Influencer Marketing. Cosa cambia dopo il caso Ferragni-Balocco

Un nuovo caso ha investito il mondo del commercio di articoli natalizi e il mondo degli influencer, vedendo come protagonista anche la celeberrima Chiara Ferragni.

Nonostante il clamore mediatico, può essere utile iniziare con una veloce ricapitolazione dei fatti.

Al termine della campagna promozionale del pandoro Balocco “Pink Christmas” prodotto in collaborazione con Chiara Ferragni, l’Antitrust ha aperto un’indagine nei confronti delle società Balocco S.P.A., Fenice e TBS Crew (le ultime rappresentanti i diritti di immagine dell’influencer Chiara Ferragni) per pubblicità ingannevole. Risulterebbe infatti che, sul cartiglio allegato al pandoro (e nei vari comunicati stampa/pubblicità sull’iniziativa), fosse riportato che “Chiara Ferragni e Balocco sostengono l’Ospedale Regina Margherita di Torino, finanziando l’acquisto di un nuovo macchinario che permetterà di esplorare nuove strade per le cure terapeutiche dei bambini affetti da Osteosarcoma e Sarcoma di Ewing”.

Ebbene tutto questo, secondo l’autorità, avrebbe indotto in errore i consumatori facendo ritenere che le vendite del prodotto influenzassero direttamente l’ammontare della donazione per l’Ospedale, quando invece la donazione era stata effettuata prima della messa in vendita nella misura di € 50.000 alla stipula del contratto di licenza di marchio stipulato dalla Balocco nel novembre 2021. La donazione sarebbe poi stata sostanziata nel maggio 2022 (ben prima quindi dell’inizio delle vendite).

Nelle more del giudizio ad oggi pendente è stata l’AGCOM a prendere parola evidenziando, nel comunicato stampa del 10 gennaio 2024, come abbia personalmente approvato le “Linee Guida sull’influencer marketing”. Non solo. Si è anche disposto l’avvio di un tavolo tecnico per la redazione di un codice di condotta per i Social Media Influencers che “prevederà sistemi di trasparenza e riconoscibilità degli influencer che dovranno essere chiaramente individuabili e contattabili”. Al tavolo tecnico oltre gli influencers pare sia prevista la partecipazione di non meglio identificati “intermediari” tra loro e le imprese.

Sebbene le linee guida non risultino ad oggi essere state ancora pubblicate, vi è che l’AGCOM avrebbe già pubblicato delle chiare indicazioni sulle misure da prendersi per regolare il fenomeno, e menzionando altresì quali content creators ne saranno i destinatari. Si indica infatti che saranno soggetti a tali norme i content creators con “almeno un milione di follower sulle varie piattaforme o social media su cui operano e hanno superato su almeno una piattaforma o social media un valore di engagement rate medio pari o superiore al 2% (ossia, che hanno suscitato reazioni da parte degli utenti, tramite commenti o like, in almeno il 2% dei contenuti pubblicati)”.

Tale proposito si pone in continuità con quanto descritto precedentemente nell’allegato A della delibera 178/23 che pare poter fornire un valido contributo per capire cosa ci si possa aspettare.

Intanto in tale documento si certifica come “L’ Autorità ritiene, che i soggetti qualificabili come influencer svolgono un’attività analoga o comunque assimilabile a quella dei fornitori di servizi di media audiovisivi sotto la giurisdizione nazionale ed essere direttamente responsabili del rispetto delle misure previste in materia di tutele” restituendo una classificazione del servizio svolto dalla categoria che ricordiamo, non è intrinsecamente di facile collocazione normativa.

La qualifica soggiace in realtà a specifici requisiti ma il più rilevante, a parere di chi scrive, si sostanzia nella generazione di contenuti in modo continuo e strutturato (con ciò pare intendersi l’esistenza di una struttura ad hoc per la creazione di contenuti su piattaforma). Pur tuttavia in assenza del requisito strutturale della disponibilità di un canale di condivisione, pare potersi applicare gli artt. 30, 37, 38 e 39 del Testo Unico dei Servizi Media e Audiovisivi e Radiofonici inerenti la tutela specialmente dei diritti fondamentali e dei minori.

Per quanto concerne le comunicazioni a scopo commerciale saranno in ogni caso applicabili gli artt. 43, 46, 47 e 48 dello stesso Testo Unico. Ad ulteriore tutela dei consumatori è disposto, dall’Autorità, di segnalare le pubblicità e i contenuti non adatti ai minori “tramite hashtag o pittogrammi dedicati da inserire in sovrimpressione ai contenuti stessi”.

E altresì ulteriormente rimarcata la necessità di aggiungere a tali comunicazioni a scopo commerciale nel testo o in sovraimpressione all’interno del contenuto medesimo la dicitura “ADV” o “pubblicità” e usare “ove disponibili, le funzionalità fornite dalla piattaforma per la condivisione di video per indicare che il contenuto contiene comunicazioni commerciali audiovisive.

Quindi, in attesa della pubblicazione ufficiale delle Linee guida sul settore, pare potersi intravedere già una chiara posizione dell’Autorità nella regolamentazione del fenomeno.