PTPR del Lazio, area “UNESCO” di Roma ed art. 146 del Codice dei beni culturali

 

La recente sentenza TAR Lazio, Sez. II-quater, 29.5.2020, n. 5757 affronta un tema assai dibattuto del Piano territoriale paesaggistico regionale del Lazio, ossia la disciplina di tutela ed autorizzazione dell’area “UNESCO” di Roma.

1. L’area UNESCO di Roma nell’art. 45, co. 13, NTA PTPR adottato e nell’art. 44, co. 19 del PTPR approvato.

All’interno del centro storico di Roma (ciò che il PRG denomina, più precisamente, “Città Storica”) vi è un perimetro protetto quale “area UNESCO”.

Tale area urbana, invece, risulta non coperta da specifico vincolo paesaggistico d’insieme (ossia che ricomprenda la “zona UNESCO”, ossia la porzione della Città Storica ricompresa nelle “mura aureliane”), salvo, ovviamente, taluni beni/vincoli paesaggistici individuati ex art. 134 d.lgs. n. 42/2004.

Il PTPR adottato all’art. 45, co. 13 (disciplinante gli “insediamenti urbani storici e territori contermini”) prevedeva che:

le disposizioni del presente articolo non si applicano agli insediamenti urbani storici ricadenti fra i beni paesaggistici di cui all’art. 134 comma 1 lett. a)del Codice, per i quali valgono le modalità di tutela dei “Paesaggi” e alle parti ricadenti negli insediamenti storici iscritti nella liste del Patrimonio UNESCO (Roma – centro storico …) per i quali è prescritta la redazione del Piano generale di gestione (….)”.

La Regione Lazio, muovendo da tale disposizione, interpellata in merito alla necessità di autorizzazione paesaggistica ex art. 146 del d.lgs. 42/2004, aveva chiarito che nel centro di Roma, zona UNESCO (in assenza di altri beni/vincoli paesaggistici individuati ex art. 134 d.lgs. n. 42/2004) non è necessaria la richiesta dell’autorizzazione paesaggistica (così il parere di cui alla nota prot. 94875 del 19.6.2009, Dipartimento Territorio).

Dunque, nella versione adottata (in parte differente da quella approvata, come vedremo a breve) la disciplina dell’area UNESCO era rimessa all’adottandoPiano di gestione“.

Tale strumento, a norma dell’art. 3 legge 77/2006 (“Misure speciali di tutela e fruizione dei siti e degli elementi italiani di interesse culturale, paesaggistico e ambientale, inseriti nella «lista del patrimonio mondiale», posti sotto la tutela dell’UNESCO”), definisce “le priorita’ di intervento e le relative modalita’ attuative, nonche’ le azioni esperibili per reperire le risorse pubbliche e private necessarie, in aggiunta a quelle previste dall’articolo 4, oltre che le opportune forme di collegamento con programmi o strumenti normativi che perseguano finalita’ complementari, tra i quali quelli disciplinanti i sistemi turistici locali e i piani relativi alle aree protette”.  Si tratta, a ben vedere, di un contenuto non del tutto in linea con i contenuti pianificatori e di tutela tipici dei piani paesaggistici.

In sede di approvazione, avvenuta con la DGR n. 5 del 2.8.2019, pubblicata nel BURL del 13.2.2020, la disposizione è recata nell’art. 44 (“Insediamenti urbani storici e relativa fascia di rispetto“) e, in particolare, al co. 19:

Non si applicano le disposizioni di cui al presente articolo all’insediamento urbano storico sito Unesco – centro storico di Roma. All’interno di tale perimetro, le valutazioni in ordine alla conformità e compatibilità paesaggistica degli interventi sono esercitate dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per il Comune di Roma, secondo quanto stabilito dal Protocollo d’Intesa tra Ministero per i Beni e le Attività Culturali ed il Comune di Roma (QI/57701 dell’8 settembre 2009)”

E’, cioè, avvvenuto che in sede di approvazione del PTPR la Regione ha recepito (o “elevato”?) la disciplina (urbanistica) del PRG nonché il Protocollo d’intesa MiBAC – Roma Capitale a disciplina “paesaggistica” per l’area UNESCO , superando così il rinvio al “piano di gestione”.

