Fase due al via, la mobilità urbana nell’emergenza
La cosiddetta fase due dell’emergenza coronavirus è al via e tra i tanti nodi da affrontare c’è quello del trasporto. Dal 4 maggio 2020, infatti, secondo i dati previsti dalle fonti governative oltre quattro milioni di italiani in più torneranno a muoversi per recarsi al lavoro.
Come sottolineato dalle associazioni di categoria, le principali criticità riguardano il mantenimento del distanziamento da parte dell’utenza, le misure all’uopo da adottare per garantire la sicurezza di addetti ed utenza, la competenza in materia di controlli e sanzioni. Si stima che il mantenimento di 1 metro di distanza anche all’interno dei mezzi di trasporto pubblici di linea comporti la riduzione dell’offerta sino al 25% rispetto alla capacità iniziale. Alla vigilia dell’atteso incremento della domanda tutte le grandi città sono pertanto chiamate ad approntare una nuova strategia per garantire la mobilità ed evitare il collasso.
Per quanto riguarda gli aspetti regolatori che maggiormente ci competono, allo stato, il quadro normativo vigente risulta composto dalle disposizioni generali contenute nella decretazione di urgenza nonché dalle singole norme approntate dalle regioni e a livello locale implementate dai protocolli previsti per specifici settori.
In particolare, nell’ambito della cornice delineata dal d.l. 23 febbraio 2020, n. 6 e dal d.l. 25 marzo 2020, n. 19, il DPCM del 26 aprile 2020 ha implementato le misure di sicurezza generali con cui all’art. 3 è “fatto obbligo sull’intero territorio nazionale di usare protezioni delle vie respiratorie nei luoghi chiusi accessibili al pubblico, inclusi i mezzi di trasporto e comunque in tutte le occasioni in cui non sia possibile garantire continuativamente il mantenimento della distanza di sicurezza” mentre il comma 1 del medesimo articolo alla lett. f) statuisce che le aziende di trasporto pubblico anche a lunga percorrenza adottano interventi straordinari di sanificazione dei mezzi, ripetuti a cadenza ravvicinata.
Anche per le aziende che operano nel settore dei trasporti e che, sebbene la domanda sia diminuita anche del 90% in molte aree d’Italia, non hanno sospeso la propria attività, trova applicazione l’art. 2 comma 6 che prevede l’obbligatorietà del Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro sottoscritto il 24 aprile 2020 fra il Governo e le parti sociali.
Il medesimo dispositivo prevede altresì specifiche misure per le aziende del settore trasporti contenute nel Protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del COVID-19 nel settore del trasporto di cui all’allegato 8 del DPCM in menzione.
Dal combinato disposto delle suddette norme e delle linee guida emanate dal MIT risulta che le aziende impegnate nel trasporto pubblico saranno obbligate ad adottare, numerose misure tra cui: il contingentamento degli accessi al fine di consentire il mantenimento della distanza di un metro; l’obbligo di informazione degli utenti relativamente al corretto uso dei dispositivi di protezione individuali; nei casi in cui non sia possibile mantenere la distanza di almeno un metro si prevede l’obbligo di utilizzo dei dispositivi di protezione ovvero, in subordine, dei separatori di posizione.
Per il trasporto pubblico locale sono disposti flussi separati di salita e discesa dei passeggeri, applicazione di marker sui sedili non utilizzabili a bordo dei mezzi. Il monitoraggio dei flussi sarà garantito da apparati di videosorveglianza, viene sospesa la vendita dei titoli di viaggio a bordo, il conducente avrà la facoltà di non effettuare fermate qualora il convoglio risulti già pieno.
Per i servizi di trasporto non di linea, quali i taxi, è introdotto il divieto per il passeggero di occupare il sedile accanto al conducente, mentre sui sedili posteriori possono sedere un massimo di due passeggeri a condizione che questi siano muniti di dispositivi di sicurezza. Le vetture omologate per il trasporto di sei o più persone possono trasportare sino a due persone per fila purché munite di mascherine.
Tutto il personale impegnato nei servizi di trasporto è obbligato ad usare dispositivi di protezione individuale.
L’implementazione della suddetta normativa non è scevra dalle criticità richiamate in apertura. Ed invero rimane il dubbio circa l’individuazione delle autorità preposte ad assicurare il rispetto del distanziamento nel trasporto pubblico. L’articolo 4 d.l. 25 marzo 2020 n. 19, prevede, salvo che il fatto costituisca reato, sanzioni amministrative, pecuniarie ed accessorie come la sospensione del servizio in caso di mancato rispetto delle suddette misure. Tuttavia, in mancanza di una specifica disposizione in tal senso, sembrerebbe infatti che il personale delle aziende di trasporto non abbia potere sanzionatorio diretto nei confronti dei passeggeri e che invece dei controlli siano investiti l’ispettorato del lavoro e le forze dell’ordine individuate dalla circolare del 2 maggio 2020 del Ministero dell’Interno.
Per quanto riguarda le disposizioni da adottarsi a livello locale, l’art. 1 lett. ff) del DPCM 26 aprile 2020 prevede che il Presidente di ciascuna regione debba disciplinare la programmazione del servizio erogato dalle aziende del trasporto pubblico locale, anche non di linea, nell’ottica di una alla riduzione e alla soppressione dei servizi in relazione agli interventi sanitari necessari per contenere l’emergenza COVID-19.
Per l’effetto, tra i primi provvedimenti ad essere emanati, si richiama l’ordinanza del Presidente della Regione Lazio N. Z00037 del 30 aprile 2020 che ha fissato al 50% il carico massimo di ciascun mezzo di trasporto pubblico, l’utilizzo di dispenser disinfettanti e l’igienizzazione quotidiana delle superfici dei luoghi di accesso al pubblico.
Alla luce delle misure richiamate sembra inevitabile che la tenuta del sistema di mobilità nelle città passi per una corretta correlazione con il trasporto privato, con i mezzi di micromobilità alternativa e con i servizi di sharing.
Al riguardo, l’amministrazione di Roma Capitale ha annunciato la realizzazione di 150 km di piste ciclabili con segnaletica leggera. Per incentivare i sistemi di mobilità condivisa, inoltre, la Giunta capitolina ha approvato le nuove linee guida per lo svolgimento dei servizi di sharing “a flusso libero” mediante monopattini, prevalentemente elettrici. Secondo le anticipazioni fornite dall’Amministrazione, tutti gli operatori interessati a fornire il servizio dovranno rispettare standard minimi, come il limite di mezzi (minimo 750 e massimo 1000 mezzi per operatore per una flotta totale ammessa di 16.000 unità) le aree di attività, e regole sulla circolazione e la sosta simili a quelle già previste per le biciclette. Presto sarà pubblicato un avviso per le manifestazioni di interesse.