L’impresa in concordato con continuità può partecipare alle gare d’appalto come singola, ma non come mandataria di RTI

mandataria concordato continuità appalti pubblici Un’impresa mandataria di un RTI assoggettata alla procedura di concordato preventivo con continuità aziendale è esclusa dalla partecipazione agli appalti pubblici, mentre a un’impresa in forma singola nella stessa situazione è consentito partecipare. È ragionevole tale distinzione?

La questione di legittimità costituzionale dell’art. 186-bis, co. 6, della Legge Fallimentare è stata sottoposta al vaglio della Corte costituzionale dal TAR Lazio, unitamente a quella dell’art. 38, co. 1, lett. a, del previgente Codice dei contratti pubblici, e dal Consiglio di Stato con riferimento al nuovo Codice (ne abbiamo parlato qui).

I giudici remittenti hanno sollevato la questione indicando come parametro l’art. 3 della Costituzione, che impone di non applicare a situazioni sostanzialmente identiche discipline ingiustificatamente diverse, rilevando che le ipotesi di impresa singola e di mandataria in concordato con continuità si differenzierebbero solo per il modulo partecipativo alla gara, ma non in relazione alla finalità dell’istituto di cui all’art. 186-bis, co. 6, volto a favorire il superamento dello stato di crisi dell’azienda, in deroga al generale divieto di partecipazione alle gare pubbliche per le imprese sottoposte a procedure concorsuali.

Anche dal punto di vista dell’affidabilità finanziaria, l’ordinanza del TAR ha rilevato che l’esclusione dell’impresa mandataria di un RTI – non imposta dal diritto dell’Unione europea – sarebbe irragionevole, in quanto, mentre l’impresa singola risponde da sola dell’esecuzione del contratto, nell’ambito di un RTI orizzontale vi sono una pluralità di soggetti responsabili, per la parte di propria competenza, dell’esecuzione del contratto. Anche con riferimento alla tutela dei creditori dell’impresa in concordato preventivo vi sarebbe un’irragionevolezza della preclusione, che negherebbe all’impresa un’occasione di ottenere un flusso di denaro utile al superamento dello stato di crisi.

La Corte costituzionale, tuttavia, ha ritenuto infondata la questione, ritenendo che la diversa modalità di partecipazione non sia indifferente dal punto di vista dell’interesse della stazione appaltante, per la quale la posizione dell’impresa mandataria di un RTI assume rilievo e valore differenziato rispetto a quella dell’impresa singola. Infatti, se è vero che l’impresa che concorre in forma individuale è tenuta a eseguire per intero le prestazioni a cui è obbligata (e per di più senza l’ausilio delle altre imprese riunite), la circostanza non sarebbe secondo la Corte costituzionale sufficiente a rendere omogenee le due ipotesi.

Infatti, nell’ipotesi dell’esecuzione della prestazione da parte di un RTI, alla finalità pro-concorrenziale del raggruppamento, si affianca, sul piano delle relazioni fra stazione appaltante e soggetto esecutore, la complicazione connessa alla complessità strutturale del RTI, che, pur non dando vita a un nuovo soggetto giuridico, riunisce delle imprese imputando a una di esse particolari funzioni di rappresentanza, responsabilità, e più di interlocuzione con l’amministrazione per conto di tutte.

La Corte costituzionale si è concentrata sulla peculiarità delle modalità di relazione della stazione appaltante con un RTI, ritenendole innegabilmente più complesse di quelle con un’impresa singola, con riferimento, ad esempio alle esigenze di coordinamento delle prestazioni, non risolvibili, come nel caso dell’impresa singola, all’interno della stessa compagine aziendale.

Dunque, l’esclusione della mandataria in concordato con continuità aziendale dalla partecipazione alle gare – consentita invece all’impresa che concorre in forma individuale – sarebbe diretta proprio a evitare che la crisi dell’impresa mandataria possa mettere in discussione il rapporto della mandataria con la stazione appaltante. In conclusione, secondo la Corte costituzionale la mandataria di RTI si troverebbe in una posizione diversa rispetto a quella dell’impresa singola e, pertanto, la norma censurata non potrebbe ritenersi irragionevolmente discriminatoria.

Corte costituzionale, 7/05/2020, n. 85