Opposizione a decreto ingiuntivo: l’onere di avviare la mediazione incombe sul creditore opposto
“Nei processi di opposizione a decreto ingiuntivo, ove il giudice disponga la mediazione, è l’opposto a doversi fare parte diligente per avviare il procedimento e per coltivarlo diligentemente; in difetto, il decreto ingiuntivo deve essere revocato perché fondato su un’azione divenuta improcedibile, impregiudicata la facoltà per il creditore di depositare un nuovo ricorso per ingiunzione.”
Così si è pronunciata la Suprema Corte di Cassazione[i] a Sezioni Unite con la sentenza n. 19596/2020.
Nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi del D. Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 1-bis, i cui giudizi vengano introdotti con un decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l’onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo.
I cultori della mediazione attendevano con particolare trepidazione il verdetto degli Ermellini in merito all’ individuazione della parte onerata a promuovere la mediazione civile e commerciale nei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo, nei quali l’esperimento del procedimento conciliativo integra condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
Con la sentenza n° 19596/2020, emessa il 7 luglio 2020 e depositata il 18 settembre 2020, il Giudice di legittimità, discostandosi sensibilmente dai pronunciamenti resi sulla materia precedentemente (Cass. Civ. 3 dicembre 2015, n. 24629; Cass. Civ., Sez. VI, 16 settembre 2019, n. 23003;), ha riconosciuto che è il creditore opposto, quale attore in senso sostanziale e, dunque, soggetto interessato a conseguire il positivo accertamento dei diritti soggettivi reclamati con provvedimento giurisdizionale idoneo al giudicato, a dover introdurre e coltivare il procedimento di mediazione, a pena d’improcedibilità dell’esperita azione monitoria e di revoca del decreto ingiuntivo opposto.
Sino a tale decisione si erano alternate pronunce contrastanti.
Secondo la tesi (tradizionalmente) maggioritaria, è soltanto sull’ opponente, quale attore in senso formale, che grava l’onere di introdurre la procedura conciliativa, essendo l’unico soggetto interessato al perfezionamento della condizione di procedibilità e, quindi, al proseguimento del giudizio a cognizione piena (Cass. civ. sez. I, 3 marzo 2004, n. 4294; Cass. civ. sez. II, 26 gennaio 2000, n. 849; e ancora Trib. Nola 24 febbraio 2015; Trib. Bologna 20 gennaio 2015; Trib. Firenze 30 ottobre 2014; Trib. Rimini 5 agosto 2014; Trib. Firenze sez. III, 30 gennaio 2014).
Ad avviso della corrente esegetica minoritaria, invece, la perifrasi “chi intende esercitare in giudizio un’azione”, con la quale il legislatore ha individuato la parte onerata, si riferisce al soggetto depositario della domanda giudiziale, cioè della rivendicazione di carattere sostanziale da cui origina la lite, a prescindere che lo stesso, in ragione della specialità del rito prescelto, assuma il formale vestimentum di attore o di convenuto (Trib. Ferrara 7 gennaio 2015; Trib. Firenze 24 settembre 2014; Trib. Varese sez. I, 18 maggio 2012; Trib. Lamezia Terme 19 aprile 2012).
Inoltre secondo tale tesi minoritaria (che si avvicina alla recente pronuncia in commento), in una logica equitativa sembra particolarmente iniquo assegnare al debitore, che già ha sofferto l’emissione di un provvedimento inaudita altera parte ed al quale, quindi, è stato garantito il diritto al contraddittorio soltanto in maniera differita, un onere che non trova supporto in un dato normativo dal tenore inequivocabile.
Orbene, le Sezioni Unite, consapevoli del contrasto giurisprudenziale e della pericolosità della sua persistenza, hanno rivoluzionato l’equilibrio fra le opposte teorie, optando esplicitamente e senza eccezioni per l’attribuzione al solo creditore opposto del compito di attivare la procedura di mediazione.
La Suprema Corte, sotto il profilo logico, osserva che l’opposizione a decreto ingiuntivo e la costituzione in giudizio dell’opponente riconduce il processo a cognizione piena nella sua fisiologica conformazione, nel senso che il debitore recupera piena dignità di convenuto e non può essere gravato, per via interpretativa, di oneri suppletivi a quelli specificamente indicati dalla legge. Gli unici oneri tributati all’ opponente, in sostanza, consistono nella proposizione dell’opposizione, nella costituzione in giudizio e nella coltivazione del giudizio sino alla sentenza di primo grado, non potendo espandersi ad ulteriori incombenze che ne ostacolerebbero oltremodo l’accesso alla giustizia.
[i] http://www.cortedicassazione.it/cassazione-resources/resources/cms/documents/19596_09_2020_no-index.pdf