Appalti pubblici: il malfunzionamento della piattaforma di e-procurement può comportare la riedizione della gara
Con sentenza 4 aprile 2023, n. 3452, la sezione V del Consiglio di Stato si è pronunciata in merito alla possibilità di annullare una gara e riordinarne la riedizione, nel caso in cui la piattaforma informatica utilizzata per la presentazione delle offerte abbia avuto dei malfunzionamenti.
Il tema è certamente di rilievo anche in considerazione dell’entrata in vigore del nuovo codice dei contratti pubblici (d.lgs. 36/2023) che, come noto, impone una forte accelerazione alla digitalizzazione delle procedure di gara, spingendosi finanche all’esecuzione.
La sentenza oggetto di appello era stata resa dal TAR Campania a seguito del ricorso presentato da una società che, a causa di un malfunzionamento del sistema MePA, non era riuscita a perfezionare l’inoltro della documentazione per partecipare alla gara.
A seguito dell’istruttoria ordinata dal giudice e condotta da Consip, risultava che nel sistema informatico si era realizzato un “malfunzionamento generalizzato riguardante il caricamento di file […] imputabile a problemi infrastrutturali”, sicché il TAR aveva ritenuto di procedere all’annullamento della gara, affermando la necessità di procedere alla riedizione della stessa, essendosi verificato un evento che aveva sottratto alla società ricorrente la possibilità di partecipare alla gara.
Il Consiglio di Stato, in sede d’appello, ha confermato siffatta conclusione.
La società ricorrente, infatti, aveva ampiamente dedotto di non essere riuscita ad inserire la propria domanda di partecipazione nella piattaforma telematica.
Secondo i giudici, infatti, il solo fatto che una società avesse voluto presentare una domanda di partecipazione con la relativa documentazione, a prescindere dalle valutazioni sulla bontà dell’offerta, costituisce ragione sufficiente per procedere all’annullamento della precedente aggiudicazione e, dunque, alla riedizione della procedura competitiva.
La rinnovazione della gara – proseguono i giudici di Palazzo Spada – non rappresenta una forma di risarcimento in forma specifica a favore della società pregiudicata dal malfunzionamento, quanto piuttosto una “conseguenza conformativa della caducazione degli atti impugnati a causa del malfunzionamento della piattaforma telematica di presentazione delle offerte”: quando vengono annullate le operazioni di gara, spiegano i giudici, al fine di ammettere i concorresti rimasti esclusi o coloro a cui è rimasta impedita la partecipazione, l’esigenza di tutelare la segretezza delle offerte e la par condicio dei concorrenti impone di procedere alla rinnovazione della intera gara, specie qualora le offerte siano già state rese note e valutate secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Nel caso di specie, la rinnovazione della gara rappresenta peraltro, a parere dei giudici, il rimedio più congruo, non avendo la stazione appaltante proceduto, ai sensi dell’art. 79, comma 5-bis del d.lgs. 50/2016, alla sospensione o proroga del termine per la presentazione dell’offerta.
L’art. 79, comma 5-bis del Codice del 2016, infatti, prevede che nel caso di utilizzo delle piattaforme telematiche per la gestione della gara, “qualora si verifichi un mancato funzionamento o un malfunzionamento di tali mezzi tale da impedire la corretta presentazione delle offerte, la stazione appaltante adotta i necessari provvedimenti al fine di assicurare la regolarità della procedura nel rispetto dei principi di cui all’articolo 30, anche disponendo la sospensione del termine per la ricezione delle offerte per il periodo di tempo necessario a ripristinare il normale funzionamento dei mezzi e la proroga dello stesso per una durata proporzionale alla gravità del mancato funzionamento. Nei casi di sospensione e proroga di cui al primo periodo, la stazione appaltante assicura che, fino alla scadenza del termine prorogato, venga mantenuta la segretezza delle offerte inviate e sia consentito agli operatori economici che hanno già inviato l’offerta di ritirarla ed eventualmente sostituirla.”.
Si legge nella sentenza, infatti, che sebbene la lex specialis prevedesse l’esonero dell’ente comunale da eventi estranei alla propria sfera di conoscibilità e dovuti a responsabilità altrui, come quelli del sistema MePA, tali disposizioni non sono sufficienti ad escludere la responsabilità per la mancata osservanza, da parte della stazione appaltante, “di una regola imposta dalla legge, quale quella del citato art. 79, comma 5 bis”. E ciò, dunque, anche se la piattaforma è gestita da un soggetto terzo rispetto all’ente che procede all’affidamento. In un caso del genere, peraltro, secondo i giudici, non potrebbe invocarsi il principio di auto-responsabilità del concorrente: non era ragionevole esigere, infatti, che la società inoltrasse l’offerta nei tre minuti in cui il malfunzionamento non era stato rilevato, tanto più ove comprensibilmente la stessa aveva fatto affidamento su un arco temporale ben più ampio.
Sulla scorta di queste stesse argomentazioni, il Consiglio di Stato ha altresì chiarito che la decisione della commissione giudicatrice di proseguire nelle operazioni di gara nonostante il malfunzionamento doveva ritenersi illegittima; la stazione appaltante, piuttosto, avrebbe dovuto garantire la correttezza e la legittimità della procedura, dal momento che risultava provata una situazione impeditiva della presentazione delle offerte, così come richiesto dall’art. 79, comma 5-bis d.lgs. 50/2016.
Perciò, la stazione appaltante avrebbe dovuto disporre la proroga del termine “per una durata proporzionale alla gravità del mancato funzionamento”; non avendo provveduto in tal senso, dunque, la stazione appaltante aveva operato illegittimamente. Peraltro, rispetto alla possibilità di procedere alla riedizione della gara non poteva dirsi ostativa l’avvenuta scadenza del termine per l’erogazione di taluni finanziamenti, esulando siffatte valutazioni di convenienza economica e di opportunità dalla decisione dei giudici.