Pensioni militari e art. 54. Dalle Sezioni Riunite della Corte dei Conti ok al ricalcolo parziale. Il commento.
La sentenza delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti in merito all’applicazione alle pensioni militari dell’art. 54 d.P.R. 1092/1973 era attesa da tempo ed è stata depositata il 4 gennaio 2021. Con tale pronuncia le Sezioni Riunite hanno sancito il diritto al ricalcolo delle pensioni militari con sistema misto prevedendo l’applicazione dell’aliquota annua del 2,44% in luogo della più bassa aliquota del 2,2% sino ad oggi applicata dall’INPS.
Si tratta di una parziale vittoria per tutti coloro che in questi anni hanno adito il Giudice delle pensioni per vedersi riconosciuto il diritto al ricalcolo della pensione illegittimamente decurtata dall’INPS sulla base di una errata interpretazione della disciplina prevista dal d.P.R.1092/1973. Al fine di comprendere la reale portata applicativa dei principi di diritto sanciti dalla pronuncia in commento è utile ricostruire il ragionamento della Corte dei Conti alla luce della vicenda giudiziaria che ha coinvolto migliaia di pensionati.
La vicenda è nota e ha visto impegnati noi di Legal Team per il riconoscimento dei diritti dei militari in pensione rientranti nel sistema misto all’applicazione di un’aliquota di rendimento annua conforme ai dettati normativi previsti dal d.P.R. 1092/1973. Al riguardo, come correttamente ricostruito dalle Sezioni Riunite, si erano sviluppati diversi orientamenti di cui si richiamano i due principali.
Una prima interpretazione, sposata tradizionalmente dall’INPS, prevede che al militare che cessa dal servizio con più di 20 anni di servizio utile sia applicato in via analogica l’art. 44 d.P.R. 1092/1973 previsto per il personale civile dello Stato con una aliquota di rendimento annua del 2,33% per ogni anno di servizio sino al 15° anno e dell’1,8% dal 15° anno in poi. Secondo tale impostazione, in sostanza, la disposizione più favorevole prevista dall’art. 54 del medesimo decreto troverebbe applicazione solamente per coloro che sono cessati dal servizio entro il 20° anno di contribuzione e l’aliquota del 44% sarebbe riconosciuta solamente al compimento del 20° anno.
Un secondo orientamento prevede l’applicazione dell’aliquota del 44%, espressamente prevista dall’art. 54 d.P.R. 1092/1973, alla maturazione dei 15 anni di servizio a prescindere dal servizio maturato al momento del congedo. In tal senso, le anzianità inferiori al 15° anno sarebbero valorizzate al 2,33% l’anno per poi essere valutate al 44% in corrispondenza del 15° anno e restare ferme sino al 18° anno, a partire dal quale la pensione viene calcolata con il sistema contributivo. Tale interpretazione è stata suffragata da una giurisprudenza maggioritaria delle sezioni di merito anche a seguito dei numerosi ricorsi introdotti dal nostro studio.
A seguito dei suddetti contrasti giurisprudenziali sono quindi state investite le Sezioni Riunite della Corte dei Conti le quali hanno, con l’occasione, ridefinito il sistema di calcolo della quota retributiva dei pensionati militari rientranti nel sistema misto optando per una soluzione intermedia.
La sentenza si è soffermata anzitutto sulla portata applicativa dell’art. 54 d.P.R. 1092/1973 stabilendo che l’aliquota fissa del 44% tra il 15° e il 20° anno di contribuzione è subordinata alla maturazione, alla data di cessazione del servizio, “di una anzianità di servizio non inferiore a 15 anni e non superiore a 20 anni”. Sicché l’articolo suddetto non potrebbe trovare applicazione per coloro che siano cessati dal servizio con più di venti anni di contributi.
Essa ha tuttavia affermato la illegittimità del sistema di calcolo attuato dall’INPS chiarendo che non l’art. 44 d.P.R. 1092/1973 non può disciplinare le pensioni del personale militare in quanto espressamente rivolto ai dipendenti civili dello Stato.
Sulla base delle suddette premesse, la Corte dei Conti si è dunque soffermata sulla individuazione della corretta aliquota da applicare al personale militare in regime pensionistico di tipo misto, ricavando una regola unitaria atta a disciplinare la quota retributiva dei trattamenti di quiescenza del suddetto personale.
Al riguardo le Sezioni Riunite hanno osservato che il previgente sistema individuava nell’80% l’aliquota massima di rendimento raggiungibile al compimento dei 40 anni di anzianità e fissava a 20 anni lo spartiacque dell’intero sistema: al compimento del 20° anno veniva riconosciuto il 44% dei contributi (con una aliquota annuale del 2,2%) e nei successivi l’1,8%.
Secondo la Corte tale sistema, tuttavia, contrariamente a quanto sostenuto dall’INPS, è stato definitivamente superato dalla legge n. 335/1995, la quale fissa a 18 anni e non più a 20 anni il nuovo spartiacque. Sicché, conclude il Collegio, alla luce della riforma introdotta dalla citata legge, occorre applicare un correttivo prevedendo che il 44% di aliquota venga riconosciuto al compimento del numero di anni che la legge 335/1995 fissa per essere assoggettati al sistema misto: vale a dire 18 anni. Corollario ne è che l’aliquota annuale di rendimento è fissata al 2,44% ricavato dal rapporto 44/18.
In conclusione, la pronuncia delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti ha dunque sancito che, pur non trovando applicazione l’art. 54 d.P.R. 1092/1973 per coloro che siano cessati dal servizio con oltre venti anni di contributi, l’INPS dovrà in ogni caso provvedere al ricalcolo di tutte le pensioni militari rientranti con il sistema misto alle quali andrà applicata l’aliquota annua del 2,44% in luogo più bassa aliquota del 2,2% precedentemente adottata dall’Istituto.
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