Rigenerazione urbana Lazio: “l’idoneo titolo abilitativo” nell’art. 6 L.R. 7/2017
Una recente ordinanza del TAR Lazio (quindi, un provvedimento cautelare e come tale da prendere “con le molle”) offre spunti per ragionare su quale sia l’ “idoneo titolo abilitativo” ex art. 6 L.R. 7/2017 (legge sulla Rigenerazione Urbana) in caso di interventi di integrale demolizione e ricostruzione con applicazione del beneficio volumetrico (+20%).
Il contenzioso affrontato – per ora solo con ordinanza cautelare – dal TAR Lazio ha ad oggetto il seguente quesito: in caso di demoricostruzione con ampliamento volumetrico è sufficiente la presentazione di una SCIA alternativa al PdC ex art. 23, co. 01, lett. a), DPR 380/2001?
Ossia, è possibile, in caso di demoricostruzione con ampliamento volumetrico (come consentito dall’art. 6 L.R. 7/2017) considerare l’intervento una “ristrutturazione edilizia” pesante ex art. 10, co. 1, lett. c) del DPR 380/2001?
Quest’ultima norma contempla gli interventi oggi definiti di “ristrutturazione edilizia pesante” ossia:
gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni.
Una prima considerazione – alla luce di tale norma – è che un intervento che preveda un ampliamento volumetrico può sicuramente essere annoverato nella ristrutturazione edilizia.
Il problema, però, nel caso che stiamo affrontando, un altro: se l’aumento di cubatura avviene in occasione di una demoricostruzione (totale) è possibile restare all’interno della ristrutturazione edilizia pesante (e, quindi, del relativo regime abilitativo, ossia la SCIA alternativa al PdC)?
Dobbiamo al riguardo ricordare che, secondo l’art. 3, co. 1, lett. d), del DPR 380/2001, in caso di demoricostruzione con mantenimento della volumetria preesistente si è al cospetto di una “ristrutturazione leggera”, come tale assoggettata a SCIA semplice (ossia ex art. 22 DPR 380/2001). Ma, evidentemente, non è il nostro caso.
Tornando al problema che stiamo esaminando (DR+ampliamento) un primo dubbio sorge laddove, leggendo l’art. 10, co. 1, lett. c), pur parlandosi di ristrutturazione edilizia e pur ammettendosi, in seno alla stessa, eventuali aumenti di cubatura, non è espressamente contemplata l’ipotesi della demoricostruzione.
In tale quadro, un (importante) indirizzo interpretativo (se non proprio normativo) proviene dalla Tabella A del D.lgs. n. 222/2016 (c.d. Decreto “SCIA 2”).
Qui infatti, laddove vengono esaminati gli “elementi costitutivi della fattispecie” si rileva al p.to 7 (RE “leggera”) la necessità che l’intervento non determini maggiore volumetria mentre, alp.to 8 (RE “pesante”) è espressamente richiesto che gli interventi “non prevedano la completa demolizione dell’edificio esistente“.
Ecco, forse, la spiegazione del ragionamento (necessariamente molto sintetico) dell’ordinanza del TAR Lazio laddove ha ritenuto non illegittimo il provvedimento di “inibizione” della SCIA alternativa, osservando che
i lavori di cui alla s.c.i.a. del 12 aprile 2019 comporterebbero, rispetto a quanto effettivamente realizzato nel 1939, la demolizione e ricostruzione dell’edificio preesistente, con aumento di superficie e volumetria di detto fabbricato nonché modifica della sagoma del medesimo, occorrendo dunque per le opere in argomento il previo permesso di costruire, in luogo della suddetta s.c.i.a.;
Il giudizio in questione è ancora in una fase provvisoria ed embrionale: vedremo se (magari a seguito di un appello al Consiglio di Stato) emergeranno maggiori dettagli. Nel frattempo non può che raccomandarsi cautela per interventi di integrale demolizione e ricostruzione con ampliamento volumetrico ex art. 6 L.R. 7/2017, poiché sembrano – in effetti – sussistere seri dubbi circa la realizzabilità di tali interventi con una “semplice” SCIA alternativa al PdC.