Ancora una frenata del Giudice Amministrativo sui “contratti continuativi di cooperazione, servizio e/o fornitura”

Con una recente sentenza il TAR Lazio è tornato a trattare dei contratti continuativi di cooperazione, servizio e/o fornitura, disciplinati dall’art. 105, co. 3, lett. c-bis) del d.lgs. n. 50/2016.

Tale norma, di cui ci siamo occupati più approfonditamente anche in un altro contributo pubblicato per 4cLegal, dispone che tra le  “categorie di forniture o servizi, per le loro specificità, non si configurano come attività affidate in subappalto” rientrano anche le  “prestazioni rese in favore dei soggetti affidatari in forza di contratti continuativi di cooperazione, servizio e/o fornitura sottoscritti in epoca anteriore alla indizione della procedura finalizzata alla aggiudicazione dell’appalto”.

Sul tema sussistono significative oscillazioni giurisprudenziali, le quali muovono da (e finiscono per scontrarsi con) l’ambiguità della norma (la lett. c-bis del co. 3 art. 105 Codice) e con il principio generale e fondamentale del necessario svolgimento delle prestazioni oggetto dell’appalto da parte dell’affidatario.

La vicenda decisa da TAR Lazio, Sez. II-bis, 23.12.2019, n. 14795.

In una gara relativa all’affidamento di prestazioni sanitarie e servizi accessori di smaltimento di rifiuti sanitari (attività, quest’ultima, espressamente ricompresa nell’oggetto contrattuale individuato dalla lex specialis), uno dei concorrenti partecipa senza essere in possesso delle abilitazioni necessarie a svolgere l’attività di smaltimento rifiuti.

La SA, pertanto, chiede chiarimenti in proposito e il concorrente riscontra la richiesta dichiarando che, per tale attività “accessoria”, si sarebbe avvalso di una impresa specializzata ed abilitata con la quale era in essere un contratto continuativo e, quindi, sostenendo che si sarebbe trattato non di un subappalto – non dichiarato in gara – ma di una attività affidabile a mente dell’art. 105, co. 3, lett. c-bis) del Codice, dunque non in subappalto (e secondo le relative regole sostanziali e procedimentali).

La SA, ritenendo non ricorrente la fattispecie dei “co.co.co.” e, quindi, la mancata indicazione del subappalto per una attività peraltro non eseguibile in autonomia dal concorrente (privo dei necessari titoli abilitativi), esclude il concorrente.

Questo impugna l’esclusione ritenendo violato l’art. 105, co. 3, lett. c-bis) del Codice, sulla base, in sintesi, dei seguenti elementi:

  • ricorrenza di un co.co.co. conforme alla lett. c-bis), co 3, lett. c-bis) Codice;
  • attività sub-affidata avente natura “accessoria” e di limitato valore economico (0,43% del valore del contratto).

Ad avviso del TAR, invece, l’esclusione è legittima e perfettamente in linea con una corretta interpretazione della disposizione in questione.

Secondo il Giudice Amministrativo, in particolare:

a) la prestazione sub-affidata è espressamente – dalla lex specialis – ricompresa nell’oggetto del contratto, mentre la deroga di cui alla norma in questione è applicabile solo per prestazioni “limitate ad attività sussidiarie e secondarie rispetto a quelle propriamente rientranti nell’oggetto del contratto“, pena, osserva il TAR, il sacrificio del principio cardine della “personalità nell’esecuzione dell’appalto“;

b) del tutto irrilevante, una volta verificato che la prestazione è ricompresa nell’oggetto del contratto, è il valore della stessa in relazione al complessivo importo contrattuale.

La decisione del TAR Lazio, pur in un quadro normativo incerto (destinato, peraltro, ad essere influenzato anche dalle spinte della CGUE in senso “pro-subappalto”), si inscrive in un indirizzo restrittivo tendenzialmente prevalente, a nostro avviso condivisibile.

Come detto, per un maggiore approfondimento circa il problematico istituto, si rimanda all’articolo pubblicato su 4CLegal.