L’Antitrust sanziona per 20 milioni di euro Apple e Google per uso illegittimo dei dati degli utenti ai fini commerciali
Google Ireland Ltd. e Apple Distribution International Ltd. sono state multate dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato per la violazione degli articoli del Codice del Consumo (artt. 20, 21, 22, 24, 25 D. lgs. 206/2005) per carenze informative e pratiche aggressive legate all’acquisizione e all’utilizzo dei dati dei consumatori per fini commerciali.
La multa comminata a ciascuna Società è pari a 10 milioni di euro, ossia il massimo edittale secondo la normativa vigente.
I servizi gratuiti che Google ed Apple offrono agli utenti sono tali solo in apparenza, atteso che, nella realtà, le due società chiedono in cambio i dati dei consumatori.
La pratica, di per sé non illegittima, induce gli utenti a cedere i propri dati automaticamente.
L’Antitrust ha sanzionato l’attività di raccolta dei dati dei propri utenti, operata da Apple, denunciando, in particolare, la personalizzazione delle attività promozionali al fine di accrescere il proprio profitto.
Pertanto, sebbene Apple non operi alcuna cessione di dati a terzi, tuttavia secondo l’Antitrust, ne sfrutta direttamente il valore economico, attraverso un’attività promozionale finalizzata ad incrementare la vendita dei propri prodotti per il tramite delle piattaforme commerciali App Store, iTunes Store e Apple Books.
Afferma infatti l’Autorità che “Apple, sia nella fase di creazione dell’ID Apple, sia in occasione dell’accesso agli Store Apple (App Store, iTunes Store e Apple Books), non fornisce all’utente in maniera immediata ed esplicita alcuna indicazione sulla raccolta e sull’utilizzo dei suoi dati a fini commerciali, enfatizzando solo che la raccolta dei dati è necessaria per migliorare l’esperienza del consumatore e la fruizione dei servizi”.
Apple viene dunque accusata di non consentire all’utente di scegliere preventivamente se condividere i propri dati a fini commerciali e infatti, prosegue l’Autorità, “Il consumatore viene condizionato nella scelta di consumo e subisce la cessione delle informazioni personali, di cui Apple può disporre per le proprie finalità promozionali effettuate in modalità diverse”.
Quanto a Google quest’ultima è stata sanzionata per ragioni pressoché analoghe, ossia per la mancanza di chiarezza sull’acquisizione e sull’utilizzo dei dati a fini commerciali. L’Antitrust ha evidenziato come, sia durante la creazione dell’account, che è indispensabile per l’utilizzo dei servizi, sia nell’utilizzo dei servizi stessi, Google ometta di fornire quelle informazioni che diversamente consentirebbero al consumatore di scegliere, consapevolmente, della cessione e dell’utilizzo dei dati (dai quali Google ne ricava un vantaggio economico).
In particolare l’Autorità sostiene che “Google pre-imposta l’accettazione da parte dell’utente al trasferimento e/o all’utilizzo dei propri dati per fini commerciali. Questa pre-attivazione consente il trasferimento e l’uso dei dati da parte di Google, una volta che questi vengono generati, senza la necessità di altri passaggi in cui l’utente possa di volta in volta confermare o modificare la scelta pre-impostata dall’azienda”.
Nel caso di Apple, invece, “l’attività promozionale è basata su una modalità di acquisizione del consenso all’uso dei dati degli utenti a fini commerciali senza prevedere per il consumatore la possibilità di scelta preventiva ed espressa sulla condivisione dei propri dati”.
La procedura di acquisizione predisposta da Apple, dunque, non rende possibile il pieno e consapevole esercizio della volontà del consumatore circa l’utilizzo dei propri dati per fini commerciali.
Il consumatore viene quindi condizionato nella propria scelta cedendo le proprie informazioni personali.
Le due società hanno annunciato la volontà di opporsi all’ammenda proponendo ricorso al Tar ed eccependo in primis un difetto di competenza dell’Antitrust in favore dell’Autorità Garante della Privacy.
L’Antitrust ha di contro ribadito la legittimazione del proprio diritto teso a valutare le pratiche commerciali scorrette di Apple e Google, ribadendo che la multa inflitta, pari a 10 milioni di euro per ciascuna Società, “non è un deterrente”. Ben più onerose sarebbero state le sanzioni da applicarsi (fino al 4% del fatturato annuo) qualora l’Italia avesse recepito la direttiva UE n. 2161 del 2019 (“che modifica la direttiva 93/13/CEE del Consiglio e le direttive 98/6/CE, 2005/29/CE e 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per una migliore applicazione e una modernizzazione delle norme dell’Unione relative alla protezione dei consumatori”).