Moneta elettronica: tassa indiretta sulla tutela della propria privacy?
Con la legge di bilancio 2020 potrebbe essere introdotto il prelievo alla fonte del 2% sui prelevamenti di contanti da conto corrente in misura superiore a 1.500,00 euro mensili. L’obiettivo è quello di finanziare un credito di imposta, del 2% appunto, sui pagamenti effettuati mediante moneta elettronica. In parallelo verranno riconosciute detrazioni e deduzioni fiscali solo a quanti effettueranno pagamenti tracciati.
Orbene è del tutto evidente come tale soluzioni andrebbe a penalizzare economicamente i comportamenti del cittadino volti a tutelare la propria PRIVACY, punendo il suo diritto a non vedere tracciati i propri comportamenti finanziari.
Non può sfuggire come con l’eventuale approvazione di simili proposte si andrebbe ad introdurre una grave interferenza con l’espressione delle libertà fondamentali dell’individuo, costituzionalmente garantite, violando le prescrizioni del GDPR a garanzia del diritto alla riservatezza dell’uomo e introducendo una vera e propria tassa indiretta sulla privacy.
Tali limitazioni della libertà sussisterebbero non solo in caso di divieti assoluti all’utilizzo del denaro contante ma anche qualora si dovessero favorire misure orientate ad incentivare comportamenti privati che facilitino la rinuncia alla tutela della propria riservatezza.
Il pagamento elettronico tracciato, infatti, costituisce una finestra pubblica aperta costantemente sulla vita del cittadino e “uno Stato liberale come L’Italia”, afferma il Garante Privacy, “non può incentivare economicamente i propri cittadini a rinunciare alla propria privacy per ottenere vantaggi economici”.[1]
[1] IPSOA Quotidiano