Roma, ancora incertezze sul regime di autorizzazione paesaggistica della “zona UNESCO”.
Una recente sentenza del TAR Lazio torna ad affrontare il tema del regime di autorizzazione paesaggistica per interventi realizzati nella “zona UNESCO” di Roma, facendo così riaffiorare per operatori, cittadini e per le stesse Pubbliche Amministrazioni coinvolte incertezze operative di non poco conto.
In questo contributo, in modo necessariamente non esaustivo, cerchiamo dunque di esaminare i tratti fondamentali della questione.
I. La sentenza TAR Lazio n. 17967/2023: obbligatoria (anche) l’autorizzazione paesaggistica.
Oggetto del contendere è un intervento edilizio posto in essere su un immobile sito nella Città Storica di Roma, in area ricadente, da PTPR, in “paesaggio degli insediamenti urbani storici”, sito all’interno del perimetro della c.d. zona UNESCO.
Alcuni soggetti controinteressati, nel contestare l’intervento oggetto di una SCIA del 2016 (dato cronologico importante, questo, al fine di “perimetrare” le conseguenze della sentenza), hanno in particolare eccepito che le opere oggetto di tale titolo abilitativo avrebbero necessitato non solo del parere previsto ex art. 24, co. 19 NTA PRG (che, in zona UNESCO, sottopone gli interventi a rilevanza esterna al parere della Soprintendenza del Ministero dei beni culturali) ma anche, ricadendo l’immobile in un’area tutelata paesaggisticamente (ex art. 134 e 136 d.lgs. 42/2004), ad autorizzazione paesaggistica ex art. 146 del d.lgs. 42/2004.
Dinanzi al TAR il soggetto titolare della SCIA ha eccepito – conformemente alla posizione espressa dalla Soprintendenza statale – che per gli immobili ricadenti in zona UNESCO non occorreva acquisire l’autorizzazione paesaggistica, in virtù del disposto dell’allora vigente PTPR adottato il quale, all’art. 43 co. 15 delle NTA disponeva che
“Le disposizioni del presente articolo [relativo, appunto, agli “Insediamenti urbani storici e relativa fascia di rispetto”] non si applicano agli insediamenti urbani storici ricadenti fra i beni paesaggistici di cui all’art.134 comma 1 lettera a) del Codice, per i quali valgono le modalità di tutela dei “Paesaggi” e alle parti ricadenti negli insediamenti storici iscritti nella lista del Patrimonio dell’Unesco (Roma – centro storico, Tivoli – Villa d’Este e Villa Adriana, Necropoli etrusche di Tarquinia e Cerveteri) per i quali è prescritta la redazione del Piano generale di gestione per la tutela e la valorizzazione previsto dalla “Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale” firmata a Parigi il 10 novembre 1972 ratificata con legge 6 aprile 1977 n. 184 e successive modifiche ed integrazioni”
Il TAR Lazio, tuttavia, dando seguito ad un proprio orientamento (che avevamo in passato già commentato) ha ritenuto che tale norma del PTPR (come vedremo, oggi vigente con diversa formulazione) non possa essere letta nel senso di esentare dall’autorizzazione paesaggistica ex art. 146 d.lgs. 42/2004 gli interventi posti in essere nell’area UNESCO, con conseguente “sommatoria” tra parere soprintendentizio rilasciato in base al PRG (e al Protocollo d’intesa tra Roma e Ministero).
In tal senso secondo il Giudice amministrativo – e quindi in favore dell’obbligo di acquisizione della “ordinaria” autorizzazione paesaggistica oltre al parere previsto dall’art. 24 co. 19 NTA PRG Roma – vi sarebbero alcuni elementi, così sintetizzabili:
- la norma di PTPR (ratione temporis applicabile alla SCIA del 2016) varrebbe tutt’al più “ad escludere soltanto l’applicabilità, nei confronti dei siti storici urbani UNESCO, tra cui espressamente va annoverato quello di “Roma – centro storico”, delle prescrizioni di tutela dalla medesima [ossia le previsioni di cui ai precedenti commi dell’art. 43 NTA PTPR) contemplate per la generalità dei “centri storici” del Lazio, demandando la relativa regolamentazione ad un atto ad hoc (Piano di gestione)“;
- infatti, l’esclusione, in radice, dell’obbligo di autorizzazione paesaggistica si porrebbe in contrasto con il quadro legislativo nazionale e sovranazionale che, nell’istituire siti protetti in base alla convenzione UNESCO, impone livelli di tutela maggiori e non “attenuati”;
- il PTPR mai potrebbe, allora, derogare a indirizzi legislativi nazionali, derivanti da obblighi internazionali, “allegerendo” il regime autorizzatorio per i siti UNESCO.
