Le Linee guida sul rapporto tra pubbliche amministrazioni ed enti del Terzo settore: la vera sfida inizia adesso
Le Linee guida sul rapporto tra pubbliche amministrazioni ed enti del Terzo settore e in particolare sugli istituti collaborativi disciplinati dal Titolo VII del Codice del Terzo settore (CTS), adottate dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, in seguito alla proposta di un apposito un gruppo di lavoro, erano molto attese e giungono a valle di un anno in cui la percezione collettiva di tali istituti è cambiata radicalmente.
Infatti, dopo una fase in cui gli istituti collaborativi con gli enti del Terzo settore erano stati guardati con sospetto, in seguito al parere del Consiglio di Stato che, nel 2018, aveva ritenuto dovesse prevalere sempre la disciplina sugli appalti pubblici, più di recente abbiamo visto segnali sempre più incisivi di rafforzamento dell’autonomia della disciplina del Codice del Terzo settore: a partire dal parere del Consiglio di Stato sullo schema di Linee guida ANAC sugli affidamenti di servizi sociali (Sez. atti norm., n. 3235/2019) e dalla previsione nel decreto Cura Italia della possibilità di utilizzare la co-progettazione nell’ambito della rimodulazione dei servizi sociali nel corso dell’emergenza sanitaria causata dal Covid-19, fino alla sentenza della Corte costituzionale che, in un lungo inciso, valorizza lo spirito collaborativo che caratterizza gli istituti in questione (Corte costituzionale, 26/06/2020, n. 131) e, infine, all’inserimento da parte della legge di conversione del decreto Semplificazioni (l. 11/09/2020, n. 120) di alcuni riferimenti al Titolo VII del Codice del Terzo settore – quello appunto che disciplina i rapporti con gli enti pubblici – nel corpo del Codice dei contratti pubblici.
In tale contesto, le nuove Linee guida, espressamente volte a offrire un’analisi degli istituti di cui agli artt. 55, 56 e 57 del CTS finalizzata a supportare gli enti pubblici nella concreta applicazione degli stessi, costituiscono sicuramente un passaggio significativo e gradito nel consolidarsi del percorso descritto.
Non a caso, del resto, il documento valorizza molto la ormai (si può dire) osannata sentenza C.cost. n. 131/2020 e si impegna nel sottolineare la distinzione tra i rapporti collaborativi e l’affidamento di appalti e concessioni di servizi, con un riferimento alla discrezionalità della pubblica amministrazione nella scelta della modalità di gestione che non può non ricordare le linee guida ANAC n. 32/2016.
Pur nel meritorio tentativo di fornire un supporto a chi dovrà impiegare in concreto gli strumenti questione, però, alcuni dei profili toccati dalle nuove Linee guida non raggiungono un livello di chiarezza tale da considerare conclusa la relativa riflessione. Ad esempio, nella richiamata distinzione fra appalti pubblici e istituti collaborativi, si ascrive ai primi, come loro caratteristica tipica, quella del riconoscimento di un corrispettivo idoneo ad assicurare un utile di impresa, senza confrontarsi con il consolidato orientamento che consente agli enti del Terzo settore di partecipare alle gare d’appalto senza dover dimostrare, nella verifica di anomalia, la sussistenza di un margine di utile.
Negli istituti collaborativi, invece, secondo le Linee guida, il rapporto con l’amministrazione si fonderebbe sulla reciproca messa a disposizione delle risorse funzionali al progetto, da concludersi con una rendicontazione finale delle spese. Qui – oltre al mancato confronto con l’orientamento della Corte di Giustizia UE che si ritrova ad esempio nella sentenza 11 dicembre 2017, C-113/13, c.d. Spezzino, pure richiamata dalle Linee guida, per cui un contratto non può esulare dalla nozione di appalto pubblico per il solo fatto che la remunerazione prevista sia limitata al rimborso delle spese – preoccupa la scarsa definizione delle risorse che ci si aspetta vengano fornite dagli ETS.
Ben venga, infatti, un apporto del privato in tali procedure e, in particolare, nella co-progettazione, ma è importante che si chiariscano meglio i relativi aspetti economici, in aggiunta al condivisibile rilievo delle Linee guida che riconduce le risorse messe a disposizione dalla pubblica amministrazione procedente ai contributi di cui all’art. 12, l. n. 241/1990.
È comprensibile la preoccupazione che affrontare l’aspetto delle risorse possa ricondurre il dibattito su un piano troppo vicino a quello degli appalti pubblici, ma non si può prescindere da una maggiore chiarezza sul punto, anche a tutela degli enti del Terzo settore che, per quanto “non profit”, non possono certamente operare in perdita, a discapito delle loro finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, oltre che del benessere dei loro lavoratori e soci, che soprattutto nelle cooperative sociali non può evidentemente passare in secondo piano.
Anche l’aspetto della tutela del know how degli ETS nella co-progettazione deve essere oggetto di adeguata riflessione e definizione, senza commettere l’errore di ritenere che non vi sia uno specifico bagaglio di esperienze, competenze e valore dietro la progettazione dei servizi oggetto di co-progettazione. Questo soprattutto nell’ipotesi – giustamente prevista dalla Linee guida – in cui la proposta progettuale a monte provenga da un ETS e venga resa dalla pubblica amministrazione oggetto di una successiva procedura comparativa (in cui non si prevede peraltro un “diritto di prelazione” del proponente, come accade invece in casi analoghi nella finanza di progetto di cui all’art. 183, co. 15 del Codice dei contratti pubblici), oppure nell’ipotesi di integrazione fra proposte di diversi enti, molto stimolante sulla carta, ma tutta da capire in concreto.
Ferma restando la vocazione solidale e collaborativa degli enti destinatari degli istituti in questione, insomma, gli stessi devono comunque essere tutelati nell’ambito delle relative procedure, o il rischio è che queste possano non risultare attrattive o che non vedano l’effettivo impiego della totalità delle energie di tali soggetti, che potrebbero essere portati a “risparmiarsi”, con un evitabile spreco di potenziale a danno della collettività.
A primo impatto, dunque, le Linee guida costituiscono un passaggio importante nel percorso grazie al quale oggi non si può davvero più dubitare della legittimità dell’utilizzo di questi strumenti così ricchi di potenziale, ma la sfida vera inizia adesso, con molti aspetti rilevanti ancora da chiarire (tra questi accenniamo ancora all’accreditamento, che può essere un ottimo strumento abbinato alla co-progettazione, ma su cui le Linee guida lasciano molto da approfondire).
Un ruolo importante nel passaggio dal discorso astratto alla prassi concreta (abbiamo ragionato molto in questi termini in una recente puntata del podcast Appalti al volo) spetterà senz’altro ai regolamenti delle amministrazioni locali, come sottolineato peraltro dalle stesse Linee guida. In generale, se ciascuno degli attori in campo saprà contribuire a consolidare le prassi amministrative in una direzione chiara, trasparente e attenta alle esigenze di tutti, potremo davvero vedere una nuova stagione di collaborazione e co-progettazione, nel senso migliore di questi termini.
Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali 31/03/2021, n. 72