Rigenerazione urbana nel Lazio: ancora chiarimenti dalla Regione sull’art. 6. Premialità per edifici produttivi e cambi d’uso.
La Regione Lazio, con due pareri pubblicati di recente, ha approfondito due aspetti concernenti l’art. 6 della L.R. 7/2017.
La nozione di “edifici produttivi“.
L’art. 6, co. 1, della legge regionale, nel prevedere un aumento di cubatura in caso di interventi di demolizione e ricostruzione, specifica che la premialità in questione è pari al 20% della volumetria/superficie lorda esistente, precisando però che, in caso di “edifici produttivi” l’incremento massimo ammesso è pari al 10% della “superficie coperta“.
A fronte di una richiesta di chiarimenti avanzata da un Comune, la Regione ha precisato con il parere prot. 707306 del 9.9.2019 che per edifici produttivi, in assenza sia di una precisa definizione da parte della norma sia di altri riferimenti normativi, occorre considerare gli edifici a destinazione industriale o artigianale.
In tal senso – condivisibilmente – il parere regionale sottolinea la circostanza che la norma faccia riferimento, per tale categoria di fabbricati, alla “superficie coperta” (e non a volume/SUL) normalmente utilizzata, infatti, con riferimento a fabbricati industriali e artigianali.
Il che – rileva sempre il parere regionale – pare trovare una giustificazione, in termini di ratio della norma, nel fatto che per tale genere di fabbricati, avendo solitamente dimensioni rilevanti, il legislatore abbia voluto limitare la premialità al 10%.
Se così è, dunque, sembra potersi affermare che esulano dalla nozione di edifici produttivi oltre che – ovviamente – i fabbricati residenziali, anche quelli a destinazione commerciale che potranno beneficiare del premio di cubatura del 20%.
(Ancora) sul cambio di destinazione d’uso ammissibile ex art. 6, co. 2.
Nel rispondere ad un altro quesito posto da un Comune (sulla possibilità di ammettere, ex art. 6, co. 2, un cambio d’uso da produttivo a direzionale, in zona di PRG D1-artigianale), la Regione con il parere prot. 707534 del 9.9.2019 chiarisce due aspetti.
In primo luogo, precisa che i cambi d’uso ammessi in base all’art. 6, co. 2, richiedono – per beneficiare appunto delle previsioni derogatorie ivi contenute – di essere realizzati nell’ambito di un intervento di ristrutturazione edilizia, ossia quelli che, ex art. 3, co. 1, lett. d), DPR n. 380/2001, sono “rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti”.
In secondo luogo,poi, il parere rammenta come il co. 2 dell’art. 6 – oltre a consentire il passaggio alle destinazioni d’uso ammesse dal PRG, a prescindere dalle modalità procedimentali (dirette o indirette) previste dallo strumento urbanistico stesso – ammetta sempre (quindi, anche in caso di contrastanti norme di PRG) il cambio d’uso urbanisticamente non rilevante.
E tale è il caso del passaggio dalla destinazione produttiva a quella direzionale, in base a quanto previsto dall’art. 23-ter, co. 1, lett. b), DPR n. 380/2001, a mente del quale la destinazione produttiva e quella direzionale sono considerate come unica categoria funzionale.
Sicché, anche nel caso in cui nel dato tessuto di PRG non sia ammesso il passaggio da produttivo a direzionale (circostanza possibile e legittima in base all’art. 23-ter, ultimo comma, secondo cui “salva diversa previsione da parte delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali, il mutamento della destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito“), in caso di cambio d’uso ex art. 6, co. 2 – quindi nell’ambito di una ristrutturazione edilizia – sarà possibile superare tale eventuale limite.