E’ sulla scorta di tali ragioni che il TAR afferma il principio in base al quale “gli interventi edilizi che si intendano intraprendere su immobili ricompresi in luoghi o siti iscritti nella menzionata Lista UNESCO,(…) , devono necessariamente essere subordinati alla preventiva autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art. 146 d. lgs. n. 42/2004, quale “atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio” “.
II. L’evoluzione della disciplina del PTPR nelle successive approvazioni.
Come detto, la sentenza – pur recando rilevanti affermazioni generali di principio – ha ad oggetto una fattispecie nella quale veniva in rilievo una disposizione – quella relativa al regime delle zone UNESCO ricadenti in PTPR – che nel tempo è stata modificata ben due volte.
La prima versione è quella, sopra richiamata, di cui all’adozione del PTPR, interpretata “restrittivamente” dalla giurisprudenza del TAR Lazio.
Ed è appena il caso di ricordare che detta previsione è stata, nel tempo, pacificamente (sino alle decisioni del TAR Lazio, ultima delle quali quella oggetto del presente breve commento) interpretata come una esenzione dall’obbligo di autorizzazione paesaggistica, come “attestato”, tra l’altro, anche dalla Regione Lazio la quale, interpellata in merito alla necessità di autorizzazione paesaggistica ex art. 146 del d.lgs. 42/2004, aveva chiarito che nel centro di Roma, zona UNESCO (in assenza di altri beni/vincoli paesaggistici individuati ex art. 134 d.lgs. n. 42/2004) “non è necessaria la richiesta dell’autorizzazione paesaggistica” (così il parere di cui alla nota prot. 94875 del 19.6.2009, Dipartimento Territorio).
Successivamente, una “seconda versione” della disciplina in esame è stata quella risultante dall’approvazione, avvenuta con la DGR n. 5 del 2.8.2019, pubblicata nel BURL del 13.2.2020, la disposizione è recata nell’art. 44 (“Insediamenti urbani storici e relativa fascia di rispetto“) e, in particolare, al co. 19, in base al quale:
“Non si applicano le disposizioni di cui al presente articolo all’insediamento urbano storico sito Unesco – centro storico di Roma. All’interno di tale perimetro, le valutazioni in ordine alla conformità e compatibilità paesaggistica degli interventi sono esercitate dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per il Comune di Roma, secondo quanto stabilito dal Protocollo d’Intesa tra Ministero per i Beni e le Attività Culturali ed il Comune di Roma (QI/57701 dell’8 settembre 2009)”
Tuttavia, come è noto, la DGR di approvazione del 2019 è stata oggetto di un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dinanzi alla Corte costituzionale dal Ministero dei beni culturali e del paesaggio (oggi “Ministero della Cultura”) contro la Regione Lazio, per ritenuta violazione dell’obbligo di concertazione e “coordinamento” in sede di approvazione del Piano territoriale paesaggistico da parte dell’Ente Locale.
E, proprio con specifico riferimento alla disciplina dell’area UNESCO nel ricorso dell’Avvocatura dello Stato si eccepiva che
“per il centro storico di Roma, al quale non si applica l’art. 44, la regione – al comma 19 – modifica il corrispondente testo del 2015, secondo il quale, in relazione alla particolarita’ del sito, era prevista l’applicazione di specifiche prescrizioni di tutela da definirsi congiuntamente tra regione e Ministero. Nel testo approvato, tali previe prescrizioni non sono più contemplate e si rimette ogni valutazione dei singoli interventi alla Soprintendenza, facendo riferimento a un protocollo d’intesa con il Comune di Roma risalente al 2009 e non pertinente. Il PTPR rinuncia così, in sostanza, a esercitare il ruolo doveroso di disciplinare complessivamente e sulla base di una visione d’insieme gli interventi nel sito UNESCO del centro storico di Roma”
In buona sostanza, il Ministero aveva contestato che il rinvio al protocollo d’intesa Roma Capitale – MiBAC non fosse sufficiente ad integrare una idonea disciplina di tutela paesaggistica, occorrendo invece, l’individuazione di “specifiche prescrizioni di tutela da definirsi congiuntamente tra regione e Ministero“.
E’ poi intervenuta la sentenza della Corte costituzionale che, accogliendo l’impugnativa della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha annullato l’approvazione del PTPR.
A valle dell’annullamento e, dunque, di una nuova (stringente) “concertazione” tra Stato (Ministero) e Regione, la disciplina relativa alla zona UNESCO è oggi delineata dal nuovo art. 44, co. 19, delle NTA PTPR, a mente del quale:
Non si applicano le disposizioni di cui al presente articolo all’insediamento urbano storico sito Unesco – centro storico di Roma. L’applicazione di specifiche prescrizioni di tutela da definirsi, in relazione alla particolarità del sito, congiuntamente da Regione e Ministero, decorre dalla loro individuazione con le relative forme di pubblicità. Nelle more della definizione di tali specifiche prescrizioni, il controllo degli interventi è comunque garantito dalla Soprintendenza competente nel rispetto di quanto stabilito dal Protocollo d’Intesa tra Ministero per i Beni e le Attività Culturali ed il Comune di Roma (QI/57701 dell’8 settembre 2009)
La nuova, e definitiva, versione del PTPR appare, ben più lineare e, a nostro avviso, non suscettibile di essere interpretata secondo i criteri individuati dal TAR Lazio nelle citate decisioni, riferite, infatti al testo del piano paesaggistico solo adottato.
Infatti, la scelta (concertata, si ripete, tra Ministero e Regione) è nel senso di:
- prevedere la non applicazione della disciplina “ordinaria” che il PTPR detta per gli “insediamenti urbani storici“;
- demandare ad un successivo atto le specifiche prescrizioni per l’area UNESCO di Roma (l’adottando “Piano di gestione”);
- chiarire, in modo cristallino, che fintanto che non interverrà tale nuova disciplina prescrittiva, il regime autorizzatorio è quello individuato dal protocollo di intesa MiC – Roma Capitale , con un sostanziale (ancorché “a tempo”) upgrade della disciplina di PRG (art. 24, co. 19 NTA) elevata a normativa “anche paesaggistica”.
III. Qualche considerazione finale.
Come accennato, se è vero che l’ultima sentenza del TAR Lazio reca affermazioni di principio astrattamente idonee ad “andare oltre” alla normativa ratione temporis applicata (ossia il “vecchio” art. 43, co. 15 NTA PTPR), occorre osservare come ad oggi il vigente art. 44 co. 19 NTA PTPR non pare consentire (salvo sua rituale impugnativa in futuri giudizi amministrativi che dovesse concludersi con una espressa pronuncia di annullamento) di ritenere operante l’obbligo di acquisire l’autorizzazione paesaggistica ex art. 146 d.lgs. 42/2004 per intervento nella Città Storica di Roma Capitale – zona UNESCO.
Nonostante tale (possibile e sommaria) conclusione, appare comunque opportuno ed urgente che, sia per l’attualità che in relazione a iter urbanistico-edilizi conclusisi in passato, il Ministero, la Regione (e Roma Capitale, in sede di revisione, in itinere, delle NTA PRG) affrontino il tema, fornendo ad operatori privati ed uffici pubblici una chiara linea di indirizzo, onde evitare dubbi, contenziosi e scenari caotici che rischiano di coinvolgere importanti investimenti ed operazioni di riqualificazione della Città.
D’altronde, sia consentito osservarlo, non è dato comprendere l’utilità concreta (al livello di tutela) di doppiare il regime autorizzatorio previsto dal PRG con una ulteriore autorizzazione paesaggistica resa dal medesimo soggetto istituzionale (la Soprintendenza speciale per i Beni Architettonici e Paesaggistici per il Comune di Roma).