I dehors si possono allestire sugli stalli di sosta gratuiti?
Con una recente sentenza, il tribunale amministrativo romano si è pronunciato su un tema ricorrente nella Capitale: l’allestimento di dehors a servizio delle attività commerciali. Nel dettaglio, i Giudici sono stati chiamati a dirimere una controversia avente ad oggetto un’istanza di concessione di suolo pubblico per realizzare un dehors che avrebbe occupato, oltre al marciapiede, anche uno stallo di sosta gratuita.
Il collegio, nel respingere il ricorso, ha ritenuto che nessuna strada, nemmeno interzonale o di quartiere, possa essere sottratta alla destinazione a parcheggio per l’istallazione di un dehors, a prescindere dall’impossibilità di poter utilizzare il marciapiede da parte dei commercianti in quanto, per la sua dimensione, troppo piccolo.
Una disamina approfondita della fattispecie ci aiuterà a comprendere meglio quanto statuito dal Tribunale.
-
La vicenda sottoposta all’attenzione del TAR e le doglianze del privato.
La ricorrente è titolare di una pasticceria sita in un locale ad angolo. Data la particolarità della posizione del locale, ha presentato un’istanza di concessione per occupazione di suolo pubblico per l’allestimento di un dehors a servizio della sua attività, prevedendo l’istallazione di una pedana adiacente al marciapiede prospicente il locale ma la cui superficie sarebbe ricaduta anche sugli stalli di sosta gratuita.
Il Comune, rifacendosi alla DAC 21/2015 con cui l’Assemblea Capitolina aveva classificato e statuito la funzionalità della rete viaria comunale, ha respinto l’istanza data l’impossibilità di rilasciare concessioni di suolo pubblico sulla sede stradale della viabilità principale, al di fuori quindi del marciapiede. La commerciante decide di rivolgersi quindi al TAR per contestare il provvedimento di rigetto.
Nelle sue censure, la ricorrente ha asserito che il Comune avrebbe potuto applicare l’art. 12, co. 2 del Regolamento Capitolino sopracitato che prevede un’ipotesi di occupazione della sede stradale anche “all’interno di aree riservate alla sosta delimitate con elementi fissi ed aventi accessi ed uscite ben definiti a condizione che non riducano il numero di stalli di sosta tariffata eventualmente presenti”, quindi valevole nel caso di specie.
Oltre a contestare la qualificazione stradale con cui Roma Capitale aveva considerato la porzione di strada che la pedana avrebbe occupato, ha contestato anche la mancata distinzione tra una porzione di strada in cui vi sono degli stalli di sosta e una carreggiata stradale effettiva. Altresì, lamentava una violazione e falsa applicazione dell’art. 10-bis e dell’art. 20 della legge n. 241/1990, in quanto il provvedimento sarebbe stato adottato subito dopo la formazione del silenzio assenso a seguito della scadenza dei termini procedimentali indicati dal Regolamento adottato da Roma Capitale.
Infine, secondo la ricorrente la strada in cui è situato il locale avrebbe dovuto essere classificata come strada locale, di tipo E o F, per cui l’art. 20 del Codice della Strada, richiamato dalla P.A., prevede la possibilità di occupare la carreggiata, ove vi sia un percorso alternativo per il traffico.
-
La decisione del TAR e i principi in diritto.
I giudici hanno ritenuto il ricorso palesemente infondato.
L’articolo a cui la ricorrente fa riferimento e che consentirebbe, de facto, l’occupazione della sede stradale della viabilità principale, è un’ipotesi eccezionale rispetto alla regola generale (posta sempre dall’art. 12) che prevede: “Sulle sedi stradali della viabilità principale non sono consentite nuove occupazioni di suolo pubblico”.
L’eccezione a cui la ricorrente si riferisce e che prevede l’occupazione di spazi all’interno di aree riservate alla sosta delimitate, non si riferisce certo agli stalli di sosta che si trovano ai lati della careggiata, ma – come specificato dal giudice: “chiaramente e univocamente riferito a quelle aree di sosta laterali, talvolta presenti sulla viabilità principale, appositamente delimitate da marciapiedi o colonnine per creare un’area chiusa, carrabile nei soli limiti delle esigenze degli spazi di manovra e di sosta (cfr. in materia Tar Lazio sentenza n. 9811/2024)”.
Quindi, i giudici hanno escluso categoricamente che questa potesse considerarsi un’ipotesi di cui al 2 comma dell’art. 12 e rigettato il primo motivo.
Altresì, conformandosi al pacifico orientamento maggioritaria sul punto, il TAR ha respinto anche la censura della ricorrente che asseriva che il provvedimento fosse tardivo e che si fosse già formato il silenzio assenso sulla richiesta: i giudici, infatti, ritengono non si possa formato nessun silenzio assenso ai procedimenti di natura concessoria sui beni pubblici, occorrendo, invece un provvedimento espresso.
Ancora, con riferimento al fatto che la via dove è situato il locale dovrebbe essere qualificato diversamente, alla luce del Codice della Strada che prevede la possibilità di occupare la carreggiata, ove vi sia un percorso alterativo per il traffico, i giudici hanno rigettato questa censura asserendo che “la scelta dell’Assemblea Capitolina di operare, nell’attuale Regolamento OSP, un rinvio al generale concetto di “viabilità principale” di cui al P.G.T.U. (che dovrebbe riguardare la sicurezza della circolazione stradale), senza ulteriori specificazioni, anche per fissare il divieto di occupazioni commerciali, pur in assenza di un analogo divieto nel Codice della Strada, deve ritenersi legittima e preclusiva, tout court, di occupazione della sede stradale”.
Alla luce di ciò, il ricorso è stato respinto.