La co-progettazione convince la Corte costituzionale
La co-progettazione dei servizi con gli enti del Terzo settore è stata negli ultimi anni al centro di un acceso dibattito, incentrato, in particolare, sul suo rapporto con gli istituti di cui al Codice dei contratti pubblici. Dopo il parere del Consiglio di Stato che, nel 2018, aveva ritenuto prevalesse sempre la disciplina sugli appalti pubblici, negli ultimi mesi vi erano stati alcuni segnali di apertura verso un riconoscimento dell’autonomia degli istituti collaborativi del Codice del Terzo settore (il parere Cons. Stato, Sez. atti norm., n. 3235/2019) e anche un riconoscimento del ruolo della co-progettazione nell’ambito della rimodulazione dei servizi sociali nel corso dell’emergenza sanitaria causata dal Covid-19 prevista dal decreto Cura Italia.
Un ulteriore passo in tale direzione è stato compiuto con una recente sentenza della Corte costituzionale che coglie l’occasione della questione di legittimità costituzionale di una norma della Legge della Regione Umbria sulle cooperative di comunità per svolgere un lungo excursus sugli istituti di coinvolgimento degli enti del Terzo settore.
La norma sottoposta al vaglio della Corte costituzionale prevede che la Regione disciplini le modalità di attuazione nei confronti delle cooperative di comunità della co-programmazione, della co-progettazione e dell’accreditamento previste dall’art. 55 del Codice del Terzo settore, adottando appositi schemi di convenzione-tipo tra tali peculiari soggetti e le amministrazioni pubbliche. Le cooperative di comunità, secondo la definizione della stessa legge regionale, hanno quale obiettivo la produzione di vantaggi a favore di una comunità territoriale definita, alla quale i soci promotori appartengono o che eleggono come propria. Si tratta di una tipologia di soggetto che, di per sé, non si colloca fra le tipologie di enti del Terzo settore rientranti nell’ambito di applicazione del Codice. Infatti, non sorprendentemente, la Corte costituzionale ha concluso – ritenendo possibile un’interpretazione della norma regionale conforme alla Costituzione – che, ove le cooperative di comunità assumano la forma di ETS (e, in particolare, quella di cooperativa sociale o di altra impresa sociale), allora queste rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 55 del Codice, essendone invece escluse negli altri casi.
La questione, a ben vedere, poteva forse essere risolta anche senza approfondire la tematica degli istituti di cui all’art. 55 del Codice del Terzo settore, ma, in ogni caso, è innegabile che la lunga parentesi contenuta nella sentenza avrà un peso significativo nell’effettiva applicazione futura di tali istituti e, in particolare, della co-progettazione.
Con un linguaggio denso di immagini e con molti richiami a precedenti della stessa Corte, la sentenza ricollega l’art. 55 del Codice del Terzo settore, sul coinvolgimento degli ETS da parte delle pubbliche amministrazioni, al c.d. principio di sussidiarietà orizzontale. In tale contesto, la sentenza valorizza l’attitudine degli ETS a partecipare insieme ai soggetti pubblici alla realizzazione dell’interesse generale, arrivando a parlare dell’instaurazione, grazie all’art. 55, di “un canale di amministrazione condivisa, alternativo a quello del profitto e del mercato” e di un modello che “non si basa sulla corresponsione di prezzi e corrispettivi dalla parte pubblica a quella privata, ma sulla convergenza di obiettivi”.
Sicuramente la sentenza è un positivo passo avanti nel riconsolidare l’utilizzo della co-progettazione. Dopo una presa di posizione di questo tenore da parte della Corte costituzionale, infatti, diventa difficile sostenere, come era stato fatto nel richiamato parere del Consiglio di Stato del 2018, che l’art. 55 vada disapplicato per incompatibilità con il diritto dell’Unione europea, anche in ragione del richiamo ad alcuni precedenti della Corte di giustizia UE contenuto nella stessa sentenza.
Al contempo, sicuramente le pubbliche amministrazioni – e gli enti locali in particolare – saranno sicuramente rassicurate nell’adoperare un istituto come la co-progettazione che, per quanto era previsto da norme vigenti, per un periodo di tempo è stato guardato con ingiustificato sospetto.
Al di là del linguaggio immaginifico e dei giusti richiami allo spirito collaborativo che caratterizza i rapporti degli enti del Terzo settore con la pubblica amministrazione, però, è importante sottolineare anche il valore concreto del ruolo di tali enti nella progettazione e nella gestione di servizi, del contributo di professionalità e know how che viene apportato a vantaggio degli enti pubblici e della rilevanza di tali servizi per gli utenti coinvolti e per i lavoratori impiegati. Probabilmente la prossima sfida per la co-progettazione è proprio quella di rendere misurabile tale valore, con modalità confacenti alla peculiarità del settore.