DL semplificazioni, modifiche agli artt. 2-bis e 3, co. 1, lett. d), D.P.R. 380/2001: ri-partenza per Piano Casa e Rigenerazione urbana?
Il DL semplificazioni torna sull’art. 2-bis del D.P.R. 380/2001, a distanza di poco più di un anno dallo “sblocca-cantieri” 2019. E lo fa con una norma che, almeno in apparenza, pare offrire una “ri-partenza” per Piano Casa e Rigenerazione Urbana.
Sembra, dunque, superarsi l’empasse potenzialmente derivante dalla lettura (restrittiva) offerta da Corte Costituzionale 70/2020 (di cui abbiamo parlato qui).
Vediamo, in particolare, la “sovrapposizione” (in grassetto il nuovo testo, barrato il testo “abrogato”) tra le due versioni del co. 1-ter dell’art. 2-bis D.P.R. 380/2001:
1-ter. In ogni caso di intervento che preveda la di demolizione e ricostruzione di edifici, anche qualora le dimensioni del lotto di pertinenza non consentano la modifica dell’area di sedime ai fini del rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, quest’ultima la ricostruzione, è comunque consentita nel rispetto nell’osservanza delle distanze legittimamente preesistenti purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell’area di sedime e del volume dell’edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell’altezza massima di quest’ultimo. Gli incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti per l’intervento possono essere realizzati anche con ampliamenti fuori sagoma e con il superamento dell’altezza massima dell’edificio demolito, sempre nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti. (…)
Siamo al cospetto di diverse novità.
In primo luogo, nel consentire la demo-ricostruzione nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti, il legislatore precisa ora che tale opzione non è legata al mantenimento dell’area di sedime e del volume preesistente né, tantomeno, all’altezza massima del fabbricato demolito
In secondo luogo e conseguentemente, si precisa anche che tale norma di favore è applicabile anche per “ampliamenti fuori sagoma” finalizzati a sfruttare eventuali “incentivi volumetrici“.
Incentivi che potranno essere realizzati anche in soprelevazione con il solo limite delle “distanze legittimamente preesistenti”. Peraltro, pare significativa la circostanza che il legislatore parli di “incentivi” volumetrici e non già di semplici “aumenti di cubatura”: si deve trattare, a stretto rigore, di premialità vere e proprie (e non, ad esempio, di eventuali residui di cubatura ammessi dal PRG).
La sostituzione edilizia – in alcune leggi regionali e dalla giurisprudenza amministrativa – ricondotta sostanzialmente alla nuova edificazione (così come, ai fini delle distanze, la mera soprelevazione) viene quindi incardinata, parrebbe, nella ristrutturazione edilizia.
Di ciò, peraltro, si trova coerente traccia anche nel nuovo art. 3, co. 1, lett. d), del D.P.R. 380/2001:
d) “interventi di ristrutturazione edilizia”, gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversa sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico. L’intervento può prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana. con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica (…)
Qui, infatti, il DL semplificazioni non solo ammette espressamente la modificabilità, in sede di ristrutturazione, delle caratteristiche planivolumetriche (il che costituisce un quid pluris rispetto alla sagoma, evidentemente), ma si apre anche – nei casi ammessi da legge o pianificazione – agli incrementi volumetrici (senza un limite fissato ex ante).
Siamo al cospetto di innovazioni sicuramente significative che segnano una nuova evoluzione del concetto di ristrutturazione edilizia (come detto, ricomprensiva anche della categoria, ancora innominata dal legislatore statale, della sostituzione edilizia).
Specularmente a quanto notato con riferimento all’art. 2-bis, co. 1-ter, si osserva come qui la novella legislativa parli di “incrementi di volumetria”, riconosciuti da legge o pianificazione, “anche [quindi: non solo] per promuovere interventi di rigenerazione urbana”. Dunque, in tal caso non occorre che si sia al cospetto di “incentivi” in senso stretto.
A far da contraltare a tali significative estensioni, troviamo, tuttavia, taluni “paletti maggiori” (sia nell’art. 2-bis co. 1-ter, sia nell’art. 3, co. 1, lett. d) per gli interventi da eseguirsi nelle zone A nonché in presenza di vincoli.
Ci si riferisce, in particolare, al nuovo ultimo periodo del co. 1-ter art. 2-bis:
Nelle zone omogenee A, gli interventi di demolizione e ricostruzione, sono consentite esclusivamente nell’ambito di piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati, di competenza comunale, fatte salve le previsioni degli strumenti di pianificazione urbanistica vigenti.
e al nuovo ultimo periodo dell’art. 3, co. 1, lett. d)
Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni nonché a quelli ubicati nelle zone omogenee A , gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell’edificio preesistente; soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria
Una prima notazione, che deriva dal raffronto tra le due disposizioni, appare necessaria: l’art. 2-bis, co. 1-ter ult. periodo, autonomamente letto, sembra voler prescrivere un divieto generale (relativo: “fatte salve le previsioni degli strumenti di pianificazione urbanistica vigenti“) di demoricostruzioni nelle zone A, se non disciplinato da strumenti attuativi. La norma sembra essere un refuso o una non lineare costruzione della frase (non concordano “gli interventi di demolizione e ricostruzione” con “sono consentite“, la presenza della virgola rende più che dubbio cosa sia consentito).
Inoltre, che la previsione sia da intendere come un “divieto generalizzato” di DR appare in contrasto con altri due indici interpretativi.
Il primo è che l’oggetto della norma (art. 2-bis) e della disposizione specifica (co. 1-ter) non è l’ammissibilità, o meno, degli interventi demoricostruzione, quanto, invece, il regime delle distanze in tali interventi.
Il secondo è che l’ultimo periodo del nuovo art. 3, co. 1, lett. d), non vieta le ristrutturazioni tramite demoricostruzione nelle zone A, semplicemente prevedendo che le stesse sono vincolate al mantenimento di “sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente” nonché all’assenza di “incrementi di volumetria”.
Dunque, potrebbe ritenersi che nelle zone A, in caso di demolizione e ricostruzione il mantenimento delle preesistenti distanze legittimamente esistenti sia possibile solo ove detti interventi siano contemplati dalla pianificazione urbanistica (attuativa o generale).
Resta comunque problematico il coordinamento con il nuovo ultimo periodo dell’art. 3, co. 1, lett. d), il quale, laddove ammette come ristrutturazione edilizia la demoricostruzione “fedelissima” (identità di sagoma, prospetti, sedime, planivolumetria, caratteristiche tipologiche) in zona A (nonché in presenzadi vincoli), dovrebbe comunque esser letto nel senso di abilitare il mantenimento delle preesistenti distanze legittime (proprio perché, appunto, di ristrutturazione si tratta).
Forse, un coordinamento potrebbe immaginarsi nel senso di ritenere che, in zona A, un intervento di demoricostruzione “non fedelissimo”, quindi non costituente ristrutturazione in base alla norma generale dell’art. 3, co. 1, lett. d), possa mantenere le distanze legittimamente preesistenti solo se a ciò abilitato dalla strumentazione urbanistica. Tale interpretazione, infatti, pare “tenere insieme” i due disposti esaminati.
Pare quindi verosimile (ed auspicabile) che in sede di conversione in legge vengano meglio chiariti i rapporti tra le due disposizioni.