La natura dei controlli sugli accordi contrattuali con le strutture accreditate
La natura dei provvedimenti di monitoraggio e controllo delle attività e prestazioni oggetto dei rapporti contrattuali con le strutture sanitarie private accreditate è particolarmente discussa e controversa.
Le Regioni, infatti, sono dotate di un potere di controllo e vigilanza sugli accordi contrattuali nell’ambito dell’attuale c.d. sistema delle 3 “A” (autorizzazione, accreditamento e, appunto, accordi contrattuali). In tale sistema, come è noto, a seguito del rilascio dell’autorizzazione, che, in presenza dei requisiti minimi richiesti, consente l’esercizio di attività sanitarie, può essere richiesto l’accreditamento, con cui viene riconosciuto lo status di potenziali erogatori di prestazioni sanitarie nell’ambito e per conto del Servizio Sanitario Nazionale, in presenza di requisiti ulteriori e compatibilmente con il fabbisogno determinato in sede di programmazione regionale (artt. 8-bis e ss. del d.lgs. n. 502/1992, come modificato d.lgs. n. 229/1999).
L’accreditamento permette poi la stipula di accordi contrattuali con le istituzioni regionali per l’individuazione dei volumi e della tipologia di prestazioni fruibili dagli utenti del SSN, in base ai programmi di fabbisogno periodicamente stilati a livello regionale e agli oneri finanziari da sostenere. Tali accordi definiscono anche le responsabilità e gli impegni reciproci, le tariffe e gli obiettivi specifici da perseguire, nonché i controlli sulle pattuizioni.
In tale sistema, le Regioni e le aziende unità sanitarie locali attivano un sistema di monitoraggio e controllo sulla definizione e sul rispetto degli accordi contrattuali da parte di tutti i soggetti interessati, nonché sulla qualità della assistenza e sulla appropriatezza delle prestazioni rese (art. 8-octies, d.lgs. 502/1992, più volte modificato). Inoltre, anche “al fine di realizzare gli obiettivi di economicità nell’utilizzazione delle risorse e di verifica della qualità dell’assistenza erogata”, sono previsti controlli analitici annui sulle cartelle cliniche e sulle schede di dimissione dei pazienti (art. 88, co. 2, l. n. 388/2000, come sostituito dall’art. 79, d.l. n. 112/2008).
Con riferimento alla natura di tali atti di controllo e monitoraggio, due recenti sentenze del Consiglio di Stato hanno capovolto le decisioni del TAR Lazio che avevano ritenuto che – ferma la giurisdizione amministrativa sugli atti che stabiliscono i criteri di esercizio del controllo – gli atti a valle, meramente applicativi di tali criteri, avrebbero natura di atti paritetici, sottraendo la relativa contestazione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di concessioni di pubblici servizi.
Le due sentenze in esame hanno sottolineato che i controlli di appropriatezza non esauriscono la loro funzione nella verifica dell’adempimento da parte del soggetto convenzionato alle obbligazioni derivanti dal rapporto concessorio di accreditamento, ma sono invece volti a perseguire obiettivi, di pubblico interesse, di economicità nell’utilizzo delle risorse e di verifica della qualità dell’assistenza erogata, a tutela del diritto alla salute.
Inoltre, il Consiglio di Stato ha escluso che il carattere vincolato dell’attività di controllo implichi di per sé l’assenza in capo all’amministrazione di una posizione di supremazia e dunque natura paritetica degli atti adottati, in qualche modo “trasformando” il potere in una categoria civilistica, assimilabile ad un diritto potestativo. Il potere vincolato, insomma, rimane comunque espressione di “supremazia” o di “funzione” e l’attività non cessa di essere attività autoritativa che si traduce in atti di natura (non paritetica ma) provvedimentale, sottoposti quindi alla giurisdizione del giudice amministrativo.
La diversa soluzione del TAR, evidenzia il Consiglio di Stato, ha anche il difetto di determinare una segmentazione del procedimento di controllo in varie sotto-fasi, frammentando il relativo contenzioso.
In conclusione, la valutazione di inappropriatezza delle prestazioni erogate non si limita al mero profilo patrimoniale, ma sta ad indicare l’espletamento del servizio sanitario in modo non conforme ai principi di efficienza, efficacia, economicità dell’azione pubblica, di garanzia della qualità delle prestazioni rese e di rispetto degli standard connessi ai livelli essenziali di assistenza. Poiché la contestazione della debenza dell’importo richiesto a titolo di sanzione nell’ambito dei controlli in questione porta con sé lo scrutinio sulla legittimità dell’attività provvedimentale autoritativa e tecnicamente discrezionale della P.A., secondo il Consiglio di Stato è giustificata la devoluzione della controversia alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.