Pensioni militari e statali, sì all’arrotondamento e al ricalcolo con il sistema retributivo
Una recente sentenza della Corte dei Conti del Veneto si è pronunciata in materia di pensioni sull’annoso problema degli arrotondamenti delle frazioni di anno, o di mesi, riconoscendo ad un ex dipendente statale, mediante arrotondamento, l’anzianità di 18 anni contributivi al 31.12.1995 e la conseguente applicazione del sistema retributivo.
La questione riguarda tutti i dipendenti pubblici, anche militari, ed è da tempo oggetto di un ampio contrasto giurisprudenziale nsorto a seguito del susseguirsi delle riforme pensionistiche che hanno di volta in volta condizionato il pensionamento e l’applicazione di diversi sistemi di calcolo dei trattamenti di quiescenza alla maturazione, entro determinati termini, di una specifica anzianità contributiva.
In particolare, come noto, a seguito della entrata in vigore della legge 335/1995 è stato introdotto per tutti coloro che al 31.12.1995 non avessero maturato almeno 18 anni di contributi, il sistema c.d. contributivo, lasciando invariato il sistema di calcolo retributivo (e più vantaggioso) per coloro che alla medesima data erano in possesso di almeno 18 anni di contributi.
La suddetta disciplina ha posto sin da subito il tema degli arrotondamenti delle frazioni di anni e di mesi per i dipendenti statali ai quali non trova applicazione il sistema di calcolo della anzianità contributiva vigente per i lavoratori del settore privato, in cui il periodo di base ai detti fini è costituito dalla settimana coperta da contribuzione obbligatoria.
Al riguardo giova evidenziare che in un primo momento ha trovato applicazione l’art. 40 d.P.R. 1092/1973 il quale prevedeva che alla maturazione di sei mesi venisse riconosciuto l’intero anno. Tale normativa è stata poi implicitamente abrogata a decorrere dal 1.1.1998 dall’art. 59, comma 1, lett. b) della L. 449/1997 la quale ha statuito che “le frazioni di anno non danno luogo ad arrotondamenti per eccesso o per difetto”. Nonostante tale intervento del legislatore, nulla è stato mai previsto per le frazioni di mesi: segnatamente non è mai stato disciplinato se al lavoratore pubblico che ha maturato più di 15 giorni all’interno dello stesso mese debba essere riconosciuto il mese per intero o viceversa.
Con riferimento al riconoscimento o meno del diritto di calcolo con il sistema retributivo per coloro che al 31.12.1995 avevano maturato più 17 anni, 11 mesi e più di 15 giorni, si era espressa una circolare INPDAP che aveva previsto l’applicazione in via analogica dell’art. 3 della L. 274/1991 (disciplinante gli iscritti alla gestione separata e alle casse pensionistiche) a mente della quale “il complessivo servizio utile viene arrotondato a mese intero, trascurando la frazione del mese non superiore a quindici giorni e computando per un mese quella superiore”.
Ne è seguito un lungo dibattito nel quale si sono alternati diversi orientamenti.
Da un lato, un orientamento restrittivo tra cui si segnala la sentenza n. 274/2019 della Corte dei Conti Sez. II Giur. Centrale di Appello, ha ritenuto inapplicabile l’analogia legis alla fattispecie dell’arrotondamento delle frazioni di mese per l’applicazione del sistema di calcolo retributivo ai dipendenti pubblici, così statuendo che l’art. 1 comma 13, della L. 335/1995, ove prevede “almeno 18”, stabilisce una anzianità contributiva che costituisce “espressione un periodo contributivo certo, determinato e invalicabile” entro cui collocare i titolari dei diversi criteri di calcolo del trattamento non lasciando spazio all’analogia legis o juris.
Da un altro lato, un orientamento più estensivo si è sviluppato in contrasto con quello precedentemente richiamato. A tale orientamento ha aderito la sentenza oggi in commento. In particolare, la pronuncia in questione, in relazione ad un ricorso presentato da un pensionato avente ad oggetto il mancato arrotondamento del proprio montante contributivo maturato al 31.12.1995 in 17 anni 11 mesi e 17 giorni, ha contraddetto la tesi restrittiva sulla base delle seguenti argomentazioni.
In primo luogo la Corte dei Conti del Veneto, con la sentenza del 22.5.2020, n. 77 ha osservato che, alla luce della disciplina in essere, l’art. 59 co. 1, lett. b) della L. 449/1997 “non ha mai introdotto espressamente il divieto di arrotondamento delle frazioni di mese per la determinazione della anzianità contributiva” limitandosi a impedire espressamente solo l’arrotondamento delle frazioni di anno.
In secondo luogo, il Giudice delle pensioni ha rilevato che la tesi per la quale “la citata norma (art. 1, co. 13, della L. n. 335 del 1995) non consente di effettuare l’arrotondamento in caso di frazioni di mesi eccedente il 15 giorno trascura la circostanza fattuale e concreta che – anche allorquando non vengono considerati gli 11 mesi e i 17 giorni, ai fini del calcolo del servizio utile per l’applicazione del sistema retributivo – l’Istituto previdenziale sta effettuando, in realtà, un arrotondamento, sebbene per difetto. Tanto che, ai fini del sistema di calcolo (misto anziché retributivo), l’INPS ritiene che il pensionato abbia maturato soltanto 17 anni di anzianità contributiva”.
In conclusione, la sentenza della Corte dei Conti ha ritenuto che la fattispecie rientri proprio nella ipotesi disciplinata dall’art. 12 delle preleggi. In altri termini ha stabilito che quando è necessario calcolare l’anzianità contributiva ai fini della determinazione del diritto alla pensione ovvero dell’ammontare del trattamento di quiescenza, deve applicarsi a tutti i dipendenti pubblici, e dunque anche per i militari il criterio dell’arrotondamento “a mese”, tuttora vigente nei confronti dei dipendenti iscritti alle ex Casse pensioni (di cui al cit. art. 3 della L. n. 274 del 1991), anche in relazione agli specifici effetti del cit. art. 1, commi 12 e 13, della L. 8 agosto 1995, n. 335, cioè per la clausola di salvaguardia relativa all’ultravigenza del sistema retributivo.