Plastica o non plastica, questo è il problema.

L’inarrestabile ascesa del motto/slogan/hastag #plasticfree è il frutto di un processo di sensibilizzazione della società civile alle tematiche sul cambiamento climatico, in una cornice storica mai come ora così preoccupante.

Dopo le ultimissime decisioni assunte a livello europeo sulle restrizioni alla commercializzazione e all’uso di oggetti monouso in plastica a partire dal 2021, il “vade retro” plastica è un mantra che pian piano si sta insinuando nella mentalità di consumatori più o meno consapevoli.

Se da un lato la fazione dei liberatori della plastica sembra già schierata sul campo di battaglia, armata di borracce metalliche e spazzolini in bambù, inevitabilmente dall’altra parte del campo si sta organizzando un diverso battaglione, quello che sulla plastica ha creato un business.

Non di molto tempo fa un video sul sito dagospia critica pesantemente gli “inquisitori della plastica”, invitando la popolazione ad una corretta informazione sul tema, definito come “complesso”.  Il video, che interpella personaggi come Ambra Angiolini e Vittorio Sgarbi (tra i tanti) è opera del COREPLA – Consorzio Nazionale per la Raccolta, il Riciclo e il Recupero degli imballaggi in plastica, il quale fa parte del sistema di filiera riconducibile a Conai (Consorzio Nazionale Imballaggi – per il recupero e il riciclo dei rifiuti di imballaggio).

Nei confronti di Corepla, l’Antitrust ha ultimamente avviato un’istruttoria, in quanto parrebbe che lo stesso abbia adottato una “strategia escludente” a danno di Coripet, altro consorzio attivo nel recupero e riciclo di bottiglie in Pet, che ha ricevuto ad aprile 2018 da parte del ministero dell’Ambiente – tramite decreto – l’autorizzazione ad operare nel sistema per la gestione diretta degli imballaggi in Pet per liquidi alimentari.

Se da un lato non è dato ancora sapere se il tentativo di Corepla di ostacolare l’entrata sul mercato di Coripet abbia o meno fondamento, dall’altro un dato incontrovertibile è il seguente: il 26 luglio 2019 il TAR Lazio ha pronunciato sentenza, rigettando il ricorso di Corepla e Conai, con il quale era stato impugnato proprio quel decreto di autorizzazione rilasciato dal Ministero dell’Ambiente a Coripet.

Che la plastica sia un tema complesso, quindi, non vi è dubbio. Che di questo tema vogliano poterne parlare solo in pochi, forse qualche dubbio a riguardo sorge.

Coripet è un Consorzio relativamente giovane, di diritto privato senza fine di lucro, che si occupa esclusivamente di recupero e di riciclo di bottiglie in Pet per uso alimentare; Coripet è un nome che ai cittadini romani non suonerà nuovo. E’ di pochi giorni fa la notizia della sperimentazione del sistema degli ecobonus ai viaggiatori della Metropolitana del Roma Capitale: biglietti Atac in cambio di bottiglie di plastica.

Saranno sufficienti 30 bottiglie di plastica da conferire all’eco compattatore, per ricevere in cambio un biglietto del valore di € 1,50. Tutto ciò al fine di incentivare l’economia circolare e il riciclo della plastica.

Eppure è innegabile che l’immagine di persone che cominciano a raccogliere plastica di qua e di là tra i vari cassonetti sparsi per la Capitale, pur di ottenere i famosi ecobonus, avrà attraversato almeno una volta la mente di molti di noi. L’idea della plastica come moneta di scambio è tanto pericolosa quanto l’idea di un mondo che abbandoni definitivamente un materiale innegabilmente utile sotto vari punti di vista e che evita (forse) altri tipi di sprechi.

In questa corsa alla plastica e contro la plastica chi rischia di rimanere confuso e spaesato è proprio il consumatore e la nuova generazione di consumatori.

Perdere di vista il vero filo conduttore dell’intera vicenda e cioè che sia necessaria una nuova educazione al consumo generalmente inteso, una sensibilizzazione a consumare di meno e con maggiore consapevolezza, rischia di allontanarci dall’obiettivo inizialmente perseguito per abbracciare o la moda della “borraccia metallica” o ancora peggio per insinuare l’idea (soprattutto nei più giovani) che “riciclare” possa essere una scelta economicamente vantaggiosa piuttosto che una condotta eticamente necessaria.