Divieto di ribasso nel costo della manodopera nel bando? Illegittima l’esclusione senza verifica di congruità
È illegittima l’esclusione automatica da una procedura ad evidenza pubblica disposta a carico di un’impresa che abbia operato un ribasso nel costo della manodopera senza una previa verifica di congruità, anche nell’ipotesi in cui il divieto operare ribassi su tale costo sia espressamente previsto nel bando di gara.
Lo ha precisato il TAR Valle d’Aosta, rammentando che le tabelle ministeriali, su cui è calcolato il costo della manodopera indicato dalla Stazione appaltante, esprimono un costo del lavoro medio e non rappresentano un limite inderogabile per gli operatori economici, bensì solo un parametro di valutazione della congruità dell’offerta, a differenza dei salari minimi, che non sono suscettibili di essere derogati in peius. Da tale assunto, ormai consolidato, circa il valore delle tabelle ministeriali, insomma, non è consentito alla Stazione appaltante discostarsi, nemmeno nel caso di un’espressa previsione nella documentazione di gara.
Né può condurre a una conclusione diversa la circostanza che il disciplinare di gara conteneva una clausola sociale di assorbimento del personale già operante alle dipendenze dell’aggiudicatario uscente, che la Stazione appaltante asseriva essere strettamente connessa con la prescrizione relativa all’inderogabilità del costo del lavoro, in quanto tale clausola deve essere interpretata conformemente ai principi di libertà di iniziativa imprenditoriale e di concorrenza.
Il TAR ha concluso sottolineando che, a fronte della non univocità delle disposizioni riguardanti la non ribassabilità del costo del lavoro e la clausola sociale, non era richiesta l’immediata impugnazione del bando di gara.