Appalti pubblici e Self-cleaning: obbligo di fornire spontaneamente la prova di ravvedimento operoso alla presentazione della domanda/offerta? Le incertezze interpretative dell’art. 80 alla luce di una recente pronuncia della Corte di Giustizia.

Appalti pubblici e Self-cleaning: obbligo di fornire spontaneamente la prova di ravvedimento operoso alla presentazione della domanda/offerta? Le incertezze interpretative dell’art. 80 alla luce di una recente pronuncia della Corte di Giustizia.Una recente pronuncia della Corte di Giustizia UE (Sez. IV, 14.1.2021) avente ad oggetto l’istituto del self-cleaning negli appalti pubblici, si interroga sulla corretta interpretazione dell’art. 57, par. 6, direttiva comunitaria 2014/24, norma secondo cui, in presenza di un motivo facoltativo di esclusione dalla gara, l’operatore economico può fornire la prova che le misure di ravvedimento operoso adottate siano sufficienti a dimostrare la sua affidabilità.

Ricordiamo cosa prevede l’art. 57 della direttiva in commento: “4. Le amministrazioni aggiudicatrici possono escludere, oppure gli Stati membri possono chiedere alle amministrazioni aggiudicatrici di escludere dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni:

c) se l’amministrazione aggiudicatrice può dimostrare con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, il che rende dubbia la sua integrità;
(…)
g) se l’operatore economico ha evidenziato significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un requisito sostanziale nel quadro di un precedente contratto di appalto pubblico, di un precedente contratto di appalto con un ente aggiudicatore o di un precedente contratto di concessione che hanno causato la cessazione anticipata di tale contratto precedente, un risarcimento danni o altre sanzioni comparabili;
h) se l’operatore economico si è reso gravemente colpevole di false dichiarazioni nel fornire le informazioni richieste per verificare l’assenza di motivi di esclusione o il rispetto dei criteri di selezione, non ha trasmesso tali informazioni o non è stato in grado di presentare i documenti complementari di cui all’articolo 59; (…)
(…)

6. Un operatore economico che si trovi in una delle situazioni di cui ai paragrafi 1 e 4 può fornire prove del fatto che le misure da lui adottate sono sufficienti a dimostrare la sua affidabilità nonostante l’esistenza di un pertinente motivo di esclusione. Se tali prove sono ritenute sufficienti, l’operatore economico in questione non è escluso dalla procedura d’appalto”.

La questione nasce da una controversia insorta in una procedura di gara soggetta alla legge belga, nel corso della quale alcuni operatori economici venivano esclusi per aver commesso gravi illeciti professionali.

Nel ricorso avverso l’esclusione, gli operatori evidenziavano che, prima di essere esclusi, essi avrebbero dovuto avere la possibilità di dimostrare di aver posto rimedio alle conseguenze di tali illeciti attraverso l’istituto del self-cleaning.

L’Amministrazione, da parte sua, contestava quanto affermato dagli operatori poiché, a suo avviso, a mente dell’articolo 70 della legge belga 17 giugno 2016 sugli appalti pubblici, l’operatore interessato deve dichiarare di propria iniziativa i provvedimenti di ravvedimento operoso adottati.

A questo punto, il giudice del rinvio si chiede se l’art. 57 della direttiva comunitaria 2014/24 vada interpretato nel senso che un operatore economico possa essere escluso da una gara per gravi illeciti professionali senza essere stato preventivamente invitato dall’Amministrazione a fornire la prova del ravvedimento operoso.

Secondo il giudice del rinvio, il quale rimetteva la questione dinanzi alla Corte di Giustizia, non ci si può aspettare che un operatore economico si autoaccusi – fornendo un elenco di comportamenti classificabili come gravi illeciti, tali da giustificarne l’esclusione dalle procedure cui dovesse partecipare; di contro, sarebbe più corretto – e connotato da maggiore trasparenza – consentire all’operatore economico di fornire prova dell’avvenuto ravvedimento operoso.

Nell’affrontare la questione, il giudice del rinvio chiede se, stante l’art. 57, par. 6, possa uno Stato membro prevedere che l’operatore economico sia tenuto a fornire spontaneamente al momento della presentazione della domanda o offerta la prova del ravvedimento operoso nonostante l’esistenza di un motivo di esclusione facoltativo quando tale obbligo non sia previsto né dalla normativa nazionale né dai documenti di gara.

Si badi bene, l’art. 57, paragrafo 6, come anche il considerando n. 102, non precisano in che modo o in quale fase della procedura possa essere fornita la prova del ravvedimento operoso.

Il che porterebbe a ritenere che, alla luce del solo tenore letterale dell’art. 57, paragrafo 6, la possibilità lasciata agli operatori economici di fornire la prova dei provvedimenti di ravvedimento operoso adottati può essere esercitata su iniziativa di questi ultimi o su iniziativa dell’amministrazione aggiudicatrice, così come può essere esercitata al momento della presentazione della domanda di partecipazione o dell’offerta o in una fase successiva della procedura.

Detta interpretazione è altresì avvalorata dal contesto in cui si inserisce la norma.

In forza dell’art. 57, par. 7, le condizioni di applicazione di tale articolo e, pertanto, del par. 6 di quest’ultimo devono essere specificate dagli Stati membri nel rispetto del diritto dell’Unione. Quindi, nell’ambito del margine di discrezionalità di cui dispongono nella determinazione delle modalità procedurali di cui all’art. 57, paragrafo 6, gli Stati membri possono prevedere che la prova dei provvedimenti di ravvedimento operoso debba essere fornita spontaneamente dall’operatore economico interessato al momento della presentazione della domanda o dell’offerta, così come essi possono anche prevedere che tale prova possa essere fornita dopo che detto operatore economico sia stato formalmente invitato a farlo dall’amministrazione aggiudicatrice in una fase successiva della procedura.

Ne deriva che, qualora uno Stato membro preveda che la prova dei provvedimenti di ravvedimento operoso possa essere fornita solo spontaneamente dall’operatore economico al momento della presentazione della domanda o dell’offerta, senza possibilità di fornire tale prova in una fase successiva della procedura, i principi di trasparenza e di parità di trattamento richiedono che gli operatori economici siano informati in via preventiva, in maniera chiara, precisa e univoca, dell’esistenza di un siffatto obbligo, vuoi che tale informazione risulti direttamente dai documenti di gara, vuoi che essa risulti da un rinvio, in tali documenti, alla normativa nazionale pertinente.

Nel caso di specie, sebbene la normativa nazionale belga abbia precisato che la prova dei provvedimenti di ravvedimento operoso deve essere fornita su iniziativa dell’operatore economico, i documenti di gara non indicavano espressamente che tale prova dovesse essere fornita spontaneamente dall’operatore economico interessato.

In tali circostanze, e fatto salvo l’obbligo che incombeva alle ricorrenti di informare l’amministrazione aggiudicatrice dei gravi illeciti professionali, tali ricorrenti potevano ragionevolmente attendersi, sul solo fondamento dell’art. 57, par. 6, che esse sarebbero state successivamente invitate dall’amministrazione aggiudicatrice a fornire la prova dei provvedimenti di ravvedimento operoso adottati per porre rimedio a qualsivoglia motivo di esclusione facoltativo che tale amministrazione potesse rilevare.

Orbene, riferendoci a una normativa nazionale che non precisava se la prova dei provvedimenti di ravvedimento operoso dovesse essere o meno fornita spontaneamente dall’operatore economico, né in quale fase della procedura dovesse essere fornita, emerge che, sebbene incomba agli operatori economici informare l’amministrazione, sin dal momento della presentazione della loro domanda di partecipazione o della loro offerta, dei gravi illeciti professionali, l’amministrazione, qualora concluda che sussiste un motivo di esclusione derivante da tale circostanza, deve nondimeno dare agli operatori interessati la possibilità di fornire la prova dei provvedimenti di ravvedimento operoso adottati.

Alla luce di tanto, ad avviso della Corte l’art. 57, par. 6, della direttiva 2014/24 deve essere interpretato nel senso che esso contrasta con una prassi in forza della quale un operatore economico è tenuto a fornire spontaneamente, al momento della presentazione della sua domanda di partecipazione o della sua offerta, la prova dei provvedimenti di ravvedimento operoso adottati per dimostrare la sua affidabilità nonostante l’esistenza, nei suoi confronti, di un motivo di esclusione facoltativo, qualora un simile obbligo non risulti né dalla normativa nazionale applicabile né dai documenti di gara.

Di contro, è legittimo un siffatto obbligo qualora esso sia previsto in modo chiaro, preciso e univoco nella normativa nazionale applicabile e sia portato a conoscenza dell’operatore economico interessato mediante i documenti di gara.

Le incertezze dell’art. 80, comma 7, d.lgs. 50/2016

 Venendo ora alla normativa codicistica italiana, il principio espresso dalla Corte di Giustizia dà conto di come anche nella normativa dei contratti pubblici italiana vi sia una incertezza interpretativa sull’art. 80, in particolare, sul comma 7.

A mente di tale disposizione, infatti: “Un operatore economico, o un subappaltatore, che si trovi in una delle situazioni di cui al comma 1, limitatamente alle ipotesi in cui la sentenza definitiva abbia imposto una pena detentiva non superiore a 18 mesi ovvero abbia riconosciuto l’attenuante della collaborazione come definita per le singole fattispecie di reato, o al comma 5, è ammesso a provare di aver risarcito o di essersi impegnato a risarcire qualunque danno causato dal reato o dall’illecito e di aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti.

A ben vedere, la norma italiana non prevede quando (e se trattasi di obbligo) l’operatore sia tenuto a fornire prova del ravvedimento operoso.

Non sembra che un “siffatto obbligo” sia previsto in modo chiaro, preciso e univoco nella normativa nazionale.

Non è affatto chiaro infatti se l’amministrazione sia tenuta ad invitare l’operatore a fornire la prova, in quale momento della procedura e se trattasi di obbligo.

Ancora, si potrebbe ragionevolmente ritenere contrastante con la normativa comunitaria la prassi (e quindi quella lex specialis che lo preveda) in forza della quale l’operatore economico è tenuto a fornire spontaneamente in un dato momento della procedura (giacché la norma codicistica nulla dice con riferimento al momento) la prova dei provvedimenti di ravvedimento operoso adottati per dimostrare la sua affidabilità nonostante l’esistenza, nei suoi confronti, di un motivo di esclusione facoltativo

(CGUE, C-387/19 del 14.1.2021)