Appalti pubblici. Il criterio di aggiudicazione deve rispettare l’autovincolo

Il criterio di aggiudicazione di un appalto pubblico prescelto dalla Stazione appaltante in una procedura di gara comporta sempre che la Pubblica amministrazione è obbligata al rispetto della legge di gara e deve individuare il contraente sulla scorta delle regole prescelte anche per l’individuazione della migliore offerta.

In altre parole, non può convertire una procedura selettiva in un affidamento diretto.

Facile dirsi, difficile a farsi, o almeno così pare visto quanto verificatosi in una controversia al quanto particolare che è stata affrontata dal TAR Lombardia.

In precedenza è stata affrontata la questione dei criteri di scelta (qui il link per una consultazione integrale del testo), istituto che desta numerose problematiche di carattere applicativo.

Nel caso esaminato una società, invece, ha adito il Giudice amministrativo lamentando, con un unico motivo di ricorso, l’illegittimità dell’aggiudicazione disposta da una Fondazione (organismo di diritto pubblico tenuto all’applicazione del Codice dei contratti) in favore di un altro operatore economico per l’appalto di fornitura di strumenti di precisione.

Il ricorrente, in particolare, assumendo di aver partecipato ad una richiesta di offerta (RDO) su piattaforma telematica (sistema dinamico di acquisizione), al termine della procedura riscontrava l’aggiudicazione dell’appalto in favore di uno dei concorrenti, nonostante la Società ricorrente avesse presentato la migliore offerta, vale a dire quella col prezzo più basso.

Dalla disamina dei fatti pare che l’Ente appaltante avesse indetto una procedura selettiva di importo non elevato (circa 39.000 euro) da aggiudicarsi col prezzo più basso, salvo poi modificare unilateralmente il criterio di aggiudicazione, affidando concretamente l’appalto ad un operatore economico col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa in palese inosservanza della legge di gara.

Secondo il Giudice amministrativo, la doglianza espressa dalla Società ricorrente è certamente fondata, potendosi ravvisare un’illegittimità della condotta dell’Ente appaltante.

Le ragioni a sostegno della fondatezza del ricorso sono alquanto interessanti.

Il Tar adito, innanzitutto, chiarisce un principio fondamentale che esiste nel Codice dei contratti pubblici così riassumibile: “la stazione appaltante è rigidamente vincolata alle previsioni della legge di gara, allo scopo di garantire la parità di trattamento (“par condicio”) dei partecipanti”.

A ragion del Giudice, i concorrenti devono sempre essere posti nelle condizioni di formulare offerte adeguate nel rispetto della legge di gara, le quali devono essere osservate dall’Amministrazione senza che la stessa possa introdurre modifiche nel corso della procedura: si tratta del cd. principio dell’autovincolo, declinato puntualmente nella pronuncia in commento con un richiamo ai principi del nuovo Codice dei contratti pubblici: “l’art. 30 del codice, recante i principi per l’aggiudicazione e l’esecuzione di appalti e concessioni, impone il rispetto, fra gli altri, del principio di “non discriminazione” e di quello di “correttezza” e tali principi sarebbero irrimediabilmente lesi se l’appaltante potesse modificare le regole di gara durante la fase di affidamento. Nel caso di specie l’appalto ha un importo a base di gara non elevato (39.000,00 euro), sicché l’Amministrazione pare essersi avvalsa della possibilità dell’affidamento diretto ai sensi dell’art. 1 comma 2 del DL n. 76 del 2020 convertito con legge n. 120 del 2020 … Quanto sopra non fa però venire meno l’obbligo del rispetto della legge di gara (c.d. autovincolo), considerato che il citato art. 1 comma 2 lettera a), sugli affidamenti per importi sino a 150.000,00 euro, richiama in ogni modo l’art. 30 del codice. Il rispetto dell’autovincolo, giova ribadire per ragioni di completezza espositiva, è confermato anche dal vigente codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 36 del 2023), che fra i principi fondamentali annovera quello dell’affidamento e della buona fede, per cui occorre tutelare l’affidamento dell’operatore economico sul legittimo esercizio del potere amministrativo (cfr. in particolare l’art. 5 del D.Lgs. n. 36 del 2023)“.

L’osservazione e la motivazione espressa dal Giudice amministrativo sono alquanto interessanti.

Oltre a ribadire che l’Amministrazione non può modificare le regole durante la fase di affidamento, il Tar precisa che l’Ente avrebbe potuto procedere all’affidamento diretto della commessa; tuttavia, laddove predilige una procedura selettiva, lo svolgimento della stessa deve avvenire secondo le regole prestabilite negli atti di gara, i quali, se indicano un preciso criterio di aggiudicazione, in forza del principio dell’autovincolo sussiste l’obbligo del rispetto dello stesso criterio e, conseguentemente, l’impossibilità di modificare la legge di gara da parte dell’Ente.

Appare molto interessante la prospettiva interpretativa del Giudice: sebbene trattasi di una procedura di gara indetta secondo la normativa emergenziale, lo stesso giunge a definire l’ambito applicativo del principio avvalendosi del contenuto del nuovo Codice, a dimostrazione di come alcuni principi (quello dell’autovincolo ne è un valido esempio) rappresentano ormai dei capisaldi del sistema giuridico degli appalti pubblici.

TAR Lombardia, Sez. II, 25 ottobre 2023, n. 2453