Risoluzione contratto di appalto pubblico: qual è l’iter da seguire?
Risoluzione contratto di appalto pubblico: qual è l’iter da seguire?
La Corte di Appello di Ancona si è recentemente pronunciata in merito all’iter procedimentale da seguire in caso di risoluzione di un contratto di appalto pubblico.
Con la sua decisione, la Corte ha dichiarato l’illegittimità della risoluzione contrattuale adottata dall’ente appaltante, evidenziando la violazione delle procedure previste dalla normativa vigente.
La controversia giunta all’attenzione della Corte d’appello trae origine dalla decisione unilaterale dell’ente appaltante di risolvere il contratto di appalto pubblico, motivata dall’omesso rilascio delle certificazioni di conformità degli impianti tecnologici da parte dell’impresa esecutrice. Tali certificazioni erano ritenute indispensabili per il collaudo dell’opera e il conseguente rilascio del certificato di agibilità.
L’impresa, adito il Tribunale di Ascoli Piceno, contestava la sussistenza di un grave inadempimento e l’illegittimità della risoluzione per i seguenti motivi:
(i) l’impossibilità di certificare la corretta esecuzione e la conformità degli impianti tecnologici era imputabile esclusivamente alla stazione appaltante, la quale aveva omesso di predisporre il progetto di variante richiesto dall’art. 7, comma 1 del D.M. 37/2008. Tale progetto era necessario per il rilascio delle certificazioni e non era stato nemmeno completato l’allaccio degli impianti alla rete, rendendo impossibile la verifica della funzionalità;
(ii) non sussistevano i presupposti formali e sostanziali previsti dall’art. 108 del d.lgs. 50/2016 per procedere alla risoluzione del contratto.
L’impresa richiedeva dunque al giudice di primo grado di accertare l’illegittimità della risoluzione e di dichiarare la vigenza del contratto.
Il Tribunale di Ascoli Piceno aveva riconosciuto l’illegittimità della risoluzione contrattuale, sia sotto il profilo formale che sostanziale, motivando la decisione come segue:
(i) la mancata predisposizione del progetto di variante da parte della stazione appaltante è risultata determinante, considerate le numerose modifiche apportate durante i lavori. Tale inadempimento ha impedito all’appaltatrice di redigere correttamente la dichiarazione di conformità degli impianti;
(ii) la stazione appaltante non ha rispettato la procedura prevista dall’art. 108 del d.lgs. 50/2016 omettendo di comunicare l’avvio del procedimento di risoluzione e di contestare formalmente l’inadempimento.
Tale decisione è stata impugnata dalla stazione appaltante, ma la Corte di Appello d’Ancona ha ritenuto infondato l’appello, confermando la violazione delle procedure stabilite dall’art. 108 del d.lgs. 50/2016.
In particolare, la Corte ha evidenziato che la disposta risoluzione si riferiva ad una contestazione diversa ed autonoma rispetto a quella per la quale la SA aveva inviato la comunicazione di avvio del procedimento.
Invero, la comunicazione di avvio del procedimento riguardava esclusivamente il ritardo nella consegna dei lavori, mentre il provvedimento di risoluzione si basava sul mancato rilascio delle certificazioni di conformità degli impianti tecnologici.
In ragione di ciò, la questione controversa riguardante la conformità degli impianti, siccome diversa ed autonoma rispetto alle contestazioni sul ritardo dei lavori (poi definite), dovevano sottostare a nuovo iter procedimentale con la formulazione della contestazione e con l’attribuzione della possibilità di controdedurre da parte dell’appaltatore.
La Corte di Appello ha pertanto ribadito che la SA avrebbe dovuto attivare un nuovo iter procedimentale per contestare le questioni riguardanti i certificati di conformità degli impianti.
La Corte ha inoltre ribadito che le modifiche progettuali intervenute nel corso dei lavori necessitavano di un progetto di variante, mai predisposto dalla stazione appaltante. Questa omissione ha reso impossibile per l’impresa appaltatrice il rilascio delle certificazioni di conformità.
La Corte di Appello di Ancona ha, quindi, confermato integralmente la sentenza di primo grado, sancendo l’illegittimità della risoluzione contrattuale per violazione delle procedure previste dalla legge.
Tale decisione rafforza l’importanza di rispettare rigorosamente le procedure di risoluzione contrattuale in ambito pubblico, a garanzia dei principi di legalità, trasparenza e correttezza nei rapporti contrattuali.
Corte di Appello di Ancona, 2.1.2025, n. 13
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