La responsabilità del social network per violazione del diritto alla privacy
Un profilo di significativa rilevanza connesso all’impiego dei social network e alla conseguente responsabilità in cui gli stessi possono incorrere è quello relativo alla possibilità che tali strumenti configurino una violazione del diritto degli utilizzatori alla riservatezza.
Siffatto diritto, inquadrabile nella sfera dei diritti personali, pur non essendo enunciato esplicitamente nella Carta costituzionale, è comunque desumibile dalla lettura di norme programmatiche in essa contenute, quali l’art. 2 (che stabilisce il principio di solidarietà sociale fra i cittadini) o l’art. 3 (preposto ad affermare il principio di eguaglianza).
Pertanto, l’indebita pubblicazione di contenuti offensivi dell’altrui riservatezza e reputazione su un social network è suscettibile di ledere, oltre ad una serie di norme stabilite in via ordinaria, anche un diritto costituzionalmente tutelato.
Inoltre questa violazione può generare, a carico del suo autore, conseguenze afferenti all’ambito del diritto penale (si pensi alle fattispecie di diffamazione) o a quello del diritto civile, configurando in quest’ultimo caso fattispecie di responsabilità extracontrattuale (risarcimento del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c.).
Gli utilizzatori dei social network, quindi, onde evitare di incorrere nelle violazioni sopra esposte, dovranno uniformare la loro condotta alla normativa specificamente dettata in tema di riservatezza e privacy prevista dal d.lgs. 101/2018 attuativo del GDPR europeo.
Sul tema si ricorda la nota pronuncia[1] del Garante per la Protezione dei Dati Personali, il quale si è pronunciato sull’ attività giornalistica svolta proprio sui social. Tale orientamento trova applicazione, seppur in via estensiva, anche a tutti gli altri utilizzatori (tra cui i privati cittadini) dei social network.
È però doveroso evidenziare come la tutela della privacy non possa comprimere il principio, anch’esso di rilievo costituzionale, che permette, in tutte le sue forme, la libera manifestazione di pensiero ex art. 21 Cost. Appare quindi necessario un bilanciamento tra detti principi costituzionalmente garantiti.
Non può che auspicarsi, dunque, un celere intervento del Legislatore che miri a configurare una responsabilità, da attagliarsi specificamente alla violazione della riservatezza sui social network, così da uscire dalle talvolta faticose e complesse interpretazioni estensive o analogiche.
[1] Aut. protez. dati personali, 6 maggio 2009, n. 1615317, secondo cui “La vigente disciplina in materia di protezione dei dati personali riserva all’attività giornalistica un regime speciale il quale consente al giornalista di diffondere i dati anche senza il consenso degli interessati ma nel rispetto dei limiti del diritto di cronaca e in particolare di quello dell’essenzialità dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico. Ciò posto tuttavia il giornalista è tenuto al rispetto di alcuni principi generali applicabili a qualunque tipo di trattamento di dati che si traducono nel dovere di trattare i dati personali in modo corretto verificando anzitutto la loro esattezza. In questo contesto, concretizza un trattamento in violazione delle disposizioni a tutela del diritto alla protezione dei dati e dell’identità personale, raccogliere informazioni non adeguatamente verificate e diffondere dati personali errati”.