altro (e, quindi, previa presentazione di più pratiche edilizia “in serie”), ma in ragione di un disegno unitario facilmente intuibile ex post.

In tali ipotesi – che ovviamente sono da valutarsi caso per caso e senza presunzioni di alcun tipo, né in un senso né nell’altro – non può infatti escludersi, a priori, che la P.A. possa contestare una condotta sostanzialmente elusiva degli artt. 16 e 17 D.P.R. 380/01.

D’altra parte, può comunque osservarsi, come rilievo generale, che il costante ampliamento della categoria della manutenzione straordinaria (che, come noto, per effetto del Decreto semplificazioni, ricomprende oggi anche cambi d’uso urbanisticamente rilevanti, purché senza aggravio del carico urbanistico, e modifiche prospettiche, ove necessarie ai fini dell’agibilità/accessibilità) sia tale, in molti casi, da rendere meno gravosa la questione.

Così, come, d’altronde, occorre tenere a mente l’ultimo comma dell’art. 17 del D.P.R. 380/01 (anch’esso novellato dal Decreto semplificazioni) a mente del quale

“Al fine di agevolare gli interventi di rigenerazione urbana, di decarbonizzazione, efficientamento energetico, messa in sicurezza sismica e contenimento del consumo di suolo, di ristrutturazione, nonché di recupero e riuso degli immobili dismessi o in via di dismissione, il contributo di costruzione è ridotto in misura non inferiore del 20 per cento rispetto a quello previsto dalle tabelle parametriche regionali. I comuni hanno la facoltà di deliberare ulteriori riduzioni del contributo di costruzione, fino alla completa esenzione dallo stesso.”