I diritti edificatori e la cessione di cubatura: come tutelare il cessionario da eventuali “intoppi”?
Il tema dei diritti edificatori e della loro circolazione rappresenta un aspetto cruciale nella disciplina urbanistica e contrattuale, con implicazioni significative per i rapporti tra privati e per la gestione del territorio. La cessione di cubatura, in particolare, si configura come uno strumento giuridico che consente il trasferimento della capacità edificatoria da un fondo all’altro, permettendo di ottimizzare le potenzialità edificatorie all’interno di un contesto regolato da norme urbanistiche.
Natura e caratteristiche dei diritti edificatori.
La circolazione dei diritti edificatori si è consolidata negli ultimi anni grazie a importanti pronunce giurisprudenziali e interventi normativi, come l’introduzione, con il DL Sviluppo del 2011, del comma 2bis all’art. 2643 che inserisce il negozio traslativo di volumetria tra gli atti soggetti a trascrizione. Tuttavia, permangono ambiguità interpretative, soprattutto in relazione alla qualificazione giuridica di tali diritti e al loro inquadramento nel sistema delle obbligazioni.
I diritti edificatori si distinguono per la loro natura patrimoniale, spesso definita compensativa, e per la loro autonomia rispetto al fondo cui afferiscono. Nonostante siano strettamente connessi alle prescrizioni urbanistiche, tali diritti non possono essere considerati diritti reali, poiché non comportano un vincolo diretto e perpetuo sul bene immobile. La loro trasferibilità dipende da un negozio giuridico che regola esclusivamente le relazioni tra privati, ma il loro effettivo utilizzo richiede l’intervento della Pubblica Amministrazione attraverso il rilascio di titoli abilitativi come il permesso di costruire.
La cessione di cubatura: un istituto tra autonomia privata e disciplina urbanistica.
La cessione di cubatura (o volumetria) è un negozio giuridico che consente a un privato di trasferire, in tutto o in parte, la capacità edificatoria del proprio terreno a un altro soggetto, a condizione che i fondi siano contigui e omogenei dal punto di vista urbanistico. Questo istituto, che opera su base contrattuale, si colloca al crocevia tra autonomia negoziale e regolamentazione pubblica. Da un lato, le parti possono liberamente disciplinare le modalità del trasferimento; dall’altro, l’efficacia concreta dell’operazione dipende dal rispetto delle norme urbanistiche e, in caso di sfruttamento edilizio della volumetria trasferita, dal rilascio del permesso di costruire maggiorato.
Un elemento distintivo della cessione di cubatura è la sua funzione di strumento di "micropianificazione", che consente una redistribuzione delle potenzialità edificatorie nell’ambito di un territorio limitato, senza incidere sulla pianificazione generale. Tuttavia, il margine di discrezionalità lasciato agli operatori privati deve sempre essere bilanciato con l’interesse pubblico alla tutela dell’equilibrio urbanistico e ambientale.
La decisione assunta dai Giudici con sentenza della Corte di Cassazione n. 12881 del 12 maggio 2024 può offrire un utile spunto per “sondare” eventuali tutele per l’acquirente della volumetria aggiuntiva.
I giudici, infatti, nel rigettare il ricorso per Cassazione della società acquirente che, dopo 3 anni dalla conclusione del contratto, chiedeva la risoluzione del contratto di cessione di cubatura per non aver potuto sfruttare la volumetria aggiuntiva a causa del diniego all’istanza di PdC maggiorato presentata, precisavano l’inidoneità del provvedimento della P.A. a costituire causa di inadempimento imputabile al cedente.
Sfide e prospettive: la gestione delle sopravvenienze.
È evidente, dunque, che una delle principali criticità che potrebbero emergere nella cessione di cubatura riguarda le sopravvenienze normative o fattuali che possono incidere sull’utilizzabilità della volumetria trasferita. Le variazioni nel quadro regolamentare, ad esempio, possono rendere impossibile l’ottenimento del permesso di costruire maggiorato, compromettendo l’equilibrio contrattuale tra le parti perseguito con la sottoscrizione del contratto di cessione di cubatura.
In tale contesto, l’art. 1467 c.c. potrebbe assume un ruolo centrale per la tutela della parte acquirente, e come strumento per affrontare l’eccessiva onerosità eventualmente sopravvenuta. Sebbene tale norma sia tradizionalmente applicata ai contratti ad esecuzione continuata o periodica, si potrebbe immaginare un’applicazione estensiva anche ai contratti ad effetti immediati, come la cessione di cubatura.
La possibilità di invocare la risoluzione - o la revisione contrattuale – potrebbe rappresentare una importante garanzia per il cessionario, la cui effettiva fruibilità della volumetria acquisita potrebbe divenire impossibile a causa di eventi imprevedibili o non imputabili alle parti.
La predisposizione di clausole di tutela già in fase di stipula contrattuale, poi, potrebbe ridurre il rischio di contenziosi. Tra queste, si potrebbero prevedere clausole di rinegoziazione che stabiliscano, ad esempio, meccanismi di revisione del prezzo o delle obbligazioni in caso di diniego del permesso di costruire. Questo approccio rafforzerebbe il principio di conservazione del contratto, garantendo maggiore stabilità nei rapporti tra le parti.
Qualche spunto di riflessione.
Come abbiamo visto, sono molteplici le implicazioni pratiche e teoriche del negozio di cessione di cubatura, inquadrata spesso come un istituto che combina flessibilità contrattuale e necessità di conformità alle regole pubbliche. L’applicabilità dell’art. 1467 c.c. in questo ambito solleva interrogativi di grande interesse, dal momento che consente di affrontare le criticità derivanti da sopravvenienze che alterano l’equilibrio originario del contratto.
Naturalmente, onde evitare di ricorrere al rimedio “demolitorio” della risoluzione contrattuale per eccessiva onerosità sopravvenuta, previsto dall’art. 1467 c.c., le parti ben potrebbero gestire le eventuali sopravvenienze attraverso l’inserimento di condizioni sospensive, che colleghino l’efficacia del contratto al rilascio del PdC maggiorato, collegato o meno ad un termine entro il quale il cessionario deve presentare la necessaria istanza di rilascio del Permesso.
Come si vede, l’inserimento di clausole di rinegoziazione nei contratti di cessione di volumetria – tra le quali possono annoverarsi clausole di revisione del corrispettivo o di condivisione del rischio - potrebbe rappresentare una soluzione pratica per prevenire contenziosi e garantire la conservazione del contratto anche in presenza di eventi sopravvenuti.
Insomma, la natura dei diritti edificatori mette alla luce le complesse dinamiche contrattuali del loro trasferimento e, al contempo, offre interessanti spunti per ragionare sui mezzi di tutela della parte acquirente che, per sopravvenienze esterne, potrebbe trovarsi con un tesoretto di volumetria “inutilizzabile”.