Anticipazione del prezzo fino al 30% nell’appalto pubblico: chiarimenti MIT sul decreto Rilancio.
Sull’anticipazione del prezzo, a certe condizioni, fino al 30% nell’appalto pubblico prevista dal decreto Rilancio (d.l. 19 maggio 2020, n. 34 conv. in legge 17 luglio 2020, n. 77), il MIT interviene con chiarimenti. Avevamo già parlato della novità del’anticipazione del prezzo fino al 30% in questo articolo e delle criticità della modifica operata.
Criticità che tuttavia sembrano persistere nonostante i chiarimenti del MIT che, con nota del 11.8.2020, ha cercato di fornire alcuni spunti in ordine all’interpretazione della norma.
L’art. 207, comma 1, del decreto Rilancio, prevede che dalla data di pubblicazione del provvedimento e fino al 30 giugno 2021 – a talune condizioni – l’importo da anticipare all’appaltatore – di cui all’art. 35, comma 18, d.lgs. 50/2016, può essere elevato al 30% calcolato sul valore del contratto di appalto, tenendo conto delle risorse disponibili della stazione appaltante.
La percentuale dell’anticipazione, come indicato dalla norma codicistica, da versarsi entro quindici giorni dall’effettivo inizio della prestazione, viene calcolata sul valore del contratto di appalto.
Il MIT interviene sull’ambito di applicazione della norma e chiarisce come, mentre, con il primo comma dell’art. 207 si fa espresso riferimento all’anticipazione disciplinata dal comma 18 dell’art. 35, precisando che la facoltà introdotta si applica, in via transitoria, sia alle procedure avviate con pubblicazione di bando o avviso ovvero per le quali siano stati trasmessi gli inviti a presentare offerta, qualora non siano scaduti i relativi termini, che a quelle che saranno indette a decorrere dall’entrata in vigore del decreto-legge e fino al 30 giugno 2021, il comma successivo estende la previsione anche “al di fuori dei casi previsti dal comma 1”.
Con quest’ultima locuzione, l’ambito di applicazione della misura temporanea deve intendersi esteso non solo alle ulteriori procedure “disciplinate dal decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50”, non rientranti nella previsione del comma 1, ma più generalmente a tutti i contratti in corso di esecuzione, anche stipulati all’esito di procedura selettiva svolta sulla base di normativa anteriore o comunque diversa da quella del codice, indipendentemente dal fatto che gli appaltatori abbiano o meno già percepito una anticipazione sulla base di disposizioni di legge (es. art. 26-ter del d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, che ha introdotto l’anticipazione per i contratti disciplinati dal previgente codice dei contratti pubblici d.lgs. 163/2006) ovvero di specifiche pattuizioni contrattuali.
Tanto è coerente con la finalità perseguita dal legislatore di riconoscere liquidità alle imprese appaltatrici al fine di attenuare le difficoltà economiche determinate dall’emergenza sanitaria connessa alla diffusione del contagio da Covid-19.
Inoltre, la norma è applicabile, ad avviso del MIT, in via generale anche agli appalti di importo inferiore alle soglie comunitarie e a quelli indetti nei settori speciali.
Ciò in quanto, come ha avuto modo di affermare anche l’ANAC, al di là dell’infelice inserimento della previsione di cui al comma 18 nell’articolo dedicato all’individuazione delle soglie di rilevanza comunitaria, la portata generale dell’obbligo risponde alla ratio che sorregge il principio di anticipazione delle somme erogate dall’amministrazione al fine di dare impulso all’iniziativa imprenditoriale, assicurando la disponibilità delle stesse nella delicata fase di avvio dei lavori e di perseguire il pubblico interesse alla corretta e tempestiva esecuzione del contratto. Non avrebbe quindi senso precludere tale facoltà di accesso all’anticipazione per affidamenti di importo inferiore che spesso vedono protagoniste imprese di dimensioni medio piccole e maggiormente tutelate dal legislatore (ANAC, delibera n. 1050 del 14/11/2018).
Lo stesso dicasi per i settori speciali, giacché l’articolo 35 del codice è interamente a questi applicabile giusta il richiamo contenuto nell’art. 114, comma 1, codice.
Restano aperte le questioni relative alla modifica apportata all’anticipazione del prezzo da parte dell’art. 91, comma 2, del decreto Cura Italia che ha previsto la possibilità di farvi ricorso “anche nel caso di consegna in via d’urgenza, ai sensi dell’art. 32, comma 8, del presente codice”. La modifica operata sembra però essere stata disposta senza tenere in considerazione la disciplina dell’istituto di cui all’art. 35, comma 18, del codice, che subordina l’anticipazione del prezzo alla sottoscrizione del contratto.
L’anticipazione del prezzo, infatti, viene calcolata sul valore del contratto (art. 35, comma 18, codice: “sul valore del contratto di appalto viene calcolato l’importo dell’anticipazione del prezzo”) e si decade dal beneficio, con obbligo di restituzione, qualora l’esecuzione non avvenga secondo la tempistica indicata in contratto.
Laddove il versamento dell’anticipazione non sia seguita dalla regolare stipula del contratto, alla richiesta di restituzione dell’anticipazione ben si potrebbe opporre l’inesistenza del contratto visto che l’obbligo di restituzione presuppone che “l’esecuzione della prestazione non procede, per ritardi imputabili (all’appaltatore), secondo i tempi contrattuali”.