Informativa antimafia: la risoluzione del contratto non è automatica in pendenza dell’aggiornamento
Informativa antimafia: la risoluzione del contratto non è automatica in pendenza dell’aggiornamento
Con la recente sentenza n. 1937 del 10 marzo 2025, il Consiglio di Stato ha affrontato una questione di particolare rilievo nell’ambito dell’esecuzione dei contratti pubblici, affermando un principio destinato ad avere rilevanti ricadute operative per le stazioni appaltanti e per gli operatori economici coinvolti in procedimenti relativi all’informativa antimafia.
Il caso
L’appalto oggetto del contenzioso riguardava l’affidamento dei lavori di realizzazione di un edificio sanitario. L’impresa aggiudicataria, già colpita da informativa antimafia interdittiva, era stata ammessa al controllo giudiziario ai sensi dell’art. 34-bis del d.lgs. 159/2011, misura che aveva sospeso l’efficacia dell’interdittiva. Alla scadenza del controllo, l’impresa aveva tempestivamente presentato istanza di aggiornamento alla Prefettura, senza tuttavia ricevere riscontro nei termini. Ciononostante, la stazione appaltante aveva disposto la risoluzione del contratto, ritenendo nuovamente efficace l’interdittiva.
Tale provvedimento è stato impugnato con successo davanti al TAR Marche, che ne ha annullato gli effetti. La pronuncia è stata confermata in appello dal Consiglio di Stato.
La decisione del Consiglio di Stato
La decisione del Consiglio di Stato chiarisce che la risoluzione del contratto non è automatica nel caso in cui un’impresa già destinataria di un’interdittiva antimafia sia stata successivamente ammessa al controllo giudiziario e abbia, alla scadenza dello stesso, avviato il procedimento di aggiornamento della misura.
In particolare, la pendenza dell’aggiornamento ex art. 91, comma 5, d.lgs. 159/2011, attivato sulla base dell’esito favorevole del controllo giudiziario, impedisce di considerare il rapporto contrattuale automaticamente risolto, richiedendo invece una valutazione concreta da parte della stazione appaltante.
Secondo il Collegio, il possesso ininterrotto dei requisiti di moralità non può essere inteso in senso assoluto. La normativa antimafia, infatti, non prevede effetti retroattivi per l’aggiornamento dell’informativa, ma ne riconosce comunque la funzione di verifica attuale della sussistenza delle condizioni interdittive. Proprio per questo, nel tempo tecnico necessario alla conclusione dell’aggiornamento, l’Amministrazione non è vincolata a risolvere il contratto, ma può, se lo ritiene opportuno, sospenderne l’esecuzione ai sensi dell’art. 107 del d.lgs. 50/2016 (oggi art. 121 d.lgs. 36/2023), per poi decidere sul da farsi.
Inoltre, nella pronunci in commento viene valorizzato il fatto che la stazione appaltante era perfettamente consapevole, già in sede di aggiudicazione, della situazione dell’impresa e della temporaneità del controllo giudiziario, che sarebbe giunto a scadenza in corso d’opera. Nonostante ciò, l’Amministrazione non aveva adottato alcuna misura preventiva o istruttoria, ed ha poi scelto di risolvere il contratto sulla base di una sopravvenienza puramente formale, senza attendere l’esito dell’aggiornamento prefettizio.
Il Consiglio di Stato sottolinea come le disposizioni del d.lgs. 50/2016, ratione temporis applicabile al caso di specie, non prevedano la risoluzione obbligatoria in simili ipotesi, che non rientrano nei casi tassativi previsti dall’art. 108. Pertanto, la stazione appaltante conserva un margine di discrezionalità, che va esercitato tenendo conto non solo del quadro normativo, ma anche dello stato di esecuzione del contratto, dell’interesse pubblico e della collaborazione attiva dell’impresa.
Tale chiarimento trova applicazione anche rispetto la normativa vigente, considerato che le disposizioni dell’art. 108 del d.lgs. n. 50/2016 sono state sostanzialmente riprodotte, senza significative modifiche, nell’art. 122 del d.lgs. n. 36/2023.
Di conseguenza, la logica restrittiva nell’interpretazione delle cause di risoluzione automatica del contratto resta pienamente attuale, anche nel nuovo contesto normativo. Il legislatore, infatti, continua a prevedere la risoluzione obbligatoria solo in presenza di specifici presupposti tassativamente elencati, che non includono il caso – come quello di specie – in cui l’informativa interdittiva, originariamente sospesa per effetto del controllo giudiziario, riacquisti efficacia mero iure in attesa del completamento del procedimento di aggiornamento.
Ne deriva che, anche sotto il vigore del Codice del 2023, la stazione appaltante non è tenuta a risolvere automaticamente il contratto, ma deve esercitare un potere discrezionale.
Cons. St. Sez. III, 10 marzo 2025, n. 1937
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