La responsabilità professionale per l’attestazione “impossibile” dell’art. 34-ter del Salva Casa
La responsabilità professionale per l’attestazione “impossibile” dell’art. 34-ter del Salva Casa
Con l’art. 34-ter, il Salva Casa ha introdotto la possibilità di regolarizzare le varianti in corso d’opera realizzate in parziale difformità dal titolo edilizio, a condizione che quest’ultimo sia stato rilasciato prima dell’entrata in vigore della l.n. 10/1977.
Come previsto da tale disposizione, per questa tipologia di irregolarità è prevista una particolare forma di regolarizzazione mediante una SCIA “speciale” (in quanto può essere inibita anche per ragioni di pubblico interesse): l’accesso a tale particolare forma di regolarizzazione è possibile solo rispettando un preciso dato temporale e cioè che la variante “abusiva” sia stata realizzata in difformità ad un titolo edilizio rilasciato prima dell’entrata in vigore della l.n. 10/1077. Dunque, il dato temporale è assolutamente dirimente e deve essere adeguatamente comprovato dal tecnico, anche ricorrendo agli strumenti probatori ed indiziari previsti dall’art. 9 bis del d.p.r. 380/2001. In tal senso, è lo stesso art. 34-ter a richiamare quanto previsto dall’art. 9 bis ai fini dell’accertamento del momento di realizzazione dell’intervento ai fini dell’accesso alla regolarizzazione ex art. 34-ter.
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Quando è impossibile accertare l’epoca di realizzazione della variante.
La disposizione disciplina altresì l’ipotesi particolare in cui “sia impossibile accertare l’epoca di realizzazione della variante mediante la documentazione indicata nel primo periodo”: in questo caso, il tecnico è incaricato di attestare il periodo di realizzazione dell’intervento, mediante una propria dichiarazione, di cui si assume tutte le responsabilità. In caso di falsa o mendace dichiarazione, il tecnico sarà soggetto a tutte le specifiche responsabilità penali comprese quelli di cui al d.p.r. 445/2000.
Tale previsione ha creato un certo allarmismo in quanto sembrerebbe quasi voler scaricare gli oneri e le responsabilità di un’attestazione “impossibile” in capo al tecnico, lasciandolo soggetto a tutte le specifiche responsabilità, in particolare quelle penali. Tuttavia, a ben vedere, la disposizione appare – ad avviso di chi scrive – molto “equilibrata” sul tema, non giustificando l’allarmismo che si è generato intorno. Infatti, la disposizione ci dice chiaramente che, quando non è possibile accertare con precisione l’anno di realizzazione dell’immobile secondo i mezzi e i criteri dell’art. 9 bis, allora deve intervenire il tecnico il quale, in base alla sua esperienza e alle sue conoscenze dell’immobile, attesterà l’anno di realizzazione dell’immobile: si tratta dunque di un’attestazione rimessa alla “scienza e coscienza” del tecnico che, anche ricorrendo agli elementi di cui all’art 9 bis, potrà dichiarare l’anno di realizzazione dell’immobile.
Orbene, proprio perché si tratta di una valutazione assolutamente complessa, basata su dati incompleti, il tecnico risponde penalmente solo nel caso di “falsa o mendace dichiarazione”, dunque, solo nei casi in cui dolosamente ha reso una attestazione non veritiera. Proprio perché la norma attribuisce una grande “fiducia” al tecnico nell’accertamento del periodo di realizzazione, fornendogli in un certo senso “carta bianca” ai fini di tale accertamento, egli risponde penalmente solo se ha reso volontariamente una dichiarazione scorretta.
Per quanto riguarda le altre ipotesi di responsabilità, ivi comprese quelle professionali, è utile prendere in prestito i principi in materia di responsabilità professionale di cui all’art. 2236 c.c. Se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o di colpa grave. Orbene, proprio perché nel caso disciplinato dall’art 34-ter è evidente la complessità della questione (anzi, costituisce proprio il presupposto), il tecnico risponde solo nel caso in cui abbia reso una dichiarazione non corretta per dolo o colpa grave.
Tali affermazioni trovano ulteriore conferma ove si ritenga di assimilare il tecnico privato che rende un’asseverazione nella SCIA ad un tecnico comunale. In tal senso, se è vero che, nel momento in cui rende un’asseverazione, il tecnico privato svolge una funzione di “quasi” pubblico ufficiale, e comunque una funzione sostanzialmente analoga a quella di un tecnico della p.a., allora i regimi di responsabilità devo essere assimilati. Pertanto, come il pubblico dipendente innanzi alla Corte dei Conti, anche il tecnico privato, quando rende una asseverazione ex art. 34-ter, risponde per l’appunto solo per dolo o colpa grave.
Del resto, prescindendo da tali considerazioni, come potrebbe l’amministrazione contestare e provare che una dichiarazione ex art. 34-ter non è veritiera, se essa stessa non ha gli strumenti e gli elementi per accertare l’anno di realizzazione dell’immobile.
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Conclusioni sull’art. 34-ter
A valle di tali considerazioni, può dunque concludersi affermando che l’attestazione di cui art. 34-ter è rimessa, nel caso in cui non sia possibile attestare l’anno di realizzazione, completamente in capo al tecnico: attesa la complessità e l’importanza della attestazione che gli viene chiesta, egli risponderà penalmente e professionalmente solo nelle ipotesi più gravi e cioè solo nel caso in cui scientemente e dolosamente abbia reso una dichiarazione falsa.
A livello “pratico”, la soluzione prudenziale consigliata è quella per cui il tecnico renda una dichiarazione più completa e motivata possibile: lungi dal basarsi su moduli o formule “vuote” è opportuno che egli indichi tutti gli elementi sulla base dei quali ritiene di individuare l’anno di realizzazione dell’intervento. Così facendo, e dunque rappresentando tutti i passaggi del proprio ragionamento, nessuno potrà contestare mai una dichiarazione resa per dolo o per colpa grave: al massimo potrebbe trattarsi di una dichiarazione “sbagliata”, ma resa in totale buona fede e coscienza professionale: il che esclude ogni responsabilità.