I requisiti soggettivi per la partecipazione agli appalti pubblici per la gestione dei centri antiviolenza
Gli appalti pubblici per la gestione dei centri antiviolenza e le case rifugio per le donne vittime di violenza sono disciplinati, oltre che dal Codice dei contratti pubblici e dalla normativa di settore dei servizi sociali, da alcune disposizioni specifiche, volte a garantire l’adozione di un corretto approccio al fenomeno della violenza di genere.
In tale contesto sono previsti, fra l’altro, specifici requisiti soggettivi per gli operatori che ambiscano a gestire i centri antiviolenza e le case rifugio, che devono innanzitutto “operare nel settore del sostegno e dell’aiuto alle donne vittime di violenza”, aver “maturato esperienze e competenze specifiche in materia di violenza contro le donne” e utilizzare “una metodologia di accoglienza basata sulla relazione tra donne, con personale specificamente formato” (così l’art. 5-bis, co. 3, d.l. 14 agosto 2013, n. 93, conv. con mod. dalla l. 15 ottobre 2013, n. 119).
In attuazione del d.P.C.M. 24 luglio 2014 (confermato sul punto dal d.P.C.M. 4 novembre 2019), i requisiti minimi che i centri antiviolenza e le case rifugio devono possedere, anche per poter accedere al riparto delle risorse finanziarie di cui al d.l. n. 93/2013, sono stati stabiliti con l’intesa della Conferenza unificata del 27 novembre 2014, che ha precisato che i soggetti gestori dei centri antiviolenza e delle case rifugio debbano essere iscritti agli albi o registri regionali del Terzo settore o ad albi regionali appositi e “avere nel loro Statuto i temi del contrasto alla violenza di genere, del sostegno, della protezione e dell’assistenza delle donne vittime di violenza e dei loro figli quali finalità esclusive o prioritarie, coerentemente con quanto indicato con gli obiettivi della Convenzione di Istanbul” ovvero “dimostrare una consolidata e comprovata esperienza almeno quinquennale nell’impegno contro la violenza alle donne”. La richiamata Convenzione di Istanbul è la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, adottata a Istanbul l’11 maggio 2011 e ratificata dall’Italia nel 2013.
In tale contesto, devono essere considerate anche alcune sfumature presenti nella disciplina a livello regionale, in quanto, ad esempio, alcune regioni hanno precisato i requisiti previsti dall’Intesa oppure istituito appositi albi regionali (fra queste ultime, la Lombardia e il Piemonte).
I requisiti in questione devono assumere rilevanza, evidentemente, anche nella redazione dei bandi di gara con cui le amministrazioni locali affidano la gestione dei centri di propria titolarità a soggetti privati.
Infatti, quella in esame costituisce una delle ipotesi in cui, nell’individuazione da parte della stazione appaltante dei requisiti di partecipazione – rimessa alla discrezionalità dell’amministrazione, purché i requisiti risultino “attinenti e proporzionati all’oggetto dell’appalto” ai sensi dell’art. 83 del Codice dei contratti pubblici – è necessario considerare anche quanto previsto dalla normativa di settore applicabile in base all’oggetto dell’appalto, dovendo il gestore del servizio soddisfare tutti i presupposti necessari per svolgere la relativa attività.
Nel caso di specie, la disciplina sui requisiti per la partecipazione agli appalti per l’affidamento della gestione di centri antiviolenza e case rifugio risulta senz’altro meritevole di un ulteriore rafforzamento, anche per garantire una effettiva attuazione della Convenzione di Istanbul. In particolare, l’Intesa risulta poco efficace ove sembra porre quale alternativi il possesso dell’oggetto statutario e della consolidata e comprovata esperienza almeno quinquennale, fermo restando che esperienze e competenze specifiche in materia di violenza contro le donne sono comunque richieste dal d.l. n. 93/2013.
Anche nel quadro normativo vigente, in ogni caso – alla luce del contesto descritto, oltre che dei princìpi generali in materia di partecipazione agli appalti pubblici – è doveroso che la stazioni appaltanti formulino in modo adeguato e consapevole la richiesta dei requisiti per la partecipazione alle gare nel settore in questione, anche nel solco della giurisprudenza sugli appalti di servizi sociali sulla questione della richiesta ai concorrenti di esperienza in servizi identici (e non meramente analoghi) a quelli oggetto della gara, giurisprudenza che valorizza aspetti di “particolarità del servizio” senz’altro ricorrenti nel caso dei centri antiviolenza e delle case rifugio (TAR Lazio, Roma, Sez. II-bis, 3 luglio 2019, n. 8721; cfr. anche ANAC, parere 23 marzo 2011, n. 55).