L’anticipazione del prezzo fino al 30% negli appalti pubblici: tra decreto Rilancio e Cura Italia.
Che il decreto Rilancio (d.l. 19 maggio 2020, n. 34) abbia dimenticato di fare il punto sul pagamento “anticipato” dei SAL negli appalti pubblici è evidente, manca infatti nel provvedimento una norma che consenta effettuare i pagamenti dei SAL in deroga alle condizioni contrattuali (come delr esto previsto dall’art. 103, comma 2 ter, della legge Cura Italia per gli appalti privati). C’è però una novità, l’anticipazione del prezzo è possibile, a certe condizioni, fino al 30%.
L’art. 35, comma 18, Codice contratti pubblici prevede la possibilità per l’appaltatore di ottenere l’anticipazione del prezzo pari al 20% calcolato sul valore del contratto di appalto da versarsi entro quindici giorni dall’effettivo inizio della prestazione.
L’istituto è stato oggetto di interventi da parte del legislatore con il decreto Cura Italia, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni in legge 24 aprile 2020, n. 27, prima, con il c.d decreto Rilancio, dopo.
Come ho avuto modo di illustare dettagliatamente nel mio articolo “Decreto Rilancio e Cura Italia: l’anticipazione del prezzo fino al 30%” pubblicato in data odierna su lavoripubblici.it (clicca qui per leggere), al quale rinvio per un approfondimento del tema, entrambe le novelle sembrano presentare criticità.
L’art. 207, comma 1, del decreto Rilancio, prevede che dalla data di pubblicazione del provvedimento e fino al 30 giugno 2021 – a taluen condizioni – l’importo da anticipare all’appaltatore può essere elevato al 30% calcolato sul valore del contratto di appalto, tenendo conto delle risorse disponibili della stazione appaltante.
La disposizione si applica alle procedure disciplinate dal codice dei contratti pubblici, d.lgs. 50/2016, quando: bandi o avvisi di gara risultano pubblicati alla data di entrata in vigore del decreto Rilancio, nell’ipotesi di contratti senza pubblicazione di bandi o avvisi, gli inviti a presentare le offerte o i preventivi sono stati già inviati e i relativi termini non sono ancora scaduti, “in ogni caso” le procedure sono state avviate a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto e fino alla data del 30 giugno 2021.
Una prima osservazione deve farsi in relazione al dato letterale della norma: sembra infatti che l’applicazione della disposizione sia limitata alle sole procedure disciplinate dal d.lgs. 50/2016 lasciando fuori quelle procedure che soggiacciono al Codice “de Lise”.
Il comma 2 della norma potrebbe però venire in aiuto nell’interpreatre la volontà del legislatore.
La norma infatti prevede che la possibilità, fuori dai casi di cui al comma 1, che il committente riconosca l’anticipazione fino al 30% del prezzo, sempre nei limiti delle risorse annuali stanziate, anche nel caso in cui l’appaltatore abbia già usufruito dell’anticipazione contrattualmente prevista o nel caso in cui abbia già dato inizio alla prestazione senza aver usufruito dell’anticipazione.
Quest’ultima disposizione si riferisce con ogi evidenza alla fase esecutiva dei contratti pubblici e presenta un valido spunto per estendere l’anticipazione del prezzo fino al 30% a ogni contratto di appalto, anche a quelli antecedenti all’entrata in vigore del d.lgs. 50/2016 ove l’appaltatore – fosse anche per la mancata previsione dell’istituto all’epoca della stipula – non abbia ricevuto tale importo.
Tale interpretazione sarebbe del resto coerente con la finalità perseguita dal legislatore di riconoscere liquidità alle imprese appaltatrici.
Le modalità e le garanzie sono le stesse previste dall’art. 35, comma 18, del codice giacché l’art. 207, comma 2, si chiude affermando che “ai fini del riconoscimento dell’eventuale anticipazione, si applicano le disposizioni di cui al secondo, terzo, quarto e quinto periodo dell’art. 35, comma 18” con una limitazione però, sembranono infatti esclusi gli ultimi due periodi dell’art. 35, comma 18, Codice quando afferma che “il beneficiario decade dall’anticipazione, con obbligo di restituzione, se l’esecuzione della prestazione non procede, per ritardi a lui imputabili, secondo i tempi contrattuali. Sulle somme restituite sono dovuti gli interessi legali con decorrenza dalla data di erogazione della anticipazione”.
Una riflessione ulteriore merita poi la modifica apportata all’anticipazione del prezzo da parte dell’art. 91, comma 2, del decreto Cura Italia che ha previsto la possibilità di farvi ricorso “anche nel caso di consegna in via d’urgenza, ai sensi dell’art. 32, comma 8, del presente codice”. La modifica operata sembra però essere stata disposta senza tenere in considerazione la disciplina dell’istituto di cui all’art. 35, comma 18, del codice, che subordina l’anticipazione del prezzo alla sottoscrizione del contratto.
L’anticipazione del prezzo, infatti, viene calcolata sul valore del contratto (art. 35, comma 18, codice: “sul valore del contratto di appalto viene calcolato l’importo dell’anticipazione del prezzo”) e si decade dal beneficio, con obbligo di restituzione, qualora l’esecuzione non avvenga secondo la tempistica indicata in contratto.
Laddove il versamento dell’anticipazione non sia seguita dalla regolare stipula del contratto, alla richiesta di restituzione dell’anticipazione ben si potrebbe opporre l’inesistenza del contratto visto che l’obbligo di restituzione presuppone che “l’esecuzione della prestazione non procede, per ritardi imputabili (all’appaltatore), secondo i tempi contrattuali”.