Appalti verdi: il Consiglio di Stato fa il punto sui CAM, si tratta di veri e propri obblighi per le stazioni appaltanti

Appalti verdi: il Consiglio di Stato fa il punto sui CAM, si tratta di veri e propri obblighi per le stazioni appaltanti In tema di appalti verdi, con l’espressione “criteri ambientali minimi” – i c.d. CAM – si intendono i requisiti minimi attraverso cui le stazioni appaltanti individuano le soluzioni progettuali, i prodotti o i servizi migliori dal punto di vista ambientale.

A tal riguardo, l’art. 34 d.lgs. 50/2016 stabilisce come le amministrazioni appaltanti debbano indicare, negli atti di gara, non solo le specifiche tecniche e le clausole contrattuali connesse ai criteri ambientali minimi, ma anche che le predette specifiche tecniche e clausole contrattuali debbano essere tenute nella dovuta considerazione al momento della redazione degli atti di gara (nel caso in cui la procedura sia aggiudicata con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa).

Nella fattispecie oggetto della pronuncia in commento, il Consiglio di Stato interviene a ricordare come la ratio sottesa ai CAM è garantire che la politica in tema di appalti c.d. verdi sia non solo quella di ridurre l’impatto ambientale delle procedure, ma anche quella di promuovere modelli di occupazione più sostenibili.

Più nel dettaglio, nel caso sottoposto all’attenzione dei giudici, a seguito dell’aggiudicazione di una gara per il servizio di ristorazione collettiva, l’impresa quarta classificata aveva impugnato il provvedimento di aggiudicazione unitamente agli atti di gara ad esso connessi (nello specifico, il bando di gara). La ricorrente lamentava che la lex specialis di gara fosse in contrasto con il dettato dell’art. 34 d.lgs. 50/2016, nonché con il decreto del Ministero dell’Ambiente del 10 marzo 2020 (titolato “Criteri ambientali minimi per il servizio di ristorazione collettiva e fornitura di derrate alimentari”). Secondo la ricorrente, infatti, le disposizioni della lex specialis di gara erano state redatte senza tenere nella dovuta considerazione né le specifiche tecniche e le clausole contrattuali contenute nel citato D.M, né l’applicazione dei CAM.

Il ricorso era stato dichiarato inammissibile dal TAR, secondo cui la ricorrente avrebbe avuto, da un lato, l’onere di impugnare immediatamente il bando di gara, dall’altro avrebbe dovuto formulare specifiche censure nei confronti delle partecipanti che la precedevano in graduatoria (essendosi, la ricorrente, classificata quarta).  Il Collegio concludeva, pertanto, che: 1) “l’omesso rispetto dei CAM per il servizio posto in affidamento non ha integrato una condizione direttamente impeditiva per la partecipazione alla gara, non ne ha precluso l’utile partecipazione, né l’omesso rispetto dei CAM ha reso impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla procedura”; 2) “dolersi solo in seguito all’aggiudicazione di carenze del bando facilmente rilevabili per un operatore professionale del settore (…) costituisce all’evidenza una chiara ipotesi di “venire contra factum proprium” (così TAR Puglia Bari, Sez. II, 23.11.2021, n. 1702).

I giudici di Palazzo Spada non hanno condiviso le conclusioni del Collegio di prime cure.

In primo luogo, secondo i giudici, non merita condivisione l’assunto secondo cui il ricorso sarebbe inammissibile: per costante giurisprudenza, le uniche due circostanze che richiedono una immediata impugnazione della lex specialis di gara sono quelle della presenza, in tali atti, di una clausola immediatamente escludente ovvero che non consenta la presentazione di alcuna offerta (ex multis, cfr. Cons. St., A.P., 26.4.2018 n. 4).

Con specifico riguardo al caso di specie, quindi, il Consiglio di Stato ha riconosciuto come la non conformità della lex specialis di gara al dettato dell’art. 34 d.lgs. 50/2016 non sia tale da determinare l’obbligo di una immediata impugnazione del bando di gara “non ricadendosi nei casi eccezionali di clausole escludenti o impeditive che, sole, consentono l’immediata impugnazione della lex specialis di gara” (in questi termini, cfr. Cons. St., Sez. V, 3.2.2021 n. 972).

Ne deriva, pertanto, che la presentazione di un’offerta in una simile ipotesi non determina acquiescenza alle disposizioni di gara: il partecipante ben potrà, infatti, impugnare il bando di gara all’esito della procedura stessa.

Tanto premesso, il Consiglio di Stato ha evidenziato come la lex specialis di gara fosse stata formulata in maniera non rispettosa della normativa vigente: i CAM erano stati utilizzati unicamente sul piano dei punteggi aggiuntivi per i servizi migliorativi.

Secondo i giudici, relegare i CAM a mero elemento utile per l’attribuzione di punteggi aggiuntivi significa legittimare la possibilità di aggiudicare la gara ad un operatore la cui offerta sia in toto non rispettosa dei criteri di cui all’art. 34 d.lgs. 50/2016.

Il Consiglio di Stato ha infatti ricordato che le disposizioni in materia di CAM non costituiscono un mero impegno programmatico, ma costituiscono dei veri e propri “obblighi immediatamente cogenti per le stazioni appaltanti, che sono tenute ad inserire il requisito ambientale sin dalla definizione dell’oggetto dell’appalto, garantendo così il rispetto dei CAM a tutti gli offerenti.

La ratio di tale obbligatorietà è riconducibile all’esigenza di garantire che “la politica nazionale in materia di appalti pubblici sia incisiva non solo nell’obiettivo di ridurre gli impatti ambientali, ma nell’obiettivo di promuovere modelli di produzione e consumi più sostenibili” (così, Cons. St., Sez. V, 5.8.2022, n. 6934). Ricorda a tal proposito il Collegio che la disciplina dei CAM contribuisce a connotare “l’evoluzione del contratto d’appalto pubblico da mero strumento di acquisizione di beni e servizi a strumento di politica economica: in particolare, come affermato in dottrina, i cc.dd. green public procurements si connotano per essere un “segmento dell’economia circolare””.

Nel caso in esame, dunque, ciò che rappresenta un obbligo di legge era stato relegato dalla stazione appaltante ad una mera possibilità rimessa agli offerenti, rientrante nell’alea delle offerte migliorative.

Sicché il fatto che l’aggiudicataria avesse comunque offerto in gara prodotti biologici e avesse dichiarato di possedere certificazioni idonee a minimizzare l’impatto ambientale nella fase esecutiva della commessa, non è stato ritenuto idoneo a superare l’invalidità a monte del bando di gara.

Il Consiglio di Stato ha così accolto il ricorso e la relativa domanda volta alla declaratoria di inefficacia di tale contratto, con conseguente obbligo di rinnovo della gara, ritenendo “necessario ai fini della tutela dell’interesse pubblico portato dalle norme violate ripetere la procedura di gara, previa emenda del vizio”.

(Cons. St., Sez. III, 14.10.2022, n. 8773)