Il nuovo Testo Unico sulle Fonti Energetiche Rinnovabili e le Zone di Accelerazione

Il Testo Unico sulle Fonti Energetiche Rinnovabili (FER), le principali novità.

Fonti energetiche rinnovabiliIl 12.12.2024 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il D. Lgs. 190/2024, il nuovo Testo Unico sulle Fonti Energetiche Rinnovabili (TUR).

Le novità più rilevanti sono, indubbiamente, tre:

  • La riduzione a soli tre regimi autorizzativi, autorizzazione unica (art. 9), procedura abilitativa semplificata (art. 8) e attività libera (art. 7);
  • La totale digitalizzazione delle procedure amministrative, attraverso la predisposizione della piattaforma SUER (art. 5);
  • La previsione, con obbligo di mappatura, delle renewables acceleration areas (RAA) ovvero le zone di accelerazione.

Il testo unico è entrato ufficialmente in vigore il 30.12.2024 e nel marasma normativo che caratterizza la materia oggetto di plurimi interventi ed ingente stratificazione è previsto l’obbligo di adeguamento (art. 1), ai principi sanciti nel TUR, di Regioni ed Enti Locali entro il termine di centottanta giorni dalla data della sua entrata in vigore salva la possibilità di stabilire regole particolari per l’ulteriore semplificazione dei regimi amministrativi disciplinati dal decreto in commento. Nelle more dell’adeguamento si applica la disciplina previgente ed in caso di mancato rispetto del termine si applicherà comunque il presente decreto.

Al contempo il regime transitorio, disciplinato dall’art. 15, prevede che le disposizioni abrogate dall’allegato D,  contenete l’elenco delle disposizioni abrogate che, peraltro, non va ritenuto esaustivo ove si consideri che la stessa norma sancisce inoltre (e alquanto genericamente) l’abrogazione di “ogni altra disposizione incompatibile”, continuano ad applicarsi alle sole procedure in corso per le quali sia stata già compiuta, alla data del 30.12.2024, la verifica di completezza documentale presentata a corredo del progetto salva la facoltà del soggetto proponente di optare per l’applicazione delle disposizioni di cui al TUR.

Nelle prossime settimane ci concentreremo sui diversi regimi autorizzatori, come detto ridotti a tre, per comprenderne l’ambito di applicabilità e le modifiche strettamente procedurali, mentre oggi ci appare doveroso soffermarci sulle zone di accelerazione non potendosi negare che la fattiva, e non solo procedurale, semplificazione passa proprio dalla necessità queste vengano realmente identificate.

Le zone di accelerazione, la normativa italiana.

La “definizione” delle zone di accelerazione ci viene data dall’art. 15 quater della Direttiva UE 2018/2001, come introdotto dalla cd. RED III. Sono (saranno) tali le “zone terrestri, delle acque interne e marine sufficientemente omogenee in cui la diffusione di uno o più tipi specifici di energia da fonti rinnovabili non dovrebbe avere impatti ambientali significativi, tenuto conto delle specificità della zona prescelta […].

In queste zone, dunque, la messa in funzione d’impianti alimentati a FER, non avendo un impatto ambientale significativo, sarà più rapida appunto “accelerata”.

Ma come verranno definite queste zone? Come previsto dall’art. 12 del TUR il primo a dover agire, entro il 21.5.2025, sarà il Gestore dei Servizi Energetici (GSE) che dovrà procedere ad una mappatura dell’intero territorio italiano volta ad individuare il potenziale nazionale e le aree disponibili, terresti e marine, per l’istallazione degli impianti e opere connesse.

L’identificazione specifica delle aree terresti passa attraverso il potere regionale (e delle province autonome). Queste, infatti, entro il 21.2.2026 sulla base della mappatura effettuata dal GSE nonché nell’ambito delle aree idonee individuate ai sensi dell’art. 20 D. Lgs. 119/2021 (verrebbe d’aggiungere, anche ai sensi del D.M. 21.6.2024) saranno chiamate ad adottare un Piano Territoriale d’individuazione delle zone di accelerazione terresti. La predisposizione del piano per le aree marine resta invece in capo allo Stato.

Concentrandoci unicamente sulle aree terresti, come previsto dal summenzionato art. 12, le Regioni e le Province Autonome dovranno inserire prioritariamente:

  • “le superfici artificiali ed edificate”, come i tetti e le facciate degli edifici;
  • “le infrastrutture di trasporto e le zone immediatamente circostanti”;
  • “i parcheggi”;
  • “le aziende agricole”;
  • “i siti di smaltimento dei rifiuti, i siti industriali e le aree industriali attrezzate”;
  • “le miniere”;
  • “i corpi idrici interni artificiali, i laghi o i bacini artificiali e, se del caso, i siti di trattamento delle acque reflue urbane, così come i terreni degradati non utilizzabili per attività agricole”;
  • “le aree dove sono già presenti impianti a fonti rinnovabili e di stoccaggio dell’energia elettrica”.

Categoricamente escluse sono le aree protette a qualsiasi titolo per scopi di tutela ambientale, in virtù di leggi nazionali, regionali o in attuazione di atti e convenzioni dell’Unione europea e internazionali ad eccezione delle superfici edificate ed artificiali esistenti in queste zone (si pensi plausibilmente a tetti, parcheggi o infrastrutture).

Ovvia e confermativa della qualificazione territoriale di tali piani, stante la “definizione” data di queste zone, è la sottoposizione dei Piani regionali e provinciali a Valutazione Ambientale Strategica (VAS) e la possibilità che lo stesso Piano possa prevedere, al fine di evitare o ridurre impatti ambientali negativi significativi, specifiche misure di mitigazione (che di fatto dovranno poi essere contemplate e realizzate nei progetti d’impianto).

Dal punto di vista pratico e procedurale si evidenzia che la realizzazione o modifica degli impianti in tali aree quando ricadenti nel regime di edilizia libera (All. A) e di procedura abilitativa semplificata (All. B) non sono subordinati all’acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica, l’autorità di tutela sarà infatti unicamente chiamata ad esprimersi con parere obbligatorio e non vincolate.

Invece, per gli impianti assoggettati ad autorizzazione unica si applica la procedura prevista per gli impianti ricadenti in aree idonee (art. 22 D.Lgs. 199/2021) tali impianti, inoltre, non sono soggetti alle procedure di valutazione d’impatto ambientale a condizione che il progetto d’impianto preveda le misure di mitigazione individuate dagli stessi piani regionali o provinciali.

La vera domanda che ci si pone è come sarà coordinata l’individuazione delle zone di accelerazione con quanto previsto dal Decreto Agricoltura e dal Decreto Aree Idonee.

La speranza è che sia proprio la definizione di tali zone di accelerazione, che ricordiamolo necessita di Piani Territoriali sito specifici, a dare concretezza a quanto “astrattamente” previsto sino ad ora attraverso la predisposizioni di decreti che (ci permettiamo di dirlo) forniscono solo definizioni di principio. Non va dimenticato che l’Italia è impegnata, con gli atri stati membri del G7, a realizzare un sistema elettrico prevalentemente decarbonizzato al 2035. Secondo lo studio prodotto da ECCO, l’Italia per realizzare tale obiettivo dovrà raggiungere almeno 159 GW di potenza complessiva da fonti rinnovabili entro il 2030 e 250 GW complessivi al 2035 di cui 180 GW di nuove installazioni.