Il Lodo Bernardo vive ancora? Il dubbio della Corte costituzionale sul danno erariale all’immagine

Rimane controversa l’azione per il risarcimento del danno all’immagine della P.A.: recentemente, la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 51, commi 6 e 7, del Codice di giustizia contabile (d.lgs. n. 174/2016), sollevata dalla Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la regione Liguria, nella parte in cui esclude l’esercizio dell’azione risarcitoria da parte del PM contabile nei confronti dei pubblici dipendenti che abbiano commesso un reato “a danno” della Pubblica Amministrazione dichiarato prescritto con sentenza passata in giudicato, ma pienamente accertativa della responsabilità dei fatti. La Sezione della Liguria, infatti, si era confrontata con il caso di un ufficiale della Polizia di Stato condannato per violenza privata aggravata per abuso di ufficio con riferimento all’utilizzo di spray urticante contro alcuni manifestanti durante il G8 di Genova nel 2001. Si trattava quindi di un reato non rientrante fra quelli cui il d.l. n. 78/2009 (c.d. Lodo Bernardo) aveva circoscritto la proponibilità dell’azione risarcitoria per danno all’immagine e, per di più, prescritto.

La Sezione ha sollevato la questione ritenendo che l’esclusione dell’azione risarcitoria ad opera del PM contabile nel caso di reati prescritti fosse in contrasto con gli artt. 3, 76, 97 e 103 della Costituzione, in quanto escludere l’azione risarcitoria per il mero decorso del tempo, che porrebbe l’Amministrazione in una posizione dissimile rispetto a quella dei privati, con il conseguente restringimento del perimetro della responsabilità dei dipendenti pubblici.

La Corte costituzionale non ha esaminato nel merito la questione della prescrizione del reato, in quanto ha ritenuto che l’inadeguata ricostruzione normativa operata dal giudice a quo impedisse di valutare la rilevanza dell’azione. La Corte dei conti remittente, infatti, ha dato per scontata l’interpretazione per cui il Codice di giustizia contabile, avendo abrogato l’art. 7, l. n. 97/2001, cui rinviava l’art. 17, co. 30-ter, d.l. n. 78/2009, avrebbe reso impossibile prendere a riferimento tale norma per l’individuazione dei casi in cui le procure contabili possono esercitare l’azione risarcitoria.

La Corte costituzionale ha ritenuto che il giudice a quo avrebbe invece dovuto vagliare anche la possibilità che tale rinvio, nonostante l’abrogazione dell’art. 7, non sia privo di effetti, sopravvivendo la previsione che circoscriveva i reati a quelli espressamente indicati. In tale ipotesi, nei confronti dell’Ufficiale di Polizia in questione non si sarebbe comunque potuto procedere, non rientrando il reato a lui ascritto fra questi.

L’interpretazione ventilata dalla sentenza della Corte costituzionale non convince chi scrive: il Codice di giustizia contabile non ha solo abrogato l’art. 7, l. n. 97/2001, ma lo ha anche sostituito con una disposizione simile, ma diversa, l’art. 51, che sembra indicare il chiaro intento del Legislatore di allargare il novero dei reati rilevanti a tutti quelli commessi “a danno” della P.A.

In ogni caso, la questione dell’azione risarcitoria per reati prescritti rimane ancora aperta.

Corte cost., 19/07/2019, n. 191