Modelli 231 e codici di comportamento delle associazioni rappresentative degli enti

codici di comportamento Modelli 231 e codici di comportamento delle associazioni rappresentative degli enti: le nuove indicazioni del Ministero della Giustizia

Il 10 febbraio scorso, il Ministero della Giustizia è intervenuto in tema di responsabilità amministrativa degli enti, pubblicando i “Criteri guida per la redazione di codici di comportamento delle associazioni rappresentative degli enti”, un documento che fornisce preziose indicazioni per l’adozione dei codici di comportamento da parte delle associazioni di categoria. Questi codici, come noto, hanno la funzione di orientare gli enti associati nella predisposizione dei propri modelli organizzativi.

Il documento ministeriale ha una duplice finalità: da un lato, illustrare la prassi ministeriale e i criteri che guidano il procedimento di validazione dei codici di comportamento e, dall’altro, fornire indicazioni metodologiche per la predisposizione e l’aggiornamento di tali codici.

Oltre ad una panoramica sui presupposti generali e sulle finalità della responsabilità amministrativa degli enti, il documento dettaglia la procedura di approvazione dei codici di comportamento e il ruolo del Ministero in questo processo, delineando inoltre la struttura e le componenti essenziali di cui i codici dovrebbero essere dotati.

Codici di comportamento: il ruolo del Ministero e la prassi applicativa

Occorre ricordare che l’art. 6, comma 3, del D.lgs. n. 231/2001 consente agli enti di adottare modelli organizzativi basati su codici di comportamento elaborati dalle associazioni rappresentative di riferimento. Il Ministero della Giustizia svolge un ruolo centrale nel controllo e nella validazione di tali codici.

La procedura di controllo, regolata dal D.M. 26 giugno 2003, n. 201, prevede che le associazioni di categoria trasmettano i codici al Ministero unitamente allo statuto e all’atto costitutivo. Questo passaggio preliminare serve a verificare la rappresentatività effettiva dell’associazione richiedente, requisito essenziale per l’iter di validazione. In caso di esito negativo della verifica, infatti, il procedimento viene interrotto, precludendo l’esame del merito del codice.

Nel documento in esame, ad integrazione del dato normativo, il Ministero sottolinea l’importanza di allegare anche una nota illustrativa che descriva il perimetro di operatività dell’associazione e dei soggetti rappresentati, al fine di dimostrare una rappresentatività “effettiva” e “apprezzabile”.

Nella prassi applicativa, quindi, il Ministero tiene conto sia dell’ambito oggettivo dei compiti assunti dall’associazione (e risultanti dallo statuto e dall’atto costitutivo), sia dell’ambito soggettivo degli enti rappresentati.

Continuando l’analisi della normativa di riferimento, l’art. 5 del D.M. n. 201/2003 stabilisce che i codici di comportamento devono fornire indicazioni “specifiche” e “concrete” di settore per l’adozione e l’attuazione dei modelli organizzativi. Inoltre, la disposizione specifica che il controllo ministeriale si basa sui criteri stabiliti dall’art. 6, comma 2, del D.lgs. 231/2001, con la possibilità per le Autorità competenti coinvolte nel procedimento di formulare osservazioni entro 30 giorni. L’assenza di osservazioni, ovvero il loro recepimento da parte dell’associazione richiedente, consente l’approvazione del codice, che acquisisce così efficacia.

Il documento ministeriale sottolinea, dal punto di vista della prassi applicativa, che i codici di comportamento, per rispondere ai canoni previsti dalle predette disposizioni, devono avere un approccio pratico e descrittivo, includendo alcuni elementi chiave per guidare concretamente gli enti associati nell’adozione dei modelli organizzativi, tra cui: la chiara specificazione del settore commerciale e/o dell’ambito di operatività degli enti rappresentati; l’individuazione delle attività a rischio reato e dei protocolli aziendali da adottare, in considerazione del settore specifico e dei processi decisionali e finanziari che lo caratterizzano.

I criteri di valutazione del Ministero

Ci si chiede allora quali siano nel dettaglio i criteri di valutazione adottati dal Ministero, per accertare l’idoneità dei codici di comportamento rispetto ai requisiti sopra ricordati. Il documento in commento individua essenzialmente tre criteri fondamentali:

  1. efficacia, in quanto i codici devono fornire strumenti interpretativi e operativi concretamente implementabili dagli enti associati;
  2. specificità, dovendo gli stessi essere adattabili alle caratteristiche e al contesto operativo dei destinatari;
  3. dinamicità, atteo che i codici devono essere flessibili e aggiornati in base ai mutamenti normativi e operativi della realtà di riferimento.

Struttura dei codici di comportamento

Nella parte finale del documento, il Ministero fornisce indicazioni su come le associazioni dovrebbero strutturare i propri codici di comportamento, delineando alcuni elementi essenziali che ne costituiscono il contenuto minimo.

Dovrebbe infatti essere presente una sezione introduttiva, contenente la descrizione del quadro normativo e le finalità della disciplina 231.

Successivamente, è fondamentale che i codici illustrino la distinzione tra Parte Generale e Parte Speciale dei modelli organizzativi, per agevolare gli enti associati nella loro predisposizione.

Il documento raccomanda, inoltre, alle associazioni di categoria di indicare quali componenti devono essere incluse nella Parte Generale dei modelli organizzativi, evidenziando anche le modalità attraverso cui tali componenti possono essere adattabili in base alla dimensione e alla struttura degli enti associati, come per il caso delle PMI.

Viene prevista, tra le altre cose, la specificazione di una sezione sulla compliance integrata, considerata elemento indefettibile dei codici di comportamento. Qualora l’associazione decida di non inserire nel proprio codice tale sezione, deve motivare esplicitamente tale scelta.

L’indicazione degli elementi della Parte Speciale, invece, deve prevedere quantomeno la descrizione delle metodologie applicabili nella costruzione delle parti speciali dei modelli organizzativi, oltre alla specificazione dei protocolli e dei controlli preventivi che gli enti associati sono tenuti ad adottare per la regolamentazione dei processi aziendali, con riferimento alle attività sensibili proprie del settore di riferimento.

Queste nuove indicazioni ministeriali confermano l’importanza della strutturazione chiara e dettagliata dei codici di comportamento, al fine di fornire agli enti associati strumenti concreti per la prevenzione della responsabilità amministrativa ai sensi del D.lgs. n. 231/2001 e garantire la conformità degli stessi con la normativa di riferimento.

Certamente, l’adeguamento delle associazioni di categoria a queste indicazioni può facilitare il processo di validazione ministeriale dei codici di comportamento e migliorare l’efficacia dei modelli organizzativi adottati dagli enti associati.

Tuttavia, si deve notare che l’approvazione del codice di comportamento non garantisce automaticamente anche l’idoneità del modello organizzativo adottato dall’ente in conformità allo stesso.

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