Co-progettazione e appalti pubblici: non è tutto risolto
La co-progettazione è finalmente un istituto che le pubbliche amministrazioni possono utilizzare con serenità? Gli enti del Terzo settore possono partecipare a un bando confidando su un quadro normativo relativamente stabile?
Apparentemente la risposta a queste domande può oggi essere positiva, dopo gli sviluppi degli ultimi anni, in cui – dopo la fase di incertezza seguita al parere del Consiglio di Stato del 2018 – l’autonomia della disciplina del Codice del Terzo settore si è progressivamente rafforzata, grazie alla sentenza della Corte costituzionale n. 131/2020, alle modifiche al Codice dei contratti pubblici da parte della l. n. 120/2020 e, da ultimo, alle nuove Linee guida ministeriali del marzo 2021.
In realtà, come si è avuto già modo di sottolineare, rimangono alcuni nodi sulla co-progettazione che nemmeno le Linee guida riescono a sciogliere e, purtroppo, anche in tali spazi di ambiguità si innesta una giurisprudenza del giudice amministrativo che non sembra prendere in considerazione l’evoluzione appena richiamata.
Infatti, iniziano ad accumularsi le sentenze che sembrano rifarsi direttamente al parere n. 2052/2018 del Consiglio di Stato, quasi come se gli sviluppi – anche normativi – degli ultimi anni non avessero avuto luogo (abbiamo commentato TAR Parma, n. 173/2021, e Cons. Stato, n. 6232/2021).
Da ultimo, un segnale preoccupante arriva dal TAR Basilicata, che ha ritenuto che un’istruttoria per la co-progettazione di interventi per il contrasto a situazioni di grave sfruttamento lavorativo in agricoltura costituisse un appalto pubblico. La questione è stata affrontata dal TAR in relazione al decorso del termine di deposito del ricorso, applicandosi secondo i giudici il termine del rito abbreviato proprio in quanto procedura riconducibile al Codice dei contratti pubblici.
Gli elementi che deporrebbero in tal senso, secondo la sentenza, sarebbero lo svolgimento di un confronto concorrenziale tra due soggetti per svolgere un servizio, oltre a co-progettarlo, e – soprattutto – il carattere oneroso della convenzione, sebbene sia previsto solo il rimborso delle spese.
Insomma, assume nuovamente centralità la nozione di onerosità della co-progettazione, sulla quale avevamo già messo in guardia. Infatti, il TAR Basilicata richiama la giurisprudenza nazionale e della Corte di Giustizia UE secondo cui un contratto non può esulare dalla nozione di appalto pubblico per il solo fatto che la remunerazione prevista sia limitata al rimborso delle spese sostenute (in particolare la sentenza fa riferimento a CGUE, Grande Sezione, 19/12/2012, n. 159, causa C-159/11).
La sentenza in esame non è condivisibile nella parte in cui riconduce la procedura di co-progettazione a un appalto pubblico. In tal senso depone anche la lettura dell’avviso che ha indetto l’istruttoria all’esame del TAR, reperibile online. La pronuncia però conferma l’urgenza e la centralità della questione della gratuità come elemento caratterizzante la co-progettazione, su cui non risultano dirimenti nemmeno le Linee guida ministeriali. Finché non si sarà chiarito questo aspetto, a parere di chi scrive, la co-progettazione non potrà dirsi salva.
Sarebbe in effetti importante iniziare a ragionare sul fatto che, forse, ciò che davvero caratterizza la co-progettazione non è un’asserita gratuità della stessa e nemmeno la compartecipazione alle spese dell’ente del Terzo settore con proprie risorse (di fatto annullabile con una semplice operazione matematica). Il dibattito dovrebbe, invece, incentrarsi su cosa davvero qualifica questi istituti e ne legittima una disciplina normativa peculiare, a partire dalla finalità civiche, solidaristiche o di utilità sociale degli enti e dall’interesse generale dell’attività.
Si tratta di una riflessione opportuna non solo perché è innegabile che per la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE la circostanza che sia previsto quale corrispettivo il mero rimborso delle spese non è dirimente per escludere un affidamento dall’applicazione della disciplina dei contratti pubblici, ma anche nell’ottica di tutelare gli enti del Terzo settore che partecipano a queste procedure.