Dichiarazione inaffidabile determina di per sé l’esclusione
L’omessa dichiarazione dei precedenti penali di un rappresentante della società, anche se risalenti nel tempo e non indicati nel casellario giudiziario poiché estinti, costituisce di per sé causa di esclusione.
Infatti, il giudice di primo grado, con sentenza resa in forma semplificata, respinge il ricorso ritenendo che le condotte criminose, sebbene risalenti, debbano comunque essere dichiarate, altrimenti non sarebbe consentito alla stazione appaltante di svolgere una completa valutazione, anche in riferimento al lasso di tempo decorso.
In tal senso, è la netta posizione del Consiglio di Stato.
Nel caso di specie, il Collegio ha ritenuto che non vi fosse ragione per discostarsi dalla monolitica giurisprudenza amministrativa che interpreta le previsioni dell’art. 80, comma 5, lett. c del d.lgs n. 50/2016 come non a carattere tassativo, poiché la norma non contempla un numero chiuso di illeciti professionali, bensì comprende ogni vicenda oggettivamente riconducibile alla fattispecie astratta del grave illecito professionale.
Più precisamente, la causa dell’esclusione della concorrente dalla gara è ravvisabile non nella rilevanza ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c., ma nella mancata indicazione dei precedenti penali.
Tale omissione costituisce autonoma causa di esclusione, comportando l’impossibilità per la stazione appaltante di valutare completamente e consapevolmente l’affidabilità della concorrente. E’ chiaro che l’amministrazione debba essere messa in condizione di valutare qualsivoglia circostanza contra legem collegata all’esercizio dell’attività professionale, che possa ragionevolmente influenzare il processo valutativo, in ordine alla sussistenza dei requisiti di “integrità o affidabilità”.
In altri termini, una dichiarazione inaffidabile, a prescindere dall’elemento soggettivo sottostante, sia essa falsa o incompleta, è da ritenersi lesiva degli interessi tutelati dalla norma. Per tale pregiudizio, non rileva nemmeno il fatto che l’impresa meriti sostanzialmente di partecipare o di vincere, perché ad esempio più competitiva sul mercato.
Non ha ulteriormente pregio la tesi dell’appellante sull’illegittimità del provvedimento di esclusione derivante dall’obbligo per la stazione appaltante di vagliare la gravità dei precedenti penali omessi e motivare puntualmente al riguardo, nel caso in esame si trattava di condanna per violazione delle norme a tutela della sicurezza sul lavoro e condanna per truffa.
Infatti, la dichiarazione deve attestare il possesso dei requisiti di ordine generale e deve contenere tutte le sentenze di condanna, a prescindere dalla gravità del reato e della sua moralità professionale, la cui valutazione compete esclusivamente alla stazione appaltante (ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 02/03/2018 n.1299). Pertanto, il concorrente non può operare alcun filtro in merito alla rilevanza dei precedenti penali a suo carico, ai fini dell’ammissione alla procedura di gara.
Infine, non è condivisibile nemmeno l’argomentazione sull’assenza di coscienza e volontà da parte dell’interessato dell’omissione dichiarativa che da cui deriverebbe l’illegittimità del provvedimento di esclusione. Invero, ai fini dell’applicazione dell’art. 80, d. lgs. 50/2016 conta esclusivamente il fatto materiale ed oggettivo del falso, a prescindere dal dolo o dalla colpa. Né possono trovare applicazione in materia di appalti pubblici gli istituiti di natura penalistica del falso innocuo e del falso inutile, a tal proposito si ribadisce quanto suesposto che una dichiarazione falsa o incompleta è di per se inaffidabile e quindi causa legittima di esclusione dalla gara.