Accordo bonario: il volto dell’istituto alla luce del d.lgs. 36/2023

Tra gli istituti di risoluzione delle controversie alternativi al contenzioso c’è l’accordo bonario, oggi disciplinato dagli artt. 210 e 211 del D.lgs. 36/2023.

L’istituto dell’accordo bonario costituisce una forma speciale di transazione per le controversie relative al prezzo di realizzazione dell’opera pubblica, qualora i costi della medesima si rivelino, per cause non imputabili all’esecutore, superiori rispetto a quelli stabiliti nel contratto.

L’accordo, se raggiunto, ha natura di transazione e dunque è un contratto che definisce la lite tra l’appaltatore e la committente.

Bisogna dunque prestare molta attenzione al suo contenuto.

Una pronuncia della Corte d’appello di Roma offre degli spunti interessanti in merito, la quale, nel confermare la sentenza di primo grado, ha dichiarato la nullità dell’atto transattivo stipulato dalle parti per mancanza della causa in concreto.

Vediamo il caso specifico.

Un’amministrazione comunale stipulava una transazione con la società appaltatrice, in forza del quale veniva riconosciuto a quest’ultima un credito di € 700.000,00 in base a nn. 13 riserve regolarmente trascritte nel registro di contabilità e registrate nello stato finale ed aggiornate in occasione della sottoscrizione del certificato finale di collaudo per complessivi € 2.568.408,16.

Senonché nel corso del giudizio di primo grado, – incardinato dalla stessa amministrazione – veniva accertato che la delibera con cui il comune si era determinato di procedere alla stipula della transazione presentava un vizio procedurale insanabile e che tra l’ente comunale e l’appaltatore “non vi era la benché minima situazione litigiosa”.

In fase istruttoria era emersa infatti una evidente difformità tra la quantificazione dell’importo transattivo operata dal dirigente e le valutazioni, tra loro coerenti, a cui erano pervenuti il Direttore dei Lavori e il Collaudatore.

A parere del giudice di primo, l’importo transattivo risultava assolutamente sproporzionato, in quanto “… la modestia dell’opera, le limitate maestranze impegnate e l’esiguo numero di mezzi necessari a portare a compimento il lavoro, non può – ragionevolmente – aver comportato in tale periodo un danno così abnorme all’impresa, né in termini di costi sostenuti per l’immobilizzazione del materiale (non risulta nulla né dal giornale dei lavori né dalle relazioni della direzione lavori), né per quanto riguarda l’eventuale perdita di chance”.

Da qui, la nullità della transazione sottoscritta per mancanza di causa in concreto, confermata anche dalla Corte d’appello di Roma.

La pronuncia in commento attiene ad una vicenda la cui disciplina applicabile è quella della L. 109/94 e succ. mod. (D.L. 101/95 conv. in L. 216/95), ma i principi in essa sottesi sono attuali e possono essere applicati anche nella vigenza del nuovo codice.

Del resto, la disciplina introdotta dal d.lgs. 36/2023 si pone in linea di sostanziale continuità con il d.lgs. 50/2016 e ancor prima con il d.lgs. 163/2006.

L’art. 210 del d.lgs. 36/2023 prevede infatti che l’accordo bonario può essere attivato in qualsiasi momento e riguarda tutte le riserve iscritte fino al momento dell’avvio del procedimento stesso, fermo il limite massimo complessivo del 15 per cento dell’importo del contratto.

Tuttavia, il comma dell’art. 210, comma 2, del d.lgs. 36/2023 prevede che prima dell’approvazione del certificato di collaudo, qualunque sia l’importo delle riserve, il RUP deve attivare l’accordo bonario per la risoluzione delle riserve iscritte, a prescindere dall’importo.

Unica novità di rilievo è la mancata trasposizione, nell’art. 210, di quanto statuito al comma 6-bis dell’art. 205 del d.lgs. 50/2016 a mente del quale “L’impresa, in caso di rifiuto della proposta di accordo bonario ovvero di inutile decorso del termine per l’accettazione, può instaurare un contenzioso giudiziario entro i successivi sessanta giorni, a pena decadenza”.

Nella nuova versione dell’istituto dell’accordo bonario è stato quindi soppresso il termine decadenziale di 60 giorni per l’introduzione del relativo procedimento giudiziario applicandosi, pertanto, i termini generali in materia di prescrizione.

Per il resto, dunque, anche con codice del 2023, l’accordo bonario ha come oggetto finale la stipula di un contratto. Pertanto, una volta raggiunto l’accordo, questi soggiace alla disciplina dei contratti.

È importante dunque prestare attenzione al contenuto dell’accordo per non rischiare che venga poi dichiarato invalido.

 

(Corte d’Appello di Roma, II° Sez. Imprese, 29 novembre 2022, n. 7684)