Infatti, ai sensi dell’art. 24, co. 19, NTA PRG:

“Nella parte di Città storica interna alle Mura Aureliane– dichiarata dall’UNESCO patrimonio dell’umanità -, le competenze consultive assegnate al “Comitato per la qualità urbana e edilizia”, ai sensi dei commi 9, lett. c), e 12, e dell’art. 25,comma 8, sono esercitate dalla Soprintendenza statale per ibeni architettonici e per il paesaggio per il Comune di Roma,organo periferico del Ministero per i beni e le attività culturali; in tal caso, il parere consultivo di cui al comma 12 è esteso agli interventi di categoria MS e RC, nonché agli interventi daabilitare tramite DIA, ai sensi del comma 21″

Si tratta, tuttavia, di una diversa (anche se all’atto pratico, non meno pervasiva, al netto della problematica questione del silenzio-assenso prevista in caso di manc) forma di controllo rispetto a quella ordinariamente prevista in presenza di vincoli paesaggistici, ipotesi nelle quali, a mente dell’art. 146 d.lgs. 42/2004 occorre l’acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica “vera e propria”.

 

2. La sentenza del TAR Lazio Sez. II-quater, 29.5.2020, n. 5757

E’ in tale contesto – in particolare nella vigenza del PTPR nella versione solo adottata – che è intervenuta la sentenza del TAR.

Nella peculiare fattispecie decisa dal TAR, limitatamente alla questione qui in esame, era accaduto (in estrema sintesi) che un operatore economico aveva sottoposto un progetto relativo ad una trasformazione edilizia in area UNESCO e, in ossequio alla disciplina di PTPR e all’art. 24 NTA PRG, la Soprintendenza aveva rilasciato il proprio parere favorevole.

Successivamente, tuttavia, la Direzione generale del MiBAC è intervenuta in autotutela rilevando, tra l’altro, che l’intervento avrebbe necessitato dell’autorizzazione paesaggistica ex art. 146 d.lgs. 42/2004.

A fronte di ciò, il privato, nell’impugnare il provvedimento ministeriale, ha evidenziato come, in base all’art. 45, co. 13, NTA PTPR la necessità dell’autorizzazione paesaggistica era espressamente esclusa, come anche evidenziato dal parere della Regione Lazio del 2009, essendo per contro sufficiente lo speciale iter autorizzatorio previsto dal PRG.

Il TAR, pur non negando la portata del disposto dell’art. 45 NTA PTPR, ha tuttavia ritenuto:

inammissibile che la Regione, che dovrebbe con il proprio PTPR prevedere un elevato grado di tutela di tali beni, ritenuti di interesse “assolutamente eccezionale” dal Ministero che ne ha promosso l’inserimento nella lista UNESCO (e riconosciuti come tali dal Comitato Intergovernativo con la dichiarazione di “patrimonio dell’Umanità”), possa con una previsione come quella dell’art. 43 co. 15 lasciarli del tutto privi di protezione – in contrasto con gli impegni assunti dallo Stato Italiano in base alla Convenzione Unesco – procrastinandone e condizionandone la tutela al momento dell’adozione di un “piano di gestione” che ha oggetto e finalità diverse rispetto al piano paesistico nell’ordinamento interno

Insomma, secondo il TAR, il PTPR (si badi: nella versione adottata):

 “rinuncia” a prescrivere modalità d’uso a tutela dei siti Unesco, “delegando” la disciplina paesaggistica di questi all’adottando Piano di “gestione e valorizzazione” del sito UNESCO – a cui rinvia – disciplinato dalla legge n. 77/2006, che ha oggetto diverso e che è indirizzato a tutt’altra finalità rispetto a quella perseguita dal PTPR. Pertanto, il rinvio al Piano di Gestione sopraindicato, (…), determina un pericoloso “vuoto di tutela” proprio per aree di maggior valore, addirittura di livello “universale” – dichiarate “Patrimonio Comune dell’Umanità” proprio in base al riconoscimento della loro assolutamente “eccezionale” importanza (quindi di un’importanza di grado superiore rispetto all’importanza di grado solo “notevole” richiesto nell’ordinamento interno per la sottoposizione a vincolo paesistico ai sensi dell’art. 136 del d.lgs. n. 42/2004) – con evidenti risultati paradossali, inammissibili sul piano logico, ancor prima che giuridico”

La decisione del TAR, quindi, sostanzialmente disapplicando l’art. 45, co. 13 NTA PTPR adottato (e ritenendo inesatte, pertanto, anche le indicazioni regionali di cui al parere del 2009), dichiara legittimo l’intervento in autotutela del MiBAC, affermando la necessità, per gli interventi da eseguire in zona UNESCO, dell’autorizzazione paesaggistica ex art. 146 d.lgs. 42/2004.

 

3. Considerazioni finali e (incerte) prospettive future.

Al netto di quanto eventualmente potrà essere deciso dal Consiglio di Stato in sede di eventuale appello, occorre svolgere alcune riflessioni generali (ossia che prescindono dal caso oggetto della sentenza 5757/2020).

La sentenza, infatti, rischia di porre nell’incertezza la disciplina autorizzatoria degli interventi da realizzarsi all’interno dell’estesissimo perimetro dell’ara UNESCO di Roma (ricompresa all’interno delle Mura Aureliane).

Tale iter che oggi – salvo in caso di immobili interessati da specifici vincoli paesaggistici ex art. 136 d.lgs. 42/2004 – è regolato, come visto, dall’art. 24, co. 19 NTA PRG, con conseguente acquisizione del “parere consultivo” della Soprintendenza MiBAC, secondo le regole procedurali di cui al già citato Protocollo d’intesa Roma Capitale – MiBAC.

Oltre a determinarsi una non marginale incertezza per operatori, tecnici e Amministrazione,  il rischio è anche quello di una sovrapposizione tra quest’ultimo procedimento “consultivo” (ma sostanzialmente autorizzatorio) e quello ex art. 146 del d.lgs. 42/2004.

Un secondo profilo da evidenziare è che, a ben vedere, il profilo che più ha “allarmato” il TAR nella decisione 5757/2020 (la rimessione della tutela dell’area UNESCO ad uno strumento futuro e comunque improprio, ossia il “Piano di gestione”) potrebbe (condizionale d’obbligo) ritenersi in una certa misura “superato” dalla versione approvata delle NTA del PTPR.

Come segnalato prima, infatti, il vigente art. 44, co. 19, NTA PTPR ha sostituito il “rinvio” al “Piano di gestione”, optando per “elevare” il protocollo d’intesa Roma Capitale – MiBAC a disciplina paesaggistica dell’area UNESCO ( la norma, infatti, si riferisce alle “valutazioni in ordine alla conformità e compatibilità paesaggistica degli interventi”).

Da tale circostanza, dunque, può discendere un dubbio circa la – quantomeno automatica – applicabilità dei principi sanciti da TAR Lazio 5757/2020 alle procedure abilitative edilizio-paesaggistiche alle quali è applicabile, ratione temporis, il PTPR approvato il 13.2.2020.

Sullo “sfondo”, peraltro, resta anche il giudizio per conflitto di attribuzioni promosso dinanzi alla Corte costituzionale dal MiBAC contro la Regione Lazio per la denunciata violazione del necessario (nella tesi statale) coinvolgimento del Ministero nel procedimento di approvazione del PTPR.

Qui, in particolare, il MiBAC denuncia che:

“per il centro storico di Roma, al quale non si applica l’art. 44, la regione – al comma 19 – modifica il corrispondente testo del 2015, secondo il quale, in relazione alla particolarita’ del sito, era prevista l’applicazione di specifiche prescrizioni di tutela da definirsi congiuntamente tra regione e Ministero. Nel testo approvato, tali previe prescrizioni non sono piu’ contemplate e si rimette ogni valutazione dei singoli interventi alla Soprintendenza, facendo riferimento a un protocollo d’intesa con il Comune di Roma risalente al 2009 e non pertinente. Il PTPR rinuncia cosi’, in sostanza, a esercitare il ruolo doveroso di disciplinare complessivamente e sulla base di una visione d’insieme gli interventi nel sito UNESCO del centro storico di Roma”

In buona sostanza, il Ministero ritiene che il rinvio al protocollo d’intesa Roma Capitale – MiBAC non sia sufficiente ad integrare una idonea disciplina di tutela paesaggistica, occorrendo invece, l’individuazione di “specifiche prescrizioni di tutela da definirsi congiuntamente tra regione e Ministero“.

In conclusione, tra “disapplicazione” da parte del TAR Lazio e futura decisione della Corte costituzionale (che potrebbe annullare la delibera di approvazione del PTPR), la questione della disciplina “paesaggistica” dell’area UNESCO di Roma pare allo stato quantomai “precaria”.

E ciò con tutte le ovvie conseguenze sulla certezza del diritto e sull’affidamento dei privati e dei tecnici nelle regole note e scritte.