La formula inversamente proporzionale per il prezzo negli appalti pubblici può essere una scelta ragionevole
Le formule matematiche per l’attribuzione del punteggio agli elementi quantitativi dell’offerta – fra cui, in particolare, la componente prezzo – potrebbero sembrare a prima vista un aspetto degli appalti pubblici difficilmente oggetto di contenzioso. Si tratterebbe però di un’impressione errata, in quanto non mancano i casi in cui il giudice amministrativo si è dovuto esprimere sulla legittimità delle formule individuate dalle stazioni appaltanti nella documentazione di gara.
Le amministrazioni, infatti, si trovano a poter scegliere tra diverse formule per la trasformazione del valore offerto (che sia un ribasso o un valore assoluto) in un punteggio, con una scelta niente affatto neutra, poiché l’applicazione di formule diverse potrebbe anche dare luogo a graduatorie finali diverse, valorizzando alcuni aspetti o penalizzandone altri e dunque favorendo un concorrente rispetto ad un altro. Vi sono formule, ad esempio, che premiano i ribassi aggressivi ed altre che li scoraggiano: si tratta, appunto, di una scelta discrezionale della stazione appaltante.
Una delle contestazioni che viene talvolta mossa ad alcune tipologie di formule è quella di determinare un eccessivo appiattimento dei punteggi attribuiti alle offerte economiche.
In un recente caso sottoposto al Consiglio di Stato, ad esempio, veniva contestata la formula per attribuire il punteggio alla componente prezzo per cui: “punteggio economico = 30 x prezzo più basso tra quelli validi presentati/prezzo offerto della ditta concorrente”.
La sentenza segnala, innanzitutto, la presenza di due distinti orientamenti giurisprudenziali.
Secondo il primo, nelle gare in cui all’offerta economica si affianchi anche l’offerta tecnica, per evitare uno svuotamento di efficacia sostanziale della componente economica dell’offerta, le formule matematiche di attribuzione di punteggi non dovrebbero mai avere l’effetto di sterilizzare le differenze fra i ribassi offerti.
Invece, per il secondo orientamento, cui aderisce la sentenza in esame ritenendolo più recente e ormai prevalente, le formule matematiche volte a rendere marginale il peso degli elementi economici non sarebbero al momento irragionevoli. Infatti, nell’attuale contesto in cui il Codice dei contratti pubblici reca una preferenza per la valutazione di natura qualitativa, a differenza del Codice del 2006, vigente nella maggior parte dei casi che avevano dato luogo all’orientamento opposto.
In particolare, la formula in esame, che vede al numeratore il prezzo minimo e al denominatore il prezzo offerto dal concorrente, preserva comunque una correlazione di tipo proporzionale tra il prezzo offerto e il punteggio attribuito, per cui al ridursi del prezzo offerto, il punteggio aumenta. Pur non permettendo mai per sua natura l’attribuzione di un punteggio pari a zero, la formula consente di attribuire il punteggio massimo al concorrente che abbia offerto il prezzo più basso e un punteggio progressivamente inferiore ai concorrenti che abbiano offerto un prezzo via via più alto.
Pertanto, una formula c.d. inversamente proporzionale che, per l’assegnazione dei punteggi economici nell’ambito di una gara da aggiudicare secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, prenda quale punto di riferimento per lo sviluppo del calcolo matematico i prezzi proposti dai concorrenti anziché i ribassi sulla base d’asta non è di per sé manifestamente abnorme o irragionevole perché, sebbene non comporti eccessive differenziazioni tra le singole offerte (pure a fronte di ribassi apprezzabilmente diversi), garantisce comunque un collegamento proporzionale tra l’entità del ribasso e l’attribuzione del punteggio. Nel caso di specie, peraltro, la forbice tra i punteggi, atteso lo scarto considerevole tra il ribasso più alto e quello dell’aggiudicataria, è stata comunque di quasi 9 punti.
La formula in esame, quindi, con la chiara finalità di attribuire decisiva rilevanza alle componenti qualitative dell’offerta a scapito di quelle economiche, non le comprime eccessivamente ed è secondo il Consiglio di Stato legittima e pienamente giustificata in un appalto ad elevato tasso tecnico e in cui devono prevalere gli aspetti qualitativi, come quello del caso sottoposto al suo esame (servizio di cure domiciliari di primo e secondo livello).
Cons. Stato, Sez. III, 14/12/2021, n. 